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Cronaca

"Non prescriveteci, assolveteci"

BRINDISI - In uno dei processi in corso per la vicenda del Villaggio Acque Chiare, oggi i propritari delle villette confiscate hanno rifiutato la prescrizione. Vogliono l'assoluzione.

BRINDISI - Una buona parte dei 174 proprietari delle villette del villaggio Acque Chiare, difesi da Rosario Almiento e Francesco Silvestre,al centro di un'inchiesta giudiziaria lunga e per alcuni aspetti anche paradossale, ha mostrato l'intenzione di voler rinunciare alla prescrizione che scatterà il 28 maggio prossimo per l'unica imputazione che li riguarda tutti, il concorso in lottizzazione abusiva.

E' stato questo, al di là delle dichiarazioni dell'allora segretario generale del Comune, Giovanni De Cataldo, il nodo principale del processo nell'imminenza della data clou. La prossima udienza è prevista infatti per il 4 giugno prossimo, a conti fatti con la clessidra. A quanto pare, pur nella diversità delle correnti (difensive) di pensiero, il popolo di Acque Chiare, composito e fatto per la gran parte da gente che si sente truffata e che ha acceso mutui per acquistare la villa al mare nel delizioso complesso fondato su un accordo di programma che non teneva conto della reale destinazione d'uso della zona, vuole a tutti i costi dimostrare la propria buona fede.

La buona fede che fu riconosciuta prima del tutto, poi a metà, infine scalzata dalla orribile definizione di 'ignoranti colpevoli' che fu data nel giudicato cautelare. La buona fede che è utile, probabilmente, anche in funzione delle azioni civili contro il Comune per il risarcimento del danno (si parla di richieste che ammontano a circa 500mila euro cadauno). Oggi qualcuno avrebbe voluto rendere dichiarazioni spontanee proprio per rendere nota la decisione di voler rifuggire da un eventuale sentenza di non luogo a procedere per prescrizione.

Il giudice monocratico dell'ultimo troncone dell'affaire Acque Chiare ha rinviato la trattazione della questione 'decorrenza dei termini' proprio al 4 giugno, quando effettivamente vi sarà la possibilità matematica di ottenere dal tempo la 'salvezza'. Altra storia è la truffa, contestazione mossa nei confronti del costruttore di Acque Chiare, Vincenzo Romanazzi e del notaio Bruno Romano Cafaro, che si occupo' della gran parte dei rogiti.

Ed ecco il paradosso: gli stessi imputati, nel medesimo processo, sono anche parti civili, vittime di un enorme raggiro denunciato da alcuni e poi oggetto di un'inchiesta avviata d'ufficio. Resta ancora pendente il giudizio principale, definito in primo grado con condanne e confisca delle 222 villette (alcune non erano ancora state acquistate, ma era stato soltanto siglato un preliminare di vendita), sentenza confermata anche in appello.

Le motivazioni saranno depositate a giorni e sarà allora che gli avvocati potranno iniziare ad approntare il ricorso per Cassazione, finalizzato principalmente a contestare la confisca dei beni. La vicenda giudiziaria divenuta nota il maggio del 2008 con un maxi sequestro chiesto dalla procura e concesso dal tribunale di Brindisi, con 11 indagati, è andata avanti per diverse strade. L'allora sindaco Giovanni Antonino uscì di scena con un patteggiamento, un anno dopo. Per le ipotesi di corruzione a carico del costruttore, Vincenzo Romanazzi, ci ha già pensato la prescrizione nel 2010.

Alla sbarra, alla fine, restano (quasi) solo loro: i proprietari che continuano ad affollare l'aula Metrangolo del palazzo di giustizia ad ogni appuntamento con il processo. Preoccupa il futuro del villaggio che è, obiettivamente, l'unico progetto edilizio decente realizzato in epoca recente sulla costa a nord di Brindisi, caratterizzata per il resto da ruderi abusivi e da ammassi di amianto (vedi la baraccopoli di Sbitri, proprio in riva al mare).

Se la confisca dovesse essere confermata il villaggio dovrà essere automaticamente acquisito al patrimonio del Comune. L'amministrazione passata e anche quella attualmente in carica si sta occupando del Pug e della possibilità di trasformare la destinazione d'uso dell'area, in modo tale da rendere fruibili quelle villette che comunque si troverebbe a dover gestire, manutenere, vigilare. Bisognerebbe trovare alle 222 abitazioni di lusso, tali sono a giudicare dall'ammontare dei risarcimenti chiesti dai proprietari che continuano ad affermare che Comune e Regione non hanno da considerarsi estranei alle presunte condotte illecite rilevate (in virtù degli accordi originari), una funzionalità che abbia una rilevanza pubblica, che giovi alla collettività.

La Cassazione potrebbe sparigliare le carte, rimettendo tutto in gioco, confisca inclusa. Il rischio è comunque concreto. L'intero complesso residenziale, che tal non poteva essere perché carte alla mano era una maxi struttura ricettiva, potrebbe da un momento all'altro finire sul groppone del Comune di Brindisi che, per quanto abbia recuperato fondi rivendicando i tributi non pagati dai grandi gruppi industriali, non ha denaro da buttar via.

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