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Cronaca

Morto dopo schiaffo: lunedì interrogatorio

FASANO - “Gratuitamente violento e inaffidabile”, perché “particolarmente reattivo” e incapace di resistere a “impulsi violenti”. E’ il profilo tracciato dal pm Milto Stefano De Nozza e dal gip Maurizio Saso di Domenico Giannoccaro, il 72enne di Fasano, finito in carcere con l’accusa di omicidio preterintenzionale per aver causato la morte di un uomo di 75 anni, Vito Trisciuzzi, soggetto debole con evidenti problemi fisici.

FASANO - “Gratuitamente violento e inaffidabile”, perché “particolarmente reattivo” e incapace di resistere a “impulsi violenti”. E’ il profilo tracciato dal pm Milto Stefano De Nozza e dal gip Maurizio Saso di Domenico Giannoccaro, il 72enne di Fasano, finito in carcere con l’accusa di omicidio preterintenzionale per aver causato la morte di un uomo di 75 anni, Vito Trisciuzzi, soggetto debole con evidenti problemi fisici. Non poteva essere applicata secondo i magistrati altra misura cautelare che quella in carcere, l’unica proporzionata alla gravità delle azioni dell’ambulante, al suo carattere e alla sua storia. I precedenti parlano chiaro: ce n’è uno di lesioni volontarie piuttosto datato, ma poi c’è un episodio di evasione per cui non si è ritenuto di potergli concedere i domiciliari.

Lunedì mattina, due giorni prima di Natale, Giannoccaro dovrà sostenere in carcere l’interrogatorio di garanzia. Non ha mai parlato prima d’ora, la sua versione dei fatti la consegnerà, se riterrà di non avvalersi della facoltà di non rispondere, al gip e al magistrato inquirente.Di certo c’è, ed emerge dalla contestazione, che egli non voleva uccidere Trisciuzzi, ma lo ha schiaffeggiato. E quando si inveisce contro una persona anziana e debilitata, c’è il rischio che le botte date finiscano per procurare conseguenze ben più serie di qualche livido qua e là.I motivi all’origine disputa sono stati ritenuti dagli inquirenti “futili e abietti”, aggravante questa attribuita al reato di omicidio preterintenzionale che si contesta quando c’è dolo nelle lesioni e colpa all’origine della morte.

Ad ogni modo sarà il 72enne che si trova ora in una cella del carcere di Brindisi a spiegare, se vorrà, da quale pretesto è sorta la lite. Lo farà naturalmente dal suo punto di vista. Per i carabinieri della compagnia di Fasano, che il 9 luglio, un paio di settimane dopo il decesso e un mesetto dopo i fatti, hanno consegnato al pm l’informativa di reato per omicidio volontario, la causa del diverbio è una seggiola contesa. Un posto a sedere al Tam Bar di proprietà di un amico della vittima. L’11 giugno Trisciuzzi, detto Tuccidd, vi si era recato a piedi. Gli era stata offerta una sedia, proprio perché appariva affaticato. L’altro, detto invece “Scopizz” si era opposto. E aveva perso il lume della ragione.

I testimoni sono diversi: quasi tutti confermano che fu uno schiaffo a far precipitare al suolo Trisciuzzi. Una sola persona racconta di aver visto entrare poco dopo Giannoccaro nel cortile di una scuola dell’infanzia vicina, visibilmente sconvolto, che ammetteva di aver fatto “una fesseria” ossia di “avere rotto una sedia in testa a tale Tuccidd”. La svolta alle indagini l’ha consentita la stessa vittima con le sue ultime parole, proferite in ospedale alla moglie: “E’ stato lui a picchiarmi” ha sussurrato, ricordando il soprannome dell’aggressore.A quel punto andava unicamente comprovato il nesso causale tra la lite e la caduta e la morte. Bisognava comprendere se il cuore di Trisciuzzi avesse cessato di battere proprio per le ferite riportate in seguito a quanto accaduto in via Dante Alighieri, a Fasano, l’11 giugno, o se per altro genere di ragioni. Il pm De Nozza ha quindi dato incarico a un medico legale di fare le opportune valutazioni.

Non c’è altra lettura possibile: Trisciuzzi è morto a causa di un edema cerebrale che gli ha provocato insufficienza respiratoria. E l’edema cerebrale lo ha cagionato il trauma cranico dovuto al colpo rimediato alla testa dopo la caduta. Omicidio, dunque. Preterintenzionale, ma aggravato. Lunedì mattina la parola passerà all’indagato. Che avrà tutto il tempo che necessita per chiarire la propria posizione. O per ammettere ancora una volta di aver “fatto una fesseria”.

 

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