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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Operazione Game Over/ Le intercettazioni

BRINDISI - “A Natale 5 mila euro a casa de lu Rafele dobbiamo portare…prendessero 1.000 euro ciascuno e le portassero a casa te lu vagnone…stava venendo lu Bonetti, adesso vi acchiappo sul fatto, tutti e due…la dovete finire di fare i cazzi vostri, tutti quanti".

BRINDISI - “A Natale 5 mila euro a casa de lu Rafele dobbiamo portare…prendessero 1.000 euro ciascuno e le portassero a casa te lu vagnone…stava venendo lu Bonetti, adesso vi acchiappo sul fatto, tutti e due…la dovete finire di fare i cazzi vostri, tutti quanti…ho detto a Davide, dammi 5 mila euro che mi servono e non me li ha dati…siccome sto io adesso, mi date questi soldi a me!...se no, non lavora più nessuno, incominciamo a passare casa casa…500 euro a settimana mi devono dare…devo raccogliere 15 mila euro ogni settimana”; “teniamo carta bianca sopra questi paesi, possiamo fare quello che vogliamo…”. Parla Sebastiano Esposito, con Pietro Saponaro. I proventi dello spaccio sono per i detenuti e per le famiglie. E ci sono scadenze da rispettare. Sono tra l’altro ben segnate sull’agendina di Gianluca Saponaro, morto in un agguato nel giugno 2010: “15.000 x famig. detenuti” - “8000 moglie Tutu. Deten.”

Sono le lettere e gli appunti sequestrati, e le intercettazioni eseguite nella sala ascolto del procura di Brindisi nel corso delle indagini dei carabinieri, sfociate oggi nel blitz dell'Operazione Game Over (video). Indagini tecniche, richieste dal pm Milto De Nozza e autorizzate dal gip del tribunale di Brindisi. Intercettazioni telefoniche, ma anche microspie come nel caso dell'omicidio di Gianluca Saponaro. Un materiale probatorio che conferma in toto - secondo gli inquirenti - ciò che i pentiti hanno a loro volta rivelato sulla rete Scu nella fascia sud dellaprovincia di Brindisi. Forse la più irrequieta, quella che ha sempre offerto terreno fertile alle attività dei gruppi criminosi legati ai boss detenuti della Sacra corona unita.

Bisogna comprare le Nike, le magliette griffate. Scrive Fabio Rillo, di Brindisi, l’ultimo degli affiliati: “Ciao Cristian, io mi chiamo Fabio Rillo e sono un carissimo amico di Raffaele Puffo, ti scrivo perché proprio oggi ho ricevuto posta dal mio caro amico Raffaele… io a giorni sto a Brindisi per processo e sicuramente mi posso mettere nella sezione dove stai tu…più di qualcuno mi conosce molto bene perché sono amici miei, puoi liberamente fare il mio nome…” (6 giugno 2010); “…ogni tanto pensami che io sono povero…” (6 luglio 2010); “…qui fa già freddo e non tengo robe invernali, vedi tu come fare… pigliami un paio di scarpe Nike…vorrei mettermi l’avvocato (omissis), però siccome ora non è possibile pagarlo se puoi parlare tu… perché se tutto va bene a ottobre dovrò uscire a scadenza…”. Le lettere sono tantissime. Il primo gruppo di manoscritti viene sequestrato in casa di Cristian Tarantini. Sono inviati da Raffaele Renna e contengono istruzioni per gli altri associati.

Lettera del 25 giugno 2009 - “Mio carissimo Cristo…omissis…Ho saputo che ogni tanto qualcuno “sogna”..io non devo dire nulla a nessuno ora..omissis…spero solo che fin quando sto qua nessuno si metta sulla mia strada o dei miei amici, comunque tu sai come comportarti, se qualcuno chi sia vuole sognare, tu non prendere iniziative che il 09 agosto esco io e poi…….!!! Per adesso non ho altro da dirti, sai qui si sentono molte cose di là fuori e nessuno è contento, poi mo che esco ridi forte!!!. Salutami caramente “gne gne”! (Gianluca Saponaro) Ringrazialo di tutto ok! Poi digli a tuo cugino Antonio (Antonio Saponaro) che io non cambio mai idea. .lui è un mio amico e gli voglio bene, perciò nessuno lo mette da parte, anzi, è sempre presente nel mio cuore e digli che mo che esco gli tiro le orecchie perché pensa molto..ma cose che non esistono…A te invece ti mando un bacione con profonda stima e sincero bene.. Sei un vero amico e non vedo l’ora di riabbracciarti. Mi raccomando a te, non piegarti vicino a nessuno che presto esco e poi vediamo questi malandrini a trucco quanto pesano”.

Lettera del 26 agosto 2010 - Scritta da Domenico D’Agnano a Cristian Tarantino: “omissis… comunque non so che tipo di problemi hai con tuo cugino il consiglio che ti posso dare è di non pensarlo, pensa a te stesso e se lui vuole sognare è giusto farlo sognare..va beh amicone mio, anche per me è stata una gioia averti visto ma non avrei mai voluto vederti in quel luogo, credimi avrei voluto abbracciarti ma come sai le guardie non ci hanno dato la possibilità, però averti visto che stavi bene è stato già tanto ..omissis… Ciao Cristian anch’io ci tengo a te soprattutto alla tua amicizia… Cristian mi raccomando quando scrivi sulle lettere di non scrivere chiacchiere perché questi capiscono una cosa per un’altra e non vorrei che mi tengono la posta sotto controllo e per gioco ci vanno a fare qualche mandato di cattura. N.B. Cristian non sapevo che ti trovavi agli arresti, pensavo che eri libero e ti fossi dimenticato che io esistessi ah ah ah!! Comunque mi ha fatto piacere aver ricevuto tue notizie. Ciao T.V.B.”.

Altre lettere sono state sequestrate ad Alfredo Epifani, in una scatola di scarpe e provengono tutte da detenuti. “Carissimo Alfredo ti ringrazio per il pensiero che hai avuto per me, grazie di cuore, se ti serve qualcosa sai da chi andare”, firmato “Puffo”. Poi ancora: “Mio caro Alfredo, ti mando un bacione e un ringraziamento per tutto ciò che fai per me, presto ci rivediamo fuori”.

L’anello di diamanti e il tattoo - Da Renna a Maurizio Screti: “Poi vai alla gioielleria dove ci serviamo noi, prendi l’orologio che doveva aggiustare e in più vedi se è pronto l’anello di diamanti che ho comprato per il mio Giuseppe. Lui (il titolare della gioielleria) mi deve 150 euro, dagli la differenza e portalo con i miei omaggi a lui. “Va beh, cambiando discorso domani mi sto facendo un tatuaggio, vuoi sapere cosa? Una scritta che si addice a me perché appena sto qua, cani e porci sognano. Il tatuaggio: “Il tuo odio è il mio cibo, le tue parole sono la mia forza, il tuo sangue sarà il mio champagne”.

Nei locali non si paga – Accade al Kuros, night di Antonio Occhineri (imputato in altri processi) dove Luca Ferì aveva consumato varie bottiglie di prosecco spendendo il nome di Christian Tarantino: “Ha detto Cristian che non vi devo dare una lira, niente soldi”. E in un’altra circostanza non aveva pagato l’ingresso di 35 euro. E neppure al Fico Ricco. Simone Tafuro, zio di Tarantino, racconta al nipote di aver pagato ma solo perché il proprietario non lo aveva riconosciuto: “Non mi ha riconosciuto Raffaele – dice – c’era gente. Poi sono andato dopo e gli ho detto, ha detto, madonna.. se.. Ho detto non ti preoccupare Raffaele, sei un grande Raffaele”.

Il boss con il nickname Fragolina – E’ Tarantino a utilizzarlo, su un social network per verificare quali fossero i commenti sul suo conto e verificare quindi il livello della sua “reputazione criminale”.

Le donne: Tre sono le figure femminili che operano all’interno del clan e sono Maria Carmela Rubini e Pamela Fortunato, rispettivamente zia e moglie di “Puffo” e Carmela Tafuro, compagna di Cristian Tarantini che, secondo il gip, integra a pieno titolo il delitto di concorso nell’associazione perché fornisce un aiuto materiale al sodalizio “con la comunicazione di notizie, prescrizioni”, e perché è assolutamente consapevole dell’illiceità dei suoi comportamenti.

La vittima che “morì con la lingua di fuori” - Sono le intercettazioni ambientali in un’autovettura a tradire il più piccolo degli Orofalo, Angelo, all’epoca dei fatti minorenne (stava per compiere 18 anni): si trovava sul sedile posteriore del Suv a bordo del quale c’erano Antonio e Joseph Orofalo, condannati a 18 anni per il delitto di Gianluca Saponaro, 28 anni, compiuto nel cuore di Cellino San Marco il 19 giugno 2010. I due, rei confessi, avevano concordato una versione da dare agli investigatori appena dopo che avessero varcato spontaneamente l’ingresso della caserma dei carabinieri.

Nessuno immaginava , il 29 giugno 2010, che all’interno dell’Opel Corsa in cui si trovavano c’erano le cimici. Dice Antonio: “Sai a cosa pensavo, a mia figlia e basta”, riferendosi al momento in cui fu esploso il colpo. Dice Angelo: “Io dalla punta dei piedi fino all’ultimo capello stavo tremando”. Antonio: “Fece lui questo movimento eh, e tutto a un tratto sentii fare bum”. Angelo: “Subito cadde”. Antonio: “Morì con la lingua di fuori morì”. Angelo: “Credevano di aver trovato degli scemi capito? Volevano loro però, se ci avessero visto tutti e due ci avrebbero crivellato proprio tutti”.

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