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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Organi di Marco a 3 uomini e una donna

BRINDISI - E’ ormai da mesi che i genitori di Marco Bungaro, impegnati anche nella sensibilizzazione alla donazione e in iniziative nel sociale, cercano coloro che hanno ricevuto gli organi del figlio, morto in un incidente stradale due anni fa. Nell’ultimo anno hanno fatto in modo ottenere qualche informazione in più per indirizzare le ricerche in luoghi precisi e far pervenire l’appello proprio alle persone che vorrebbero incontrare.

BRINDISI - E’ ormai da mesi che i genitori di Marco Bungaro, impegnati anche nella sensibilizzazione alla donazione e in iniziative nel sociale, cercano coloro che hanno ricevuto gli organi del figlio, morto in un incidente stradale due anni fa. Nell’ultimo anno hanno fatto in modo ottenere qualche informazione in più per indirizzare le ricerche in luoghi precisi e far pervenire l’appello proprio alle persone che vorrebbero incontrare.

Qualche dettaglio in più, mamma Emy è riuscita ad apprenderlo. Sa che il cuore di Marco batte in Basilicata, forse a Matera. Fu impiantato a Bari ad un uomo. Il fegato è andato a Pisa a un uomo di mezz’età. I reni a Verona, il rene destro a un ragazzo, quello sinistro a una ragazza che hanno entrambi intorno ai trent’anni.

Emy non fa che rinnovare l’appello, ricordando con estrema precisione la data e l’orario dell’espianto. Era il 6 maggio, alle 3 del mattino insieme al marito Nando aveva già dato il consenso. Erano trascorse meno di 24 ore dal drammatico incidente stradale di cui Marco, 25 anni, fu l’unica vittima. La Volkswagen Polo a bordo della quale viaggiavano i tre ragazzi era di Marco che quella sera non si mise al volante.

Fu trovata distrutta dopo lo schianto contro il guard-rail della Lecce Maglie. I giovani erano stati in discoteca e stavano rientrando a Brindisi. Marco, militare dell’Esercito, era ritornato a casa in licenza, per qualche giorno. Nel cuore della notte arrivò a casa la telefonata. Ai genitori del ragazzo fu detto che c’era ancora una flebile speranza. Marco era ricoverato al “Vito Fazzi”, era in condizioni gravissime, in coma nel reparto di Rianimazione. Emy e Nando corsero a Lecce. Poi ritornarono a casa, lì dove poi ricevettero la seconda notizia: “Non ce l’ha fatta”.

Si trattava di morte cerebrale, le macchine tenevano ancora in vita il ragazzo e quindi i medici non poterono far altro che attenersi al protocollo e prospettare ai famigliari della vittima la possibilità di compiere un atto di incredibile generosità verso altri che mai, forse, avrebbero conosciuto. La legge che tutela la privacy dei trapiantati è rigidissima. Nessuno può venire a conoscenza dei dettagli, dei dati personali di coloro che ricevono la vita da chi l’ha persa per sempre. C’è solo una data su cui si può contare, per avviare le ricerche. Una data da associare al nome di un ospedale. Le operazioni di espianto e di impianto sono di solito molto vicine: anche in questo caso, basta una telefonata. Chi aspetta sa che il momento arriverà senza preavviso. Chi assente alla donazione, invece non è affatto preparato.

Non lo erano Nando ed Emy quando il parroco della chiesa del quartiere Bozzano li contattò riferendo loro che un uomo si era recato da lui a chiedere informazioni. Il cuore di Marco gli aveva ridato la speranza e, specificò, avrebbe incontrato volentieri i genitori del 25enne. Non ci fu contatto, non c’è stato mai più il modo di ritrovarsi.

A distanza di poco sono stati i coniugi Bungaro ad avviare le ricerche, finora senza esito. Ci sperano e vanno avanti: “Non saremo invadenti, spariremo un attimo dopo, se è così che vogliono”. Emy è una donna che non si è mai arresa neppure nei momenti più difficili, quando avrebbe potuto lasciarsi sopraffare dalla sofferenza.

Ha combattuto e lo fa ancora, insieme ai genitori di Flavio Arconzo, di Fasano, e Giorgia Zuccaro, di Brindisi, altre due vittime della strada, insieme all’associazione Aguvs e ad altre famiglie italiane accomunate da tragedie simili, per ottenere l’introduzione nell’ordinamento del reato di omicidio stradale e quindi perché vi sia un inasprimento delle pene per chi guida ubriaco o sotto effetto di droga.

Nel sangue del guidatore della Polo di Marco c’era cocaina. C’è stata una indagine per omicidio colposo aggravato, la vicenda giudiziaria si è chiusa con un patteggiamento a una pena inferiore ai due anni. A distanza di tempo dai fatti resta la forza di una madre e di un padre privati per sempre del sorriso del figlio, orgogliosi di aver deciso, quel giorno drammatico, di acconsentire alla donazione degli organi, desiderosi di stabilire un contatto con gente lontana ma indissolubilmente legata a loro da quel gesto per nulla scontato. La sede Aido di Brindisi è intitolata a Marco.

La bacheca Facebook è continuamente aggiornata dagli amici che ancora oggi gli scrivono come se nulla fosse accaduto. Emy e Nando attendono un cenno, un messaggio, un post sul social network, una mail per conoscere il seguito a lieto fine dell’incubo che è toccato loro in sorte.

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