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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Oria

Oria, ucciso durante lite in campagna: periti incerti sulle cause della lesione mortale

ORIA - Cosa provocò la morte del 51enne Mario Nania, colpito a sangue dal vicino svegliato dai rumori della potatura durante le ore pomeridiane? Fu uno dei pugni sferrati da Francesco Carbone, 19 anni, intervenuto in difesa del padre Michele? Oppure il colpo fatale fu quello provocato dalla caduta della vittima al suolo? La perizia dei medici-legali Antonio Carusi e Roberto Vagli, non scioglie l’enigma al quale è legato il destino dei due imputati, il padre 57enne e il figlio: secondo i periti il trauma cranico che cagionò l’emorragia dunque la morte della vittima, è compatibile sia con l’una che con l’altra ipotesi.

ORIA - Cosa provocò la morte del 51enne Mario Nania, colpito a sangue dal vicino svegliato dai rumori della potatura durante le ore pomeridiane? Fu uno dei pugni sferrati da Francesco Carbone, 19 anni, intervenuto in difesa del padre Michele? Oppure il colpo fatale fu quello provocato dalla caduta della vittima al suolo? La perizia dei medici-legali Antonio Carusi e Roberto Vagli, non scioglie l’enigma al quale è legato il destino dei due imputati, il padre 57enne e il figlio: secondo i periti il trauma cranico che cagionò l’emorragia dunque la morte della vittima, è compatibile sia con l’una che con l’altra ipotesi.

Entrambi i consulenti del pubblico ministero Milto De Nozza sono comparsi in aula questa mattina nel processo per omicidio volontario a carico dei due Carbone, a poco più di un anno dalla tragedia che si consumò nelle campagne di Oria, contrada Pasquini, esattamente il 9 aprile scorso. I due medici interpellati dall’accusa hanno illustrato i contenuti e le conclusioni dell’esame autoptico disposto a caldo dalla tragedia. Raggelante resoconto consegnato all’ascolto della corte d’assise presieduta dal giudice Gabriele Perna e dell’aula gremita, oltre che agli avvocati degli imputati, Ladislao Massari e Francesca Conte, e i legali di parte civile, Pasquale Annicchiarico, Antonio Almiento e Roberto Rizzo. Fra i banchi dell’aula bunker anche gli studenti del liceo classico di Francavilla Fontana, destinatari di un progetto di formazione alla legalità organizzato dall’istituto scolastico e dall’Associazione nazionale magistrati, con la mediazione di Mimma Vellotti.

Scrivono i due consulenti del pm nelle conclusioni della perizia medico-legale: “Il decesso di Mario Nania è stato accertato alle 23,05 del 9 aprile 2010 presso l’ospedale di Brindisi e tale dato non contrasta con gli elementi tanato-cronologici desunti da nostro esame necroscopico. Esso è imputabile ad arresto cardiaco per insufficienza respiratoria acuta in paziente in coma per emorragia sub-aracnoidea diffusa. Il decesso è in rapporto di causalità materiale con le lesioni riportate in occasione della colluttazione in cui rimase coinvolto in data 9 aprile 2010”.

A questo punto i medici legali ripercorrono rapidamente le tappe della vicenda: “In ordine alla dinamica dell’evento riteniamo verosimile che vittima ed aggressore si fronteggiassero al momento della colluttazione e che la vittima sia stata colpita (inizialmente o nel corso delle percosse) da un colpo contundente all’emivolto sinistro che ha causato, oltre ad un’ecchimosi della regione orbito-zigomatica sinistra e la frattura della parete del seno mascellare omolaterale, la caduta al suolo all’indietro, riportando in quella circostanza anche un trauma contusivo in regione occipito-nucale. L’emorragia sub-aracnoidea diffusa, responsabile del decesso, è dunque conseguenza del trauma diretto al volto determinato, molto probabilmente da un pugno, ovvero in conseguenza del trauma contusivo ricevuto con la caduta al suolo o ancora per l’azione”.

L’incognita, i consulenti lo hanno ribadito in aula, rimane tutta. Un dubbio che, ferme restando le lesioni gravi cagionate dagli imputati alla povera vittima, potrebbe scagionare entrambi dall’accusa di omicidio. Quel che è certo, al momento, è che Mario Nania fu colpito senza risparmio sia dal padre che dal figlio: “La vittima è stata attinta anche da altri colpi contundenti, al tronco o agli arti, portati verosimilmente con calci e con un bastone di legno grezzo utilizzato a mo’ di mazza da baseball ovvero a mo’ di martello o ancora, una volta che la vittima era al suolo in posizione supina, a mo’ di pestello contro il torace”. Dettaglio agghiacciante, alla descrizione del quale ha assistito, atterrita, l’anziana mamma di Nania.

Un capitolo a parte, con battibecco in appendice fra difesa e accusa, ha meritato la testimonianza di un militare dell’Arma chiamato in causa dal pm e dalle parti civili. Il carabiniere ha riferito un episodio del 2008 che vide per protagonista – ancora una volta – la famiglia Carbone. Il fatto risale al 12 febbraio, una chiamata al 112 invoca la presenza dei militari in contrada Pasquini. A chiedere soccorso, disperata, è Fernanda Pesce, la moglie di Michele Carbone, sostiene di essere stata colpita ad un piede con un’ascia dal marito. I militari accorrono e chiamano il 118 che trasferisce la donna in ospedale dove la ferita viene giudicata guaribile in quindici giorni. Carbone, interrogato sul posto, sostiene che la moglie mente, che la ferita le è stata cagionata accidentalmente da una smerigliatrice. La figlia, presente al momento dell’alterco, sostiene la versione della madre.

Perché citare un episodio del tutto estraneo al processo per l’omicidio Nania? Inaccettabile per la difesa degli imputati, che ha levato la voce chiedendo la cancellazione dell’ordinanza di ammissibilità alla corte. Del tutto pertinente per l’accusa e le parti civili, che hanno invece ribadito la necessità di rammentare fatti utili a ricostruire la personalità dell’imputato. La corte ha dato ragione alla seconda delle due tesi, se il precedente può davvero fare la differenza nel giudizio della corte.

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