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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Per la madre della piccola Maria Geusa, seviziata a morte, il pg chiede 19 anni

PERUGIA - Diciannove anni di carcere per Tiziana Deserto che non solo va condannata per il concorso nell’omicidio della figlioletta Maria Geusa, ma la pena da comminarle deve essere superiore a quella che le ha inflitto la Corte di Assise di Perugia in primo grado, e cioè quindici anni. Il procuratore generale Giancarlo Costagliola non ha avuto dubbi sulla colpevolezza di questa donna di 36 anni, latianese, per alcuni anni residente con il marito piastrellista in un paesino a pochi chilometri da Città di Castello, ora ritornata a Latiano.

PERUGIA - Diciannove anni di carcere per Tiziana Deserto che non solo va condannata per il concorso nell’omicidio della figlioletta Maria Geusa, ma la pena da comminarle deve essere superiore a quella che le ha inflitto la Corte di Assise di Perugia in primo grado, e cioè quindici anni.  Il procuratore generale Giancarlo Costagliola non ha avuto dubbi sulla colpevolezza di questa donna di 36 anni, latianese, per alcuni anni residente con il marito piastrellista in un paesino a pochi chilometri da Città di Castello, ora ritornata a Latiano.

Questa mattina era presente in aula ed ha seguito impassibile la lunga requisitoria del procuratore generale e la richiesta di condanna. “Sono sconcertata” sono state le uniche parole che Tiziana Deserto ha pronunciato subito dopo la richiesta di pena. E l’avvocato Eugenio Zaganelli, suo difensore: “L’unica colpa che ha la mia cliente è di essersi fidata di Giorni”. Giorgi, di nome Giorgio, imprenditore edile di Sansepolcro, pochi giorni subito dopo l’arresto confessò l’omicidio. E in un drammatico confronto svoltosi nel carcere di Perugia, nel quale l’uomo era rinchiuso, accusò la Deserto, sua amante, di essere a conoscenza di tutto. L’imprenditore è stato condannato in via definitiva all’ergastolo.

La bambina aveva 2 anni e sette mesi quando morì, dopo atroci sofferenze, nell’ospedale di Città di Castello, dove verso le 12,30 del 5 aprile del 2004 era stata portata da Giorni. “E’ caduta dalle scale”, disse ai medici del pronto soccorso. Ma le lesioni che quel corpicino presentava, sia interne, sia esterne, fecero sorgere sospetti. I medici informarono i carabinieri. Dopo alcune ore la piccola morì. Il suo organismo non resse alle ferite e ai due arresti cardiaci. Non ci volle molto a scoprire che c’era stata violenza. E Giorni fu arrestato.

Tiziana Deserto, casalinga, aveva conosciuto il piastrellista Massimo Geusa, poco più anziano di lei, nativo di Erchie. Un carattere difficile quello di Tiziana. Aveva rifiutato che il marito lavorasse nell’azienda del padre, a Latiano, e dopo avere conosciuto l’estate prima Giorni venuto in vacanza nel Brindisino, si trasferirono  in provincia di Perugia perché l’imprenditore promise lavoro a Massimo. E in effetti glielo diede. Ma si prese fin troppa cura della donna che, stando a quanto da lei affermato all’epoca, gli affidò la bambina per farli familiarizzare in vista della separazione dal marito e l’inizio della convivenza con Giorni.

La mattina del 5 la bambina non andò all’asilo. Aveva avuto la febbre nei giorni precedenti. Ma Tiziana l’affidò a Giorni che se la portò ai giardinetti di Città di Castello. Dai giardinetti poi l’orrore nel pied-a-terre che Giorni possedeva in città. E qui accade di tutto. La piccina venne picchiata e violentata. Stava molto male. Quando Giorni si rese conto che Maria stava per morire la portò in ospedale. E quando l’arrestarono disse: “Sono stato colto da un raptus, piangeva, l’ho colpita ma non l’ho violentata”.

Latiano ed Erchie accolsero con grande affetto e commozione questa famiglia colpita da una sventura così grande, nel giorno del funerale della piccola Maria il cui corpicino fu tumulato nel cimitero di Erchie. Ancora non era deflagrata la notizia del coinvolgimento di Tiziana Deserto nella morte della piccola. Anche se i sospetti si addensavano su questa donna per i tanti coni d’ombra che la vicenda presenta, per le risposte che la stessa mamma della vittima non riusciva a dare, e quando le forniva erano piuttosto contraddittorie e strane.

Il processo in primo grado alla Deserto fu lungo e complesso. Tanti indizi, prove certe nessuna. Cento testimoni, trentadue udienze e alla fine la condanna a quindici anni di carcere, tre dei quali condonati. Era la sera del 24 novembre 2007 quando la Corte di Assise di Perugia, dopo sei ore di camera di consiglio, emise la sentenza. Oggi, dopo il procuratore generale, hanno parlato le parti civili. Domani mattina sarà la volta dei due difensori (Zaganelli padre e figlio). E poi ci sarà la sentenza si secondo grado.

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