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Cronaca

Processo all’ex veggente, c’è anche la denuncia di un’anziana di 91 anni

Paola Catanzaro accusata di truffa per 4 milioni di euro. Fra i testi del pm, il professionista che voleva adottarla

BRINDISI – Novant’anni compiuti lo scorso mese di giugno: un mese dopo lei stessa si  presentò in Procura raccontando di aver conosciuto Paola Catanzaro, già Paolo, alias Sveva Catanzaro. Quella denuncia è confluita nell’inchiesta sulle false visioni mistiche e sul progetto delle croci contestati all’ex veggente di contrada Uggiò, con l’accusa di truffa per almeno quattro milioni di euro, e la pensionata, classe 1927, sarà una delle testimoni citate dal pubblico ministero nel processo che riprenderà a gennaio.

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La pensionata

La donna, nata a Brindisi, risulta nella lista dei testi ammessi dal Tribunale presieduto da Domenico Cucchiara (a latere Colombo e Rubino), di fronte al quale pende il dibattimento a carico di Catanzaro, 43 anni, tornata in libertà lo scorso 3 ottobre, a distanza di nove mesi dall’arresto in carcere. E’ stata rinviata a giudizio con l’accusa di essere stata a capo di un’associazione per delinquere che con artifici e raggiri, cuciti attorno a “fantomatici progetti” destinati alla salvezza del mondo, avrebbe truffato diverse persone. Almeno dieci, stando a quanto sostiene il pubblico ministero, Luca Miceli, a conclusione delle indagini condotte dai militari della Guardia di Finanza di Brindisi. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Mario Guagliani del Foro di Brindisi, Antonio Falagario e Carmelo Piccolo del Foro di Bari.

La denuncia

Fra le dieci “vittime”, ci sarebbe anche la pensionata di 91 anni: firmò una denuncia il 7 luglio 2017, due mesi dopo quella depositata dall’imprenditore di Bari che per primo riferì di aver pagato somme di denaro a Catanzaro per sostenere il cosiddetto Progetto delle Croci. Lei, dal canto suo, ha sempre detto di non aver mai “abbindolato nessuno”. Venne anche intervistata da una delle inviate de le Iene, programma fra i più popolari in onda su Italia Uno.

Il professionista denunciò quanto gli era successo il 15 maggio 2017 e sarà ascoltato anche lui come testimone in udienza, al pari della ginecologa originaria di Rutigliano, già sentita nel processo già avviato a Bari nei confronti di Catanzaro. Nel troncone di Brindisi, sono stati citati come testi anche alcuni degli imputati, accusati si aver fatto parte di quel sodalizio: le sorelle Stefania e Anna Casciaro, Lucia Borrelli, Anna Picoco “in relazione ai fatti esposti negli interrogatori resi”. Sono difese dagli avvocati Gianfranco Palmieri del foro di Lecce, Felice Indiveri e Massimo Roberto Chiusulo del foro di Bari e Lovelli del foro di Taranto.

Sotto processo ci sono anche: Giuseppe Conte, difeso dall’avvocato Pietro Campanelli del foro di Bari; Addolorata e Giuseppa Catanzaro, sorelle di Paola Catanzaro e Francesco Rizzo, il marito, difeso dagli avvocati Cosimo Pagliara ed Emilia Marinosci. La difesa di Paola Catanzaro è affidata ai penalisti Cosimo Pagliara e Fabio Di Bello del foro di Brindisi.

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Il professionista e la dichiarazione di adozione

Nella lista testi del pm è stato anche citato il professionista di Padova il quale dichiarò, assieme alla moglie, di voler adottare Paola Catanzaro. La coppia mise per iscritto questa volontà dinanzi a un notaio: ““Per il grande amore che nutriamo nei suoi confronti abbiamo acquistato per lei un villino e vogliamo adottarla come figlia”. Anche perché sarebbe “messaggero e portavoce di Cristo”.

La dichiarazione del notaio venne trovata nell’abitazione di Paola Catanzaro, a Brindisi, nel corso della perquisizione avvenuta il 7 giugno 2017, assieme ad altra documentazione considerata utile alle indagini.  “Ancora oggi, infatti, i coniugi appaiono succubi del potere mistico-religioso di Catanzaro e dei sodali a lei rimasti fedeli, tra i quali Francesco Rizzo, e ciò nonostante il clamore mediatico della vicenda”, scrisse il gip Giuseppe Biondi nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita il 30 gennaio 2018. Il professionista è stato indicato come teste “in relazione alle sommarie informazioni rese il 25 ottobre 2017”.

Catanzaro avrebbe conosciuto i coniugi nel 2010 assieme a Francesco Rizzo a Padova, in occasione di una serata di beneficienza tramite un medico psichiatra. Nel fascicolo d’inchiesta ci sono anche stralci di alcune delle ultime conversazioni telefoniche tra Paola Catanzaro e i coniugi, nelle quali si faceva riferimento a una sorta di “persecuzione a Brindisi” in atto nei confronti dell’ex veggente.

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La villa ad Asiago

A casa dell’imputata fu trovata una “dichiarazione datata 14 febbraio 2013, “verosimilmente sottoscritta dai coniugi, con la quale attestano di aver acquistato il primo aprile 2010 l’immobile di Asiago, da una società immobiliare, al prezzo complessivo di 300mila euro e di averlo intestato a Paolo Catanzaro”. L’acquisto risale al 2009, prima del cambio di sesso poi riconosciuto dal Tribunale di Brindisi.

L’acquisto sarebbe stato realizzato dalla coppia, contraendo un mutuo di pari importo presso la Banca popolare di Vicenza, filiale di Padova. I coniugi affermarono, nella dichiarazione, di aver pagato con assegni. Due dall’immobiliare di famiglia, il cui amministratore unico sarebbe la moglie.

La denuncia della figlia della donna

I finanzieri trovarono una seconda dichiarazione, datata 10 marzo 2015, con attestazione di un notaio di Padova: marito e moglie scrivevano all’epoca di “aver instaurato un rapporto affettivo così profondo da sfociare nella richiesta congiunta di diventare il proprio figlio e assumere il cognome” di quella famiglia. Hanno aggiunto anche che l’acquisto è stato fatto “nella piena libertà e assoluta consapevolezza per sostenere Paolo Catanzaro nelle proprie attività di carità e di aiuto agli altri”.

Il caso è oggetto di indagine a Padova, per effetto della denuncia sporta il 18 maggio 2017 dalla figlia della donna, avuta da una relazione precedente. La figlia sottolineava la “devozione mistica” del marito della madre verso Catanzaro. E riferiva che anche dopo aver fatto vedere al genitore una raccolta di articoli che raccontava di Sveva Cardinale, non ebbe alcun credito.

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Il marito della madre sosteneva che si trattassero solo di bugie e mistificazioni e, stando a quanto riportato nell’ordinanza di arresto, “Sveva Cardinale era uno spirito venuto sulla terra per distrarre l’attenzione dalla figura di Paolo che era il messaggero e portavoce di Cristo, che girava il mondo in maniera trascendentale e che il Vaticano sapeva tutto e che nessuno lo avrebbe mai toccato, essendo protetto da sacerdoti, avvocati, magistrati, medici di Bari e Brindisi che credevano in lui”.

La genesi dell’inchiesta brindisina e gli step saranno ricostruiti in udienza dai militari del Nucleo di polizia tributaria di Brindisi, citati come testi.


 

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