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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Quando per Vasta finirono in carcere i carabinieri. Un processo ancora aperto

OSTUNI – Maria Loparco e Carmelo Vasta, puntualmente, ad ogni udienza erano seduti accanto al loro avvocato. Non da imputati. Ma da parti offese e parti civili nel processo a carico di otto carabinieri (uno è deceduto nei giorni scorsi) e di un albanese. Otto carabinieri, sette dei quali arrestati, perché accusati avere ammanettato, falsificando i verbali e le prove, Vasta e la sua convivente, cioè la Loparco, entrambi arrestati, come riportiamo in altro servizio, questa mattina nel corso dell’operazione “Giano” per reati di traffico di droga ed estorsioni.

OSTUNI – Maria Loparco e Carmelo Vasta, puntualmente, ad ogni udienza erano seduti accanto al loro avvocato. Non da imputati. Ma da parti offese e parti civili nel processo a carico di otto carabinieri (uno è deceduto nei giorni scorsi) e di un albanese. Otto carabinieri, sette dei quali arrestati, perché accusati avere ammanettato, falsificando i verbali e le prove, Vasta e la sua convivente, cioè la Loparco, entrambi arrestati, come riportiamo in altro servizio, questa mattina nel corso dell’operazione “Giano” per reati di traffico di droga ed estorsioni.

Carmelo Vasta e Maria Loparco furono arrestati la notte tra il 5 e il 6 aprile del 2004 dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Fasano. Furono ammanettati nel corso del blitz effettuato dai militi nella loro abitazione alla periferia di Ostuni perché si aveva la certezza che i due avessero delle bombe a mano che avrebbero dovuto usare per un attentato al maresciallo Vito Maniscalchi, in servizio nel Norm di Fasano. Per effettuare il blitz, siccome la casa di Loparco e Vasta era munita di telecamere, fu provocato un black out. I carabinieri, volti coperti come i reparti speciali Nocs, fecero irruzione e trovarono due bombe a mano. In casa c’era un’altra ragazza ed anche l’albanese Marvin Strazimiri che aveva portato gli ordigni.

L’operazione, almeno nelle cronache di quei giorni, aveva consentito di evitare l’uccisione del maresciallo Maniscalchi. Ed era stato possibile grazie alla collaborazione di Strazimiri, che era confidente di Maniscalchi, ma era anche colui al quale Vasta si era rivolto, su incarico della Loparco, per acquistare le bombe. Perché secondo la ricostruzione effettuata dai carabinieri, era la Loparco che voleva morto Maniscalchi per via dei continui controlli effettuati dal sottufficiale. Controlli che le impedivano di trafficare con le sostanze stupefacenti.

Ma dopo qualche mese le cose cambiarono. Strazimiri, che non aveva ricevuto il programma di protezione promessogli dai carabinieri,  al magistrato inquirente raccontò che erano stati i militari a portare le bombe a casa di Vasta e Loparco. Finirono in carcere il comandante della compagnia carabinieri di Fasano, capitano Cosimo Damiano Delli Santi; il suo vice, tenente Vincenzo Favoino; il maresciallo Maniscalchi. Ai domiciliari furono assegnati Gioacchino Bonomo, Stefano De Masi e Denis Michelini,  Vito Bulzacchelli e Fabrizio Buzzetta. A piede libero fu indagato l’allora comandante provinciale dell’Arma Costantino Squeo (deceduto nei giorni scorsi).

Tutti i sottufficiali scaricarono la responsabilità sui comandanti. Furono scarcerati. Gli ultimi a lasciare il carcere furono Delli Santi e Favoino. E tutti furono mandati a giudizio, compreso l’albanese, che attualmente si trova nuovamente in carcere per violenza sessuale ed ha pure tentato di ammazzarsi tagliandosi le vene. Il processo è iniziato da diverso tempo. Sono stati interrogati molti degli imputati (nell’udienza di giovedì continuerà il controesame di Buzzetta) che hanno cambiato versione per cercare di limitare i danni. Vasta e Loparco sono sempre stati presenti, non hanno perso una battuta di quello che considerano il loro processo, ma per continuare a farlo ci vorrà una gabbia: per loro, perché i militari sono tutti a piede libero.

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