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Cronaca Ostuni

Quella tabaccheria, centrale di usura

OSTUNI - Una piccola tabaccheria dalla posizione strategica,con affaccio davanti alle Poste centrali. Le vittime di usura, tre i casi accertati, appena dopo il prelievo potevano lasciare seduta stante al titolare la “rata” da 700 o 800 euro.

OSTUNI - Una piccola tabaccheria dalla posizione strategica,con affaccio davanti alle Poste centrali. Le vittime di usura, tre i casi accertati, appena dopo il prelievo potevano lasciare seduta stante al titolare la “rata” da 700 o 800 euro da versare alla banda. In taluni casi, quando non potevano, venivano riforniti di banconote false da “cambiare” a proprio rischio e pericolo nelle attività commerciali ostunesi e perfino in farmacia sì da racimolare il gruzzolo.

Il personaggio che dall’interno della rivendita di tabacchi si occupava di raccogliere e allo stesso tempo di smistare, era un insospettabile che risponde al nome di Francesco Rendina, 52 anni, dalla fedina penale pulita. A lui, coì come ai fratelli Valente e alle tre donne del gruppo (Teresa Monaco, Rosa Ioime e Angelina Urgesi) è contestato il reato più grave, l’associazione per delinquere. Capi e promotori i tre Valente (Cosimo, Domenico e Marco).

Le donne della banda non hanno ruolo marginale. C’è Teresa Monaco, moglie di Marco Valente, che dopo l’arresto del marito che stava per mettere a segno una rapina al conducente di un furgone (in quel di Pomigliano D’Arco, dove ha sede uno stabilimento di Alenia Aermacchi in cui lavorano Rosa Ioime e Rosario Ercolano, come addetti alle pulizie e nel caso di specie basisti) prende in mano le redini dei traffici di ogni genere e va a riscuotere i crediti maturati con le vittime di usura.

Sono tre le persone che hanno denunciato. Una donna che stava per mettere in vendita la casa dell’anziana madre per poter pagare e liberarsi delle minacce. Aveva perfino pensato di accendere un finanziamento, utilizzando come garanzia proprio la pensione percepita dalla madre. Non ha potuto, perché prima di riuscirci l’anziana è morta.

Poi c’è il dipendente di un supermercato che di tanto in tanto prestava servizio come cameriere in noti locali di Ostuni. E infine un macellaio che si era indebitato con il gioco e che aveva chiesto in prestito una sommetta in danaro. In tutti i casi non si trattava di importi superiori ai tremila euro. Ma l’irrisorietà delle somme non rendeva più indulgenti gli addetti al recupero che mettevano in atto una vera e propria persecuzione.

Ne è un esempio Angelina Urgesi, nata a Francavilla Fontana, residente a Ostuni: badante nella sua vita normale, strozzina nell’altra, non faceva che chiamare colei che le aveva chiesto aiuto perché si era ritrovata nei guai. “Ogni mese dovevi uscire 900 euro” dice la Urgesi. “Perché 900?” chiede la vittima che prosegue e alla fine acconsente: “Va bene come dici tu, fai il conto, siamo arrivati a 4mila che mi ha fatto firmare, 4 mesi”. Si partiva da un prestito di poco superiore ai mille euro.

Il dipendente del supermercato denunciò dopo che fu trovato con tre banconote false da 20 euro in tasca. Aveva chiesto ai Valente 3mila euro, avrebbe dovuto corrisponderne 400 per ogni mille euro ricevuti. Quindi il 40 per cento. Anche lì minacce “ti rompo la testa”, richieste ossessive e infine la consegna di banconote false da “cambiare”, la trasformazione di persone estranee a complici dell’organizzazione (complicità che per ovvie ragioni non è stata poi contestata) per riuscire comunque a recuperare il debito secondo i tassi usurari stabiliti.

Anche quest’ultimo per ottenere il “fido” si era rivolto ad Angela. Non riuscendo a corrispondere poi la quota mensile pattuita era stato perfino picchiato da Marco Valente, che lo aveva confidato a “Rosita” al telefono: “Gli ho dato due schiaffi, ha cominciato a tremare tutto”. Aveva paura d’essere denunciato: “Speriamo che non mi va a denunciare, ma non credo amò, l’ho inseguito, ho visto dove è andato, al supermercato a lavorare”.

Infine l’imprenditore (titolare di una macelleria), finito nei guai per via dei debiti di gioco. A lui Valente dice che la consegna dev’essere fatta “al tabacchino”. Anche il tabaccaio, “amico” di Valente, era finito nel giro perché aveva chiesto un prestito di 5mila euro. A lui il prestito non era stato concesso, nonostante fosse “con l’acqua alla gola” ma comunque gli era stato proposto un affare: banconote false da mettere in giro.

La gran parte del provvedimento restrittivo chiesto dal pm Iolanda Daniela Chimienti e disposto dal gip Valerio Fracassi, è occupato quindi dall’usura e dalla spendita di banconote false. Ma c’è anche una breve sezione che tratta delle scarpe con marchi contraffatti messe sul mercato brindisino e provenienti da Napoli, e poi anche di cessione di droga, per lo più coca e hascisc.

Infine, i furti. Due quelli accertati. Uno alla Camer sulla Ostuni – Francavilla, le cui modalità (dal trattore usato per rompere muri e colonnine all’Alfa, auto ricorrente) ricordano molti altri colpi eseguiti nella zona industriale della Città bianca. L’altro ai danni di un imprenditore cui furono rubati mezzi agricoli per 90mila euro e poi chiesto il pizzo: insomma, il cavallo di ritorno per antonomasia.

Contestata anche la tentata rapina di Pomigliano d’Arco e un ultimo inquietante episodio, del quale è partecipe Giovanni Ciccarone, il papà di un ragazzino che fu rapito nel 2002, sequestro che sin da subito si capì che aveva qualcosa a che fare con le attività illecite dell’uomo, impegnato nel contrabbando di sigarette e si diceva allora, vicino al gruppo di Ciccio La Busta (Francesco Prudentino). Stefano, il figlioletto, fu presto trovato. Ma Ciccarone senior a quanto pare non ha smesso di occuparsi di business illegali.

Oltre ad aver gestito il cavallo di ritorno di cui sopra, ha anche cercato di dissuadere, con atteggiamenti minacciosi, l’acquirente di un terreno confinante al proprio che quindi voleva esercitare il diritto di prelazione. Il vantaggio? Non è stato ancora appurato. Ma le indagini proseguono tanto sulle vicende che hanno avuto luogo dal 2009 al 2011, quanto su episodi successivi. Vi è, infatti, un’infinità di “omissis”: segno che ci sono ancora verità nascoste da svelare.

 

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