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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Rapina a Bergamo, identificati e presi

BRINDISI – Un gioielliere veterano (come vittima) delle rapine e dotato di grande memoria visiva, da un lato; dall’altro due banditi brindisini in trasferta, l’uno con tanto di braccio ingessato, il secondo con un tatuaggio sul collo. Sono questi gli ingredienti fondamentali di un colpo a Bergamo in via Borgo Palazzo, avvenuto alle 11 del 30 settembre scorso. Grazie alla descrizione minuziosa di fisionomie, età presumibile e inflessione dei due rapinatori, nel giro di due settimane sono finiti in galera su ordinanza di custodia cautelare Salvatore Blasi ed Emilio Mela, entrambi sconosciuti alla giustizia ma – come si dice – con pregiudizi di polizia.

BRINDISI – Un gioielliere veterano (come vittima) delle rapine e dotato di grande memoria visiva, da un lato; dall’altro due banditi brindisini in trasferta, l’uno con tanto di braccio ingessato, il secondo con un tatuaggio sul collo. Sono questi gli ingredienti fondamentali di un colpo a Bergamo in via Borgo Palazzo, avvenuto alle 11 del 30 settembre scorso. Grazie alla descrizione minuziosa di fisionomie, età presumibile e inflessione dei due rapinatori, nel giro di due settimane sono finiti in galera su ordinanza di custodia cautelare Salvatore Blasi ed Emilio Mela, entrambi sconosciuti alla giustizia ma – come si dice – con pregiudizi di polizia.

Arrestare Mela (37 anni) è stato relativamente facile: aveva cominciato da poco tempo a lavorare, con regolare contratto, nel servizio di portierato di alcuni campi fotovoltaici. E’ stato raggiunto dai poliziotti di Brindisi e Bergamo ieri sera alle 19 (stava completando il turno 15-20). La cattura di Blasi (27 anni) è stata invece degna di una sceneggiata napoletana. Quasi tutto il condominio delle case-parcheggio di via Benvenuto Cellini al quartiere S.Elia si è mobilitato in difesa dell’indagato, ospite nell’appartamento di un noto pregiudicato. Urla, imprecazioni, minacce, ma la polizia si è portata via ugualmente Salvatore Blasi, senza cadere nelle provocazioni e gettando abbondante acqua sul fuoco invece che fare ricorso alla forza.

Come si è giunti ai due? Alla memoria dell’orefice Guglielmo Marchesi si è abbinata la conoscenza degli ambienti malavitosi sfoderata dell’ispettore Giancarlo Di Nunno e dagli altri investigatori della sezione antirapine della squadra mobile brindisina. La polizia di Bergamo aveva un punto di partenza, oltre agli identikit: il gioielliere aveva detto che i banditi parlavano con accento salentino. Insomma, Mela e Blasi il 30 settembre si sono andati ad infilare nel negozio sbagliato. La Squadra mobile di Bergamo ha trasmesso le informazioni sulla rapina alla gioielleria Marchesi e gli identikit alle squadre mobili di Brindisi, Lecce e Taranto. La riposta positiva è giunta da Brindisi.

Salvatore Blasi poteva benissimo essere il bandito con il tatuaggio sul collo. La sua foto è stata inviata a Bergamo, la commessa del negozio ha riconosciuto senza esitazioni nell’immagine di Blasi uno dei due rapinatori, il proprietario non era del tutto sicuro, ma anche lui ha effettuato il riconoscimento. Subito dopo il vicequestore Francesco Barnaba, capo della Mobile di Brindisi, ha disposto l’estensione delle verifiche a tutto l’entourage di frequentazioni di Blasi. L’unico che corrispondeva alla descrizione, era Mela. Stesso giro di riconoscimenti fotografici, con esito positivo: il secondo brindisino era il bandito col braccio fasciato e la pistola. Alla fine la relazione al sostituto procuratore Laura Cocucci, e le due ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Patrizia Ingrascì.

Tutto liscio, si potrebbe dire alla bergamasca che agli investigatori “al ghè fa l'öf anche ol gal” (gli fa l’uovo anche il gallo, fortunati). In realtà qui si può valutare bene il peso che ha nella soluzione dei casi la conoscenza del territorio e degli ambienti criminali da parte degli investigatori, dall’altro la determinazione e il livello di collaborazione della vittima. Che nel corso della rapina non era rimasta passiva, ma aveva in ogni modo tentato di azionare il segnale d’allarme ed aveva impresso bene in mente ogni particolare dei fatti e dei protagonisti.

Tutto era cominciato alle 11 del 30 settembre, quando nella gioielleria Marchesi avevano fatto ingresso due giovani clienti che non avevano insospettito il titolare. Il quale, visto che chi gli stava di fronte mostrava incertezza circa l’acquisto, si era premurato di aprire la cassaforte per prendere agli plichi di oggetti preziosi. In quegli istanti è entrata anche la commessa, e allora Mela ha tirato fuori una pistola informando le vittime che si trattava di una rapina. Guglielmo Marchesi e la sua collaboratrice sono stati sospinti nel retrobottega e tenuti sotto tiro sino a quando i banditi non hanno riempito cinque sacchetti di gioielli di ogni genere e di orologi. Poco prima, Marchesi aveva tentato di azionare il pulsante dell’allarme antirapina collocato dietro al bancone, ma era stato scoperto e bloccato.

Un secondo tentativo il gioielliere lo ha fatto quando i rapinatori hanno spostato lui e la commessa nel bagno, legando loro mani e piedi con robuste fascette di plastica. E’ riuscito a liberarsi e stava azionando un secondo pulsante di allarme piazzato proprio nel bagno (l’esperienza di altre tre rapine subite serve a qualcosa), ma è stato nuovamente scoperto e bloccato. Però Mele e Blasi non era certi in maniera assoluta che l’allarme non fosse scattato, ed hanno abbandonato la gioielleria. Portandosi appresso, secondo le stime di Marchesi, preziosi per un valore oscillante tra i 90 ed i 100mila euro.

Il bottino però sembra svanito. I poliziotti delle squadre mobili di Brindisi e Bergamo, dopo gli arresti dei due indagati, hanno eseguito una decina di perquisizioni presso fidanzate, amici e d altri elementi dello stesso giro di Mela e Blasi, senza esiti. Tuttavia la partita non è affatto chiusa.

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