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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

“La rapina al supermarket simulata per coprire debiti di droga”

Tornano in libertà gli imputati Carlo Caragnulo e Pancrazio Parente, brindisini, arrestati il 13 agosto: dopo le indagini dei difensori, il gup crede alla tesi dell'accordo con il dipendente di un supermercato di Manduria

BRINDISI – Non sarebbe stata una rapina, ma una simulazione, risultato di un accordo fra tre persone per regolare debiti per droga: da un lato i due “finti” banditi, brindisini, arrestati e finiti a giudizio e dall’altro il dipendente del market del Tarantino incaricato di depositare l’incasso pari a 4.500 euro che denunciò di essere stato minacciato di morte con un fucile a canne mozze davanti allo sportello della banca.

PARENTE PANCRAZIO-2-2-2CARAGNULO CARLO-2-2-2La nuova verità è stata scoperta nel corso del processo in abbreviato, a conclusione del quale il gup ha rimesso in libertà Carlo Caragnulo, 48 anni, di San Donaci e Pancrazio Parente, 37, di San Pietro Vernotico, finiti in carcere il 13 agosto 2016, e ha disposto la trasmissione degli atti al pm anche per la posizione del denunciante per appropriazione indebita e falsa testimonianza.

Secondo il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Taranto, Pompeo Carriere, ci sono gli estremi per l’esercizio dell’azione penale a carico di tutti e tre in relazione a quanto avvenne il pomeriggio del 13 agosto 2016 a Manduria, in provincia di Taranto. Poco dopo Caragnulo e Parente vennero arrestati dai carabinieri, il 22 novembre scorso il pm ha chiesto il giudizio immediato per entrambi con l’accusa di rapina aggravata, riconoscendo il dipendente del market come parte lesa.

Gli imputati hanno scelto il giudizio abbreviato condizionato all’ascolto del denunciante: Caragnulo con il penalista Marcello Pennetta del foro di Brindisi e Parente con l’avvocato Rosa Albano di Taranto. Entrambi i difensori hanno svolto indagini ulteriori partendo dalla ricostruzione del traffico telefonico: i tabulati hanno svelato contatti intensi fra i tre nel periodo immediatamente precedente alla rapina e di conseguenza i difensori hanno chiesto al dipendente del supermercato di spiegare le ragioni dei contatti giornalieri.

“Questo ha ripetutamente e categoricamente negato rapporti, ma è emersa l’assoluta falsità di tali dichiarazioni”, ha scritto il gup. “Alla luce di tale accertata e palese menzogna, risulta assolutamente credibile la tesi degli imputati secondo i quali vi era un accordo fra i tre, tutti all’epoca consumatori di sostanza stupefacente, per simulare la rapina”, è scritto ancora nell’ordinanza. “All’origine dell’accordo vi era il fatto che il dipendente del market aveva un debito per somme anticipate da Parente e Caragnulo per l’acquisto di cocaina poi assunta un comune e per un lavoro edile e di falegnameria eseguito tre anni prima in un’abitazione estiva di Torre Lapillo, in quest’ultimo caso nei confronti solo di Caragnulo”.

L’accordo prevedeva che il “dipendente del market avrebbe lasciato l’auto, una Bmw, intestata al titolare dell’esercizio commerciale, appena fuori Manduria, sulla strada per Avetrana, per consegnare il denaro ai complici i quali sarebbero arrivati all’appuntamento con una Ford Focus di proprietà di Parente”. Il dipendente, successivamente, avrebbe sporto denuncia. Cosa successe dopo? Qualcosa non andò come previsto. “L’elemento imprevisto fu rappresentato dal fatto che la Ford subì un guasto e rimase bloccata a circa 200 metri dal punto in cui era stata abbandonata la Bmw”, sostiene il gup. Ed è lì che furono trovati dai carabinieri, alla ricerca dei due banditi descritti nella denuncia. Non furono trovati né il fucile, né i passamontagna descritti dal dipendente.

Caragnulo e Parente si avvalsero della facoltà di non rispondere perché contavano “che sul fatto che il loro amico dicesse la verità, essendo il piano saltato”. Il gup, alla fine, ha disposto la scarcerazione dei due, accogliendo l’istanza dei difensori Pennetta e Albano.

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