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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Rapina in trasferta a Nardò: due condanne

BRINDISI - Non solo furono ritenuti i rapinatori che assaltarono una gioielleria di Nardò, ma furono trovati in casa i gioielli prelevati, un bottino da 160 mila euro. Ora sono stati condannati al termine di un giudizio abbreviato celebratosi a Lecce. Si tratta di due giovani brindisini, Marco Russo di 22 anni e Davide Di Lena.

BRINDISI - Non solo furono ritenuti i rapinatori che assaltarono una gioielleria di Nardò, ma furono trovati in casa i gioielli prelevati, un bottino da 160 mila euro. Ora sono stati condannati al termine di un giudizio abbreviato celebratosi a Lecce. Si tratta di due giovani brindisini, Marco Russo di 22 anni e Davide Di Lena, di 24 anni: Di Lena, personaggio ben noto alle forze di polizia, con una lunga sfilza di precedenti specifici dovrà scontare 4 anni di reclusione, è difeso dall’avvocato Laura Beltrami; Russo, invece, 3 anni e 4 mesi, ed è difeso dall’avvocato Gianvito Lillo.

Nel settembre 2012 i due furono arrestati dagli uomini della Sezione antirapina della Squadra mobile di Brindisi diretti e coordinati dal vicequestore Alberto Somma e dall’ispettore capo Giancarlo Di Nunno, che indagarono insieme ai colleghi della Mobile di Lecce e del commissariato di Nardò. Il colpo fu messo a segno alle 10.40 del mattino: i due si finsero interessati all’acquisto di gioielli.

All’interno della gioielleria c’erano altri clienti, compresa una coppia con un bambino di pochi anni, che furono fatti uscire. Uno dei brindisini afferrò la commessa per il collo e le puntò la pistola alla tempia. L’altro colpì il proprietario a una spalla, lo spinse per terra e gli legò mani e piedi con le fascette di plastica chiudendogli la bocca con il nastro adesivo. I due presero tutto quel che potevano e fuggirono via.

Solo dopo qualche minuto una dipendente, tagliando le fascette dopo essere riuscita a prendere una forbice da un cassetto del bancone, riuscì a dare l’allarme e giunsero sul posto gli agenti del vicinissimo commissariato di Nardò, che avviarono le indagini partendo da un dato certo. I banditi non erano del posto, altrimenti non avrebbero rischiato così tanto, facendo ingresso nella gioielleria con il volto scoperto.

 

 

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