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Cronaca

“Ero io quello armato nella gioielleria: pistola vera, ho esploso due colpi in alto”

Andrea Caroli, 19 anni, al gip: “Non ero da solo, l’altro aveva un’ascia, ma non faccio nomi. Non so dove sia finita la pistola”. Musio e Gorgoni ammettono di essere stati complici: “Abbiamo aspettato in auto”

BRINDISI – Il più giovane dei tre brindisini, arrestato per la rapina nella gioielleria Stroili Oro del centro commerciale Le Colonne, ha tentato di nascondersi tra la vegetazione che separa il palazzetto dello sport di contrada Masseriola dal poligono di tiro. Andrea Caroli, 19 anni il prossimo aprile, è stato trovato in un cespuglio. Oggi, in carcere ha confessato parlando in prima persona: “Ero io quello armato, ho sparato due colpi in aria per bloccare una guardia giurata. Non ero da solo, ma non voglio fare i nomi dell’altro”.

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La convalida degli arresti e le confessioni

L’altro, il secondo esecutore materiale, avrebbe usato un’ascia per rompere le vetrine e raccogliere i gioielli, per un valore complessivo che supera i centomila euro.  Come Caroli, l’altro ha indossato una tuta di colore bianco, per fare irruzione nell’oreficeria della galleria commerciale. Stefano Musio e Francesco Gorgoni, brindisini anche loro, 22 e 21 anni, arrestati subito dopo il colpo, sarebbero stati in auto ad aspettare. Questo, almeno, è stato il racconto degli indagati che restano tutti in carcere.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, Tea Verderosa, ha convalidato gli arresti in flagranza di reato, eseguiti dagli agenti della Mobile, a distanza di poco dal colpo consumato il 14 gennaio scorso, alle 13,27. Il primo a essere stato fermato, è stato Musio: è stato bloccato nelle campagne dello svincolo che collega i rioni La Rosa e Sant’Elia, da un poliziotto assieme al capo della Mobile, Antonio Sfameni. L’auto di servizio degli agenti ha incrociato la Lancia Y, segnalata come quella usata per la fuga dopo la rapina: i numeri di targa sono stati annotati da una guardia giurata. Musio ha corso fino a quando ha potuto, ma è stato raggiunto e bloccato. Poco dopo è stato trovato Gorgoni, sempre nella stessa zona, e venti minuti più tardi, Caroli.

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La pistola e l’ascia

Caroli, difeso dall’avvocato Daniela d’Amuri, ha reso dichiarazioni spontanee: “A commettere materialmente la rapina siamo stato in due”, avrebbe detto. “Io avevo una pistola vera, non giocattolo”, avrebbe precisato. “Una semiautomatica Beretta calibro 7,65, ma non sono che fine ha fatto ora”. Non ha riferito neppure la provenienza dell’arma.

“Durante l’uscita ho esploso due colpi in alto per rendere più agevole la nostra fuga. L’ho fatto per intimorire una persona che mi è sembrata una guardia giurata che, se non ricordo male, stava venendo da sinistra”.

Le immagini visionate dagli agenti e acquisite agli atti, mostrano che il rapinatore armato, indossava uno scaldacollo, poi trovato nella Lancia Y. L’altro aveva nella mano destra un’ascia e un piede di porco nell’altra.

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Le auto usate

Gorgoni, difeso dall’avvocato Giuseppe Guastella, e Musio, difeso dall’avvocato Laura Beltrami, hanno dato identica versione, sostenendo che il loro ruolo fosse quello di “aspettare gli altri”, restando nella Lancia. L’auto è di proprietà del primo. Nessuno ha fatto i nomi degli altri. Musio, subito dopo essere stato arrestato, ha fornito indicazioni su dove trovare l’altra auto, una Giulietta Alfa Romeo, risultata rubata a Talsano, in provincia di Taranto, il 3 gennaio scorso. Sarebbe stata usata da Caroli e dall’altro (il quarto che manca all'appello)  per raggiungere il centro commerciale.

La personalità degli indagati

Il pubblico ministero ha evidenziato la “fredda determinazione degli indagati e il persistente motivo di lucro che li ha indotti a commettere il reato di rapina aggrava in pieno giorno, in luogo affollato, non curanti delle possibili conseguenze anche a danno di inermi avventori del centro commerciale”. Il quadro relativo alle esigenze cautelari è stato condiviso dal gip: “Misure meno afflittive”, come gli arresti domiciliari, “non sarebbero state in grado di arginare l’elevata pericolosità degli indagati i quali hanno ancora la disponibilità dell’arma, non essendo stata rinvenuta”. Restano tutti e tre in carcere.

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