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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Ricorre al Tar contro l'avviso orale del questore, ma perde il primo round

TORRE SANTA SUSANNA – Non ritiene che ci siano le condizioni per l’avviso orale, primo gradino dei provvedimenti che può disporre il questore nei confronti di persone ritenute socialmente pericolose o, comunque, piuttosto pronte a commettere reati. E per questo Antonio Carluccio, nativo di Torre Santa Susanna, legato ai fratelli Bruno che da anni gravitano nella Sacra corona unita, ha iniziato una battaglia legale con ricorso al Tribunale amministrativo di Lecce. Ma gli è andata male, almeno in questo grado di giudizio.

TORRE SANTA SUSANNA – Non ritiene che ci siano le condizioni per l’avviso orale, primo gradino dei provvedimenti che può disporre il questore nei confronti di persone ritenute socialmente pericolose o, comunque, piuttosto pronte a commettere reati. E per questo Antonio Carluccio, nativo di Torre Santa Susanna, ritenuto legato ai fratelli Bruno che da anni gravitano nella Sacra corona unita, ha iniziato una battaglia legale con ricorso al Tribunale amministrativo di Lecce. Ma gli è andata male, almeno in questo grado di giudizio.

Il Tar, Prima sezione di Lecce, ha rigettato il ricorso (come aveva già fatto in precedenza il prefetto di Brindisi) ritenendo più che validi i motivi che hanno indotto il questore di Brindisi a emettere il provvedimento. “La tesi del difetto di motivazione – fanno notare i giudici del tribunale amministrativo -, articolata dalla difesa, pur essendo in qualche modo suggestiva, non può essere seguita. Invero, è ben possibile trarre il giudizio di pericolosità dal nomen iuris del reato in relazione al quale il soggetto avvisato ha riportato denunce, trattandosi di un elemento che, sebbene di tipo indiziario, risulta sintomatico della capacità , in linea generale, di dirigere la propria condotta verso svariate modalità di comportamento antisociale . Tanto deve dirsi con riguardo alla fattispecie concreta , rispetto alla quale il ricorrente è stato avvisato dal Questore a causa di una serie di denunce per fatti che ledono , rispettivamente, il bene giuridico della incolumità personale, del patrimonio , della salute , e ancora, per violazioni della legge sugli stupefacenti”.

“Si deve, inoltre, sottolineare – scrivono ancora i giudici nella motivazione del provvedimento di rigetto - che le denunce in questione concernono episodi relativamente recenti , rispetto ai quali è stata legittimamente affermata la necessità di un provvedimento di natura preventiva che , essendo privo di una dimensione gravemente afflittiva nei riguardi dell’interessato, costituisce adeguato monito a tenere condotta consona ai canoni del vivere civile”.

Carluccio è un nome che ricorre spesso nelle attività investigative dei carabinieri. Attualmente è imputato a piede libero nel processo denominato “Canali” (dal nome della masseria della famiglia Bruno), assieme a Andrea Bruno e il nipote Vincenzo (figlio del  pezzo da novanta della Scu Ciro, rinchiuso in carcere di massima sicurezza da anni), i cugini Emanuele, Daniele e Cosimo Melechì, tutti di Torre Santa Susanna, Giuseppe, Graziano, Piero e Vito Fai, di Tuturano, e Cosimo Damiano Torsello, originario di Alessano, residente a Torre Santa Susanna. Un processo che riguarda una presunta associazione mafiosa finalizzata alle estorsione e ad allungare le mani sull’energia alternativa.

Incensurato. Su questo versante i difensori Sergio De Giorni ed Ernesto Sticchi Damiani, hanno basato il loro ricorso al Tar contro il provvedimento di “avviso orale” notificato a Carluccio il 15 aprile 2008 dai carabinieri della Compagnia di Francavilla Fontana. Le denunce non sono condanne; alle denunce seguono i processi dai quali si può essere assolti. Contro l’avviso orale Carluccio presentò ricorso in via gerarchica al prefetto di Brindisi. Ricorso che fu rigettato il 15 ottobre del 2008 e notificato all’interessato il 30 dello stesso mese. E quindi si rivolse al Tar.

“Nel catalogo delle misure di prevenzione di carattere personale contemplate dalla legge 27 dicembre 1956 n.1423 – afferma il Tar -, l’avviso orale del Questore costituisce il primo strumento che l’ordinamento mette a disposizione della autorità di pubblica sicurezza allo scopo di prevenire la commissione di fatti aventi penale rilevanza, o, più in generale, di arginare la tendenza di alcuni consociati ad assumere condotte antigiuridiche.

Il presupposto applicativo dell’avviso orale è rappresentato dalla pericolosità del soggetto la quale, tuttavia, coerentemente al sistema di prevenzione che accompagna, completandolo in uno alle misure di sicurezza, il circuito delle misure di difesa della collettività dal delitto, può legittimamente prescindere dalla precedente e conclamata consumazione di reati. In altri termini, il sistema delle misure di prevenzione trova applicazione ante o praeter delictum, e è affidato alla ragionevole probabilità che il destinatario della misura compia in futuro atti criminosi ma, per operare in concreto, non richiede il grado di certezza che normalmente scaturisce dalla irrogazione di condanne passate in giudicato.

E detta ragionevole probabilità può essere fondata su mere denunce riportate dall’interessato , le quali , pur non dovendo culminare necessariamente in un giudizio di penale responsabilità , dimostrino con un certo grado di sufficienza che il soggetto è incline a condotte di vita antisociale.

Ritiene, a tal proposito il Collegio che la sussistenza di una pluralità di denunce  nei confronti del ricorrente , risultato coinvolto in fatti capaci di arrecare offesa a varie tipologie di beni giuridici appare , di per sé, elemento idoneo e sufficiente per desumerne un certo livello di pericolosità tale da esigere, quantomeno, un formale richiamo da parte dell’autorità di pubblica sicurezza a tenere una condotta di vita conforme a legge.

La tesi del difetto di motivazione articolata dalla difesa,pur essendo in qualche modo suggestiva, non può essere seguita. Invero, è ben possibile trarre il giudizio di pericolosità dal nomen iuris del reato in relazione al quale il soggetto avvisato ha riportato denunce , trattandosi di un elemento che, sebbene di tipo indiziario, risulta sintomatico della capacità , in linea generale, di dirigere la propria condotta verso svariate modalità di comportamento antisociale”.

La battaglia di Carluccio continua. Non si ferma a questa decisione del Tar. Ritiene di avere ragione e quindi i suoi legali proporranno ricorso al Consiglio di Stato.

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