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Cronaca San Pancrazio Salentino

Minacce a imprenditore che aveva denunciato il racket: condannato boss Bruno

Minacciarono un imprenditore per indurlo a ritirare la querela nei confronti di due estorsori: il boss Scu Andrea Bruno, di Torre Santa Susanna, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione, mentre altre due persone di San Pancrazio Salentino, Salvatore Gennaro e Vito Maci, sono state condannate a 2 anni.

SAN PANCRAZIO SALENTINO - Minacciarono un imprenditore per indurlo a ritirare la querela nei confronti di due estorsori: il boss Scu Andrea Bruno, di Torre Santa Susanna, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione, mentre altre due persone di San Pancrazio Salentino, Salvatore Gennaro e Vito Maci, sono state condannate a 2 anni. L’episodio in questione si verificò nell’autunno del 2007 e coinvolse, in qualità di vittima, l’imprenditore Cosimo Maggiore, titolare di un’impresa di San Pancrazio che aveva denunciato ai carabinieri di aver subito estorsioni. Fu all’ora che a Maggiore fu assegnata la scorta.

Oggi la conclusione del primo grado del processo e la decisione del giudice monocratico Luca Scuzzarella che ha accolto in toto le richieste del pm Luca Buccheri che ha sostenuto l’accusa. Fu proprio per quei fatti che fu arrestato per la prima volta Andrea Bruno (difeso dagli avvocati Cosimo Lodeserto e Vito Epifani) poi scarcerato per un vizio di forma dalla Cassazione e riarrestato quindi nel blitz ‘Canali’ l’anno successivo, con l’accusa di mafia, estorsioni e droga (è stato condannato a 30 anni di reclusione) dopo aver trascorso un lungo periodo di latitanza.

Andrea Bruno: 34 anni di carcereSecondo quanto fu ricostruito dai carabinieri di Francavilla Fontana in seguito alla denuncia sporta da Maggiore nei confronti di altre due persone che gli avevano chiesto il pizzo, Gennaro e Maci si recarono a prelevarlo dalla sua azienda di San Pancrazio e lo condussero presso un’abitazione in cui lo attendeva anche Andrea Bruno, condotto lì per far pesare il suo calibro di esponente Scu e scoraggiare la vittima del racket a proseguire nella propria battaglia giudiziaria.

Maggiore riferì ai carabinieri anche questa vicenda, fu chiesta e disposta un’ordinanza di custodia cautelare. Emerse che in seguito quell’incontro ravvicinato, e del tutto forzato, l’imprenditore era stato minacciato con un coltello e poi ferito, all’addome e all’avambraccio, proprio perché non aveva acconsentito a ritirare la querela. Lo stesso imprenditore, che si è costituito parte civile e ha ottenuto una provvisionale di 10mila euro, ha in seguito denunciato di aver ricevuto altro genere di intimidazioni. 

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