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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Scu, omicidi e ferimenti: 15 imputati in Cassazione. Anche tre pentiti

In attesa della sentenza definitiva, dopo gli arresti nell’inchiesta Zero, ci sono Francesco Argentieri, Marcello Cincinnati, Antonio Epicoco e i collaboratori di giustizia Francesco Gravina, Cosimo Giovanni Guarini e Peppo Leo

BRINDISI – Quindici brindisini hanno presentato ricorso in Cassazione dopo la sentenza di condanna della Corte d’Assise d’Appello di Lecce per gli omicidi a marchio Scu, Sacra Corona Unita, e per i ferimenti nella logica delle vendette dirette e o trasversali.

La Corte di Cassazione

Il processo riguarda gli imputati che scelsero il giudizio con rito abbreviato, ottenendo in tal modo la riduzione di un terzo della pena. In attesa della pronuncia definitiva sui fatti di sangue che hanno fatto la storia del sodalizio di stampo mafioso tra il Brindisino e il Montenegro, dove spesso trovavano riparo i latitanti, ci sono: Francesco Argentiero, per il quale in secondo grado è arrivata la conferma della condanna a 30 anni; Tommaso Belfiore per il quale la Corte  di Lecce ha rideterminato la pena da otto anni e quattro mesi a undici anni, in continuazione con una sentenza precedente; Marcello Cincinnato, condannato da 30 anni a venti, previo riconoscimento delle attenuanti generiche; Diego Dello Monaco, sei anni di reclusione.

In Cassazione, inoltre: Antonio Epicoco, condannato anche in secondo grado a 30 anni; Francesco Gravina, alias Pizzaleo, da 14 anni a 12; Francesco Gravina, detto il Gabibbo, diventato collaboratore di giustizia, da sette anni a sei anni e quattro mesi; Emanuele Guarini, 30 anni; Cosimo Giovanni Guarini, pentito, da otto mesi a quattro mesi in continuazione con altra sentenza.

Imputati, in attesa di pronuncia definitiva, sono anche: Giuseppe Leo, detto Peppo, pentito, condannato in secondo grado a otto anni e otto mesi; Francesco Locorotondo da 14 anni a undici anni, con esclusione dell’aggravante mafiosa; Salvatore Solito, sei anni, e Carmelo Vasta da nove anni a otto, con esclusione dell’aggravante mafiosa.

La sentenza si riferisce ad alcuni degli omicidi ricostruiti nell’inchiesta chiamata “Zero”, così tenuta a battesimo perché imbastita anche sulla base delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno ridotto a zero appunto i segreti dell’associazione di stampo mafioso.

I fatti di sangue confluiti nel giudizio, sono quelli di Antonio Molfetta, detto Toni Cammello, avvenuto nel ’98, e di Nicolai Lippolis, in Montenegro. Nel fascicolo, inoltre, ci sono i ferimenti di Claudio Facecchia, datato 1997, di Tobia Parisi davanti alla discoteca Aranceto di Ostuni nel 2009, di Francesco Gravina e  il tentato omicidio di Francesco Palermo nel 2010. Parte civile è il Comune di Mesagne

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