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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Se disturba il computer non c'è dolo

BRINDISI – L’informatica rende inadeguato il codice penale, ed anche la normativa sulla privacy? Il problema non riguarda il futuro prossimo venturo, ma il presente come dimostra un decreto di archiviazione disposto dal gip del Tribunale di Brindisi.

BRINDISI – L’informatica rende inadeguato il codice penale, ed anche la normativa sulla privacy? Il problema non riguarda il futuro prossimo venturo, ma il presente come dimostra un decreto di archiviazione disposto dal gip del Tribunale di Brindisi, Giuseppe Licci, che chiude il percorso di una querela sporta da una donna del Brindisino che era stata contattata ben otto volte in quindici giorni da un call center per conto di un istituto bancario. La motivazione che ha spedito in archivio il caso? I comportamenti di un sistema dati, in questo caso di una piattaforma fornita alla banca da una azienda appartenente al più importante gruppo pubblico nel settore dell’elettronica, escludono il dolo.

Quindi sono cadute le ipotesi di reato di molestie telefoniche (articolo 660 del codice penale) e quella prevista dall’articolo 167 del decreto 196/2003 “Codice in materia di dati personali”, altrimenti noto come legge sulla privacy, vale a dire il trattamento illecito di dati. Gli indagati erano due manager di primo piano, dei quali uno, alla testa dell’azienda fornitrice del software, difeso dall’avvocato Tommaso Marrazza. Il gip Licci ha sciolto la riserva una paio di giorni prima di Natale, dopo l’ultima udienza in camera di consiglio del 15 ottobre scorso. Il pm aveva proposto l’archiviazione della querela, ma l’interessata si era formalmente opposta, ottenendo dal gip un supplemento di indagini. Ma anche da queste non erano emersi fatti e circostanze tali da poter addebitare ai due indagati condotte penalmente rilevanti.

Cosa era accaduto alla querelante, che si era rivolta anche ad una associazione di consumatori? Era stata contattata otto volte in 15 giorni da un operatore di call center, quindi da un umano, che le offriva i prodotti finanziari di una banca. Un’insistenza, secondo il pm e poi anche il giudice delle indagini preliminari, non dovuta alla volontà di alcuno, tuttavia (tanto meno degli operatori) ma solo alle selezioni delle utenze compiute dalla piattaforma di organizzazione dei dati e delle chiamate.

Quindi, ha concluso il gip, non c’era la volontà di alcuno di voler arrecare molestie e terzi, perché le chiamate avvenivano in modo automatico. Inoltre, il nocumento, la cui sussistenza è essenziale per dimostrare una circostanza come quella prevista dall’articolo 167 delle legge sulla privacy, è stato escluso dallo stesso magistrato, parimenti al dolo anche per l’aspetto del trattamento illecito dei dati.

 

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