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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Strage del Venerdì Santo, condanne confermate per i morti della "Kater I Rades"

LECCE – Per gli 84 morti accertati, quasi tutti donne e bambini, della strage del Venerdì Santo 1997 nel Canale d’Otranto, alle 2 del mattino di oggi la Corte d’Appello di Lecce ha condannato a tre anni e 10 mesi il comandante della vecchia motovedetta albanese “Kater I Rades”, Namik Xhaferi, e a due anni e 4 mesi il comandante della corvetta italiana “Sibilla”, Fabrizio Laudadio, che speronò accidentalmente la vecchia unità di fabbricazione russa.

LECCE – Per gli 84 morti accertati, quasi tutti donne e bambini, della strage del Venerdì Santo 1997 nel Canale d’Otranto, alle 2 del mattino di oggi la Corte d’Appello di Lecce ha condannato a tre anni e 10 mesi il comandante della vecchia motovedetta albanese “Kater I Rades”, Namik Xhaferi, e a due anni e 4 mesi il comandante della corvetta italiana “Sibilla”, Fabrizio Laudadio, che speronò accidentalmente la vecchia unità di fabbricazione russa.

Il procuratore generale Giuseppe Vignola aveva chiesto l’assoluzione per l’ufficiale italiano, ma la corte ne ha ritenuto invece comprovata la responsabilità dolosa nella tragedia del 28 marzo 1997, quando il “Sibilla” in servizio anticlandestini tentò con varie manovre di indurre la “Kater I Rades” a tornare indietro. La vecchia motovedetta, stracarica di esseri umani, la maggior parte dei quali stipati sottocoperta, manovrava male e durante l’ennesima serie di virate e controvirate finì davanti alla prua della nave militare, inabissandosi quasi subito. In primo grado l'albanese era stato condannato a 4 anni, Laudadio a 3 anni.

Per le donne, i bambini e gli anziani sottocoperta non vi fu scampo. Il Canale d’Otranto diventò la loro tomba liquida. La “Kater I Rades” era uscita dal porto di Valona alle 16. I superstiti furono solo 37, soccorsi dall’equipaggio della corvetta italiana. Fu la procura di Brindisi, con l’allora pm Leonardo Leone De Castris, assieme alla squadra mobile a svolgere le indagini nel riserbo più assoluto, blindandole da pressioni esterne che sembra non mancarono.

Fu sempre la procura, diretta all’epoca dal compianto Bruno Giordano, a decidere anche che il relitto della motovedetta ed il suo pietoso carico andassero recuperati per non far mancare alla ricostruzione dei fatti elementi di prova e riscontri essenziali, ma anche per restituire quelle 84 salme alle famiglie disperate. Fu incaricata una nota società di recuperi subacquei, che individuò la motovedetta (che era lunga appena 21 metri), a ben 770 metri di profondità, riuscendo poi a ripescarla. Il relitto fu portato nel porto medio di Brindisi a bordo di un pontone, sotto gli obiettivi di telecamere della tv di mezzo mondo.

In primo grado sia Xhaferi che Laudadio furono condannati a tre anni, in appello dunque la pena al comandante italiano è stata ridotta di un anno, ma non annullata come chiedeva la procura generale. La sentenza è stata emessa dopo 13 ore di camera di consiglio, quindi non si è trattato di una decisione semplice.

La conferma delle responsabilità dell’unità militare, e di conseguenza dello Stato italiano, sono l’unica ragione di soddisfazione da parte dell’Osservatorio sui Balcani di Brindisi e del Comitato permanente Italia-Albania, che tuttavia ritengono l’esito della vicenda processuale della strage del Venerdì Santo non proporzionata alla portata del dramma umano, denunciano la distrazione del governo albanese rispetto al caso (per ragioni di relazioni economiche, accusano i due movimenti), e paragonano il caso ad altre tragedie recenti della storia italiana rimaste senza colpevoli, come quella del DC9 Itavia caduto a Ustica.

Ma qui comunque la storia non si è chiusa senza accertamenti di responsabilità. Ora però, chiedono sempre i due movimenti, si offra almeno un risarcimento morale simbolico alle famiglie delle vittime finanziando il trasporto del relitto della “Kater I Rades” a Valona, affinchè se ne possa fare un monumento a ricordo di quei morti. La motovedetta è già stata salvata una prima volta dalla demolizione per intervento dei giudici di appello, ai quali si erano rivolti militanti dei movimenti di solidarietà e la parlamentare del Pd salentino, Teresa Bellanova. Lo scafo è rimasto però sempre in un deposito della Marina Militare, e i termini per la demolizione sono stati soli rimandati.

“Oggi il nostro cuore è ancora di più vicino al loro, vicino ai genitori  e ai familiari di Zhylien Basha, 3 anni, Lindita Demiri, 12 anni, Kristi Greco, 3 mesi, Credenza Xhavara  6 mesi ,  Kedion Sula, 2 anni, Dritero Bestrova 10 anni e Kostantin, 2 anni, Gerald Xhavara, 5 anni,  Kamela Xhavara, 10 anni, e tante altre anime di angeli gettati in un abisso del Canale d’Otranto”, ricordano l’Osservatorio dei Balcani e il Comitato permanente Italia-Albania di Brindisi.

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