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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

“Tangenti Enel, verso il processo: prove evidenti della corruzione”

Il gip concorda con i pm: "A carico di Carlo De Punzio non semplici indizi, ma elementi idonei a ritenere provata la responsabilità". Dopo le dichiarazioni dell'imprenditore che tentò il suicidio, ascoltati altri due titolari di impresa sulla posizione del responsabile Ambiente: fuori dalla centrale era conosciuto come addetto alle relazioni esterne. E' il solo a essere finito in carcere, il primo a essere interrogato

BRINDISI – “Non semplici indizi, ma elementi idonei a ritenere provata la responsabilità di corrotti e corruttori”: le tangenti dietro gli appalti Enel nella centrale di Cerano ci sono state in diverse occasioni, contaminando più di qualche bando di gara per la “sete di denaro” e il desiderio di “innalzare il proprio tenore di vita”.

Conferenza inchiesta appalti Enel

Ne è convinto il gip del Tribunale di Brindisi Stefania De Angelis che ha “condiviso integralmente la qualifica giuridica dei fatti contestati dai pubblici ministeri”, Milto Stefano De Nozza e Francesco Vincenzo Carluccio, i quali hanno già chiesto l’incidente probatorio per ascoltare l’imprenditore che ha denunciato di aver pagato mazzette, in vista del processo.

Il titolare dell’azienda, originario di Monteroni di Lecce, è rimasto indagato a piede libero, dopo aver reso dichiarazioni, successivamente al tentativo di suicidio, mentre gli altri, i cinque dipendenti della centrale Federico II, sono finiti agli arresti: in carcere Carlo De Punzio, responsabile all’Ambiente della divisione di Cerano, ma conosciuto dall’imprenditore come responsabile alle relazioni esterne; ai domiciliari Domenico Iaboni, Fabiano Attanasio, Vito Gloria e Nicola Tamburrano.

A De Punzio sono contestate condotte gravi così come il tentativo di inquinare le prove e sarà il primo ad affrontare l’interrogatorio di garanzia. Condotte riscontrate, definite dallo stesso gip provate perché le dichiarazioni del titolare dell’azienda sono state puntualmente riscontrate. In che modo? La conferma alle accuse è arrivata – stando a quanto si apprende dall’ordinanza di custodia cautelare – dall’ascolto di altri due imprenditori, sentiti in qualità di persone informate sui fatti perché hanno eseguito lavori presso l’abitazione di De Punzio. Con fatture pagate non già da questi, ma dal titolare della ditta che tentò di togliersi la vita nel momento in cui la sua azienda rimase senza liquidità. I conti furono prosciugati dal continuo alimentare le provviste per pagare le tangenti.

I riscontri, inoltre, sono arrivati dalla documentazione prodotta dallo stesso professionista che ha conservato copia degli assegni, delle fatture e persino colloqui telefonici registrati in cui si sente De Punzio. Il sigillo al materiale che da indiziario è diventato probatorio, è arrivato con l’informativa consegnate dal colonnello Tiziano La Grua  della Guardia di Finanza.

Il quarto gruppo della centrale Enel di Cerano-4

La conclusione scritta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi nell’ordinanza di arresto è la seguente: “Gli elementi consentono di ritenere che ricorrano non, semplicemente, gravi indizi di colpevolezza a carico di Carlo De Punzio, ma elementi idonei a ritenere provata la penale responsabilità dello stesso in ordine al delitto di corruzione contestato. Questo giudice condivide integralmente la qualificazione giuridica dei fatti ritenuta dai Pubblici Ministeri”.

Quanto alla posizione dell’imprenditore, “non è dubbio che il denunciante, lungi dall’essere vittima di indebite pressioni, abbia assunto il ruolo di concorrente nell’accordo corruttivo. “Probabilmente non immaginava che, come spesso accade, il sistema di corruzione lo avrebbe portato ad un sostanziale fallimento: le offerte presentate per vincere le gare di appalto erano particolarmente basse; i costi erano elevati e lievitavano a causa della assunzione di lavoratori già impiegati presso le precedenti imprese appaltatrici richiesta dall’azienda committente”, si legge nel provvedimento di arresto. “La sete di denaro dei numerosi dipendenti infedeli determinava un ricorso continuo alle casse della ditta”.

Nei confronti di De Punzio il gip ha ordinato  “il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta obbligatoria del prezzo del reato di corruzione continuata contestato nella misura di euro 154.972”. Si tratta della somma “corrispondente al totale del prezzo conseguito per effetto delle dazioni compiute dall’imprenditore” da intendere quale confisca di qualsiasi somma di denaro che sarà rinvenuta nella disponibilità materiale e giuridica dell’indagato, in contanti oppure come saldo attivo su deposito, libretto, conto comunque intestato o cointestato all’indagato ed in via subordinata il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, obbligatoria, fino alla concorrenza del valore di 154.972, nonché di beni immobiliari.

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