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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Traffico di cocaina e hashish dalla Spagna: due brindisini in carcere

Giovanni Cannalire, 48 anni, e Orlando Carella, 47, già arrestati nell’inchiesta Last Travel sono indagati dalla Dda di Torino: alcuni aderenti al presunto sodalizio avrebbe avuto contatti con la ’Ndrangheta. I capi trovati a Malaga

BRINDISI – Cocaina e hashish dalla Spagna a Torino e poi giù in Puglia e in Calabria, anche con la complicità di due brindisini, arrestati all’alba, nell’inchiesta della Dda del capoluogo piemontese: Giovanni Cannalire, 48 anni, e Orlando Carella, 47, sono finiti di nuovo in carcere, dopo aver patteggiato la pena per l’accusa legata al trasporto di droga, nascosta nei palloncini stipati nel bagagliaio di un’auto da Torino a Brindisi, nell’estate del 2016.

Le accuse nei confronti dei brindisini

Giovanni Cannalire-2Dodici le ordinanze di custodia cautelare eseguite oggi. Secondo gli inquirenti, Cannalire, da qualche tempo residente a Torino dove gestisce un autolavaggio, avrebbe fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, con a capo Cosimo Piscionieri, trovato e arrestato a Malaga assieme al suo braccio destro Mario Antonio Di Giacomo. Questi ultimi sono stati fermati dai carabinieri del Ros nella Costa del Sol, luogo considerato di “Bellavita”, nome con il quale è stato tenuto a battesimo il blitz odierno. Lontano dall’Italia avevano scelto di divere da diversi mesi e qui  i due, secondo quanto è contestato nell’ordinanza di custodia cautelare, avrebbero avuto modo di imbastire legami per continuare a gestire il narcotraffico.

Carella, panettiere, invece, pur non essendo inserito nel sodalizio, avrebbe ricevuto da Cannalire quantitativi di droga destinati alla piazza del Brindisino, da trasportare in auto oppure in autocarri con doppio fondo. Con modalità identiche a quelle già scoperte nell’inchiesta precedente dei carabinieri chiamata Last Minute, coordinata dal pm Valeria Farina Valaori, chiusa con un patteggiamento per entrambi. Per Carella, il conto era stato chiuso a tre anni e quattro mesi su richiesta del difensore Giuseppe Guastella; mentre per Cannalire a tre anni, su richiesta dell’avvocato Ladislao Massari.

Gli arresti precedenti
CARELLA Orlando, classe 1969-2Le indagini partirono da un inseguimento nei pressi del centro commerciale Ipercoop di Brindisi, avvenuto il 9 agosto 2016, il cosiddetto ultimo viaggio: in quella occasione i carabinieri del Norm riuscirono a bloccare una Fiat Croma, alla cui guida c’era Antonio Di Giovanni, residente a Torino, accanto a lui Giovanni Cannalire, il suocero il quale riuscì a fuggire a piedi. Nei palloncini erano stati nascosti quasi 85 chili di hashish, sistemati in cartoni stipati nel portabagagli. Nell’auto furono trovate undici banconote false del taglio di 50 euro ciascuna, per un valore complessivo di 550 euro.

Dal capoluogo piemontese, stando ai risultati degli accertamenti, arrivavano stock di droga destinati a Brindisi e smistati tra diverse persone alcune delle quali avrebbero potuto contare su nascondigli ricavati nelle vecchie gubbie usate per occultare le sigarette di contrabbando ai tempi di Marlboro city. Dalle intercettazioni ambientali in auto, fonti di prova, emerse che gli incontri per la consegna della droga avvenivano in contrada Muscia, alle porte del rione Sant’Elia.

Determinanti le conversazioni nella Opel Meriva in uso a Orlando Carella, arrestato il 24 agosto 2016: nel motore della Opel Meriva furono trovati due chili di hashish, altri tre erano stati nascosti nella lavatrice. Venne fermato a un posto di blocco in via Sant’Angelo: sembrava un controllo ordinario, si è poi scoperto che i militari lo stavano monitorando avendo il sospetto che fosse coinvolto nell’attività di spaccio della droga, dopo aver accertato legami con Giovanni Cannalire. Quanto, poi, alla mappa degli incontri, i contatti vis à vis avvenivano tra i rioni Sant’Elia, Commenda e in particolare tra via Seneca e via Romolo, Paradiso e Perrino.

L’inchiesta della Dda di Torino

L’inchiesta della Dda di Torino ha portato in carcere, oltre ai due brindisini: Sandro  Brancadoro Sandro, torinese;  Mario Contrò, catanese trapiantato a Caselle; Antonio Di Giovanni, torinese;  Natale Lupia, catanzarese trapiantato a Torino; Francesco Pannozzo, torinese; Cosimo Piscionieri, originario di Caulonia (Reggio Calabria) trapiantato in Spagna; Antonio  Squillaci Antonio, cauloniese; Bruno Trunfio chivassese. Luigi Tommaso Trisolino, 80 anni,  leccese trapiantato a Torino è stato posto agli arresti domiciliari, per Giovanni Vittorio, torinese disposto l’obbligo di dimora nel comune di Torino.

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La droga, acquistata in Marocco e importata dalla Spagna all’Italia per essere commercializzata in prevalenza a Torino, arrivava nel nostro Paese nascosti in doppi fondi ricavati all’interno di autocarri o auto noleggiate o intestate a prestanome. I primi a finire nel mirino dei carabinieri sono stati Franco Pannozzo e Natale Lupia, nomi noti nel panorama criminale torinese, per i loro continui spostamenti tra l’Italia e la Spagna, in particolare a Huelva e Malaga. I due, inoltre, avrebbero partecipato a incontri tra il Piemonte, la Lombardia, la Liguria e la Calabria. Con loro numerosi esponenti vicini alla criminalità organizzata calabrese, come Mario Contrò, Luigi Trisolino, Bruno Trunfio (ex assessore di Chivasso già condannato nel processo Minotauro), Antonio Squillace (trasferitosi dalla Locride), Mauro e Sandro Brancadoro.

La villa a Malaga

Pannozzo e Lupia sono stati ripresi dai militari del  Ros mentre si recavano nella lussuosa villa a Huelva di Rocco Piscioneri, poi decedeuto, figura chiave dell’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, fratello di Cosimo. Quando l’indagine è scattata, nel 2012, Rocco Piscioneri risiedeva in Spagna da più di vent’anni ed era già arrestato negli Anni Novanta nell’operazione Elianto (nel Torinese furono sequestrati circa duecento chili di cocaina). In quella circostanza venne arrestato anche Giuseppe Belfiore, fratello di Domenico, condannato come mandante dell’omicidio di Bruno Caccia, il procuratore di Torino ucciso in un agguato nel mese di giugno 1983. I carabinieri del Ros ricordano l’amicizia di vecchia data con Rocco Schirripa, arrestato nel 2015 e condannato lo scorso luglio all’ergastolo come esecutore materiale dell’omicidio Caccia.

Gli arresti di oggi sono stati eseguiti dai carabinieri del Ros, coadiuvati dai militari dei Comandi Provinciali di Torino, Reggio Calabria, Genova e Brindisi, oltre che dai poliziotti spagnoli dell’Udyco (Unidad de Drogas y Crimen Organizado).

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