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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Cellino San Marco

Padre e figlio in Tribunale: lite dopo un assegno di 130mila euro

Il genitore ottiene un decreto ingiuntivo: “Non ha pagato la fornitura di vini”. Il figlio: “Era a titolo di garanzia”. E il giudice sospende l’efficacia esecutiva dell’assegno

CELLINO SAN MARCO – Padre e figlio, entrambi imprenditori noti nel settore vinicolo, sono finiti in Tribunale dopo aver “litigato” per un assegno bancario di 130mila euro, arrivato al genitore dopo una fornitura di vini risalente al mese di settembre 2017. A mettere la parola fine (almeno per ora), è stato il giudice: ha ordinato la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo. Stand by, momentaneo.

Il caso

Da un lato c’è il presidente di una cantina di Cellino San Marco, dall’altro  uno dei figli. A dividerli, quell’assegno emesso dal figlio “a titolo di garanzia” dell’acquisto di uno stock di bottiglie per rifornire alcuni punti vendita monomarca presenti a Lecce. Cosa è successo? E’ accaduto che, stando a quanto si legge nella documentazione al vaglio del giudice, quando il padre ha portato l’assegno all’incasso, ha saputo che non c’erano fondi in grado di coprire l’intera somma indicata, pari appunto a 130mila euro, vale a dire il costo della fornitura che doveva essere pagata.

Il presidente della cantina, a quel punto, ha presentato ricorso al giudice per chiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo per 130mila euro, con precetto. Azione legale contro il figlio. E il figlio, a sua volta, ha fatto ricorso per l’opposizione.

Il giudice

Il giudice del Tribunale di Brindisi, Paola Liaci, dell’ufficio Contenzioso, dopo aver letto le istanze dei due e dopo aver ascoltato le ragioni sostenute dai rispettivi avvocati, ha sciolto la riserva: con il provvedimento, depositato in cancelleria lo scorso 5 febbraio, ha di fatto fermato la lite dopo aver richiamato alcuni passaggi della vicenda, in relazione a recenti pronunce della Cassazione.

In primo luogo, il giudice ha riportato il testo di una mail inviata alla cantina  l’8 settembre di due anni fa, da un legale in nome e per conto del figlio. Nel testo c’è scritto che “l’assegno è offerto a mero titolo di garanzia, quindi, senza alcuna possibilità di incassi preventivo”. Essendoci stata tale precisazione, per il Tribunale “non ricorre alcun dubbio in merito alla causa per la quale l’assegno era stato emesso”.

L’assegno

Essendo, così stato chiarito il motivo, ossia la finalità di garanzia, il giudice si è riportato al “condivisibile orientamento della Suprema Corte, secondo cui l’emissione di un assegno in bianco oppur postdatato, cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia, è contrario alle norme imperative e dà luogo a un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume enunciato nell’articolo 1343 del Codice Civile.

Nel provvedimento, quindi lo stesso giudice ha evidenziato che – secondo tale orientamento – “il patto di garanzia sarebbe nullo, stante l’illiceità della causa, essendo stato rilasciato l’assegno privo di data”. E ha anche posto in rilievo la “pendenza di molteplici cause derivanti dall’opposizione ai decreti ingiuntivi emessi” nei confronti del titolare dei negozi monomarca, “rende incerto il quantum, con conseguente indeterminatezza della somma garantita”. Da qui la decisione: sospensione dell’efficacia esecutiva dell’assegno.

I presunti danni

Cosa succederà adesso? A quanto pare il figlio avrebbe già contattato il proprio legale per procedere con una nuova azione legale nei confronti del padre, allo scopo di chiedere al Tribunale di condannare il genitore a pagare i danni che sostiene di aver avuto (tuttora). Perché dopo che quell'assegno è andato in protesto, avrebbe avuto difficoltà in banca, dovendo bloccare i progetti già presentati e - pare - approvati dal Comune. 

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