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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Truffa alle assicurazioni: il capo era uno solo, il meccanismo era perfetto

BRINDISI – Il meccanismo era pressoché perfetto, quasi infallibile. Quasi, prima che tutti i piani venissero smascherati dagli investigatori. La banda che intascava i soldi delle assicurazioni simulando o causando volontariamente incidenti stradali si reggeva su un capo di riferimento e su altri componenti che, pur non avendo molta autonomia, diventavano indispensabili per gli ingranaggi della truffa. Tutti attendevano di conoscere da Angelo Balestra, considerato dalla Procura come la “figura centrale di tutto l’organigramma malavitoso”, le mosse che dovevano essere attuate. Era lui, d’altra parte, titolare di una carrozzeria in via Osanna, quartiere Cappuccini, ad acquistare le auto (sempre presso un autosalone di San Vito dei Normanni), e poi ad intestarle ad altre persone che direttamente o con l’aiuto di terzi finivano coinvolti nel giro di qualche settimana in incidenti stradali.

BRINDISI – Il meccanismo era pressoché perfetto, quasi infallibile. Quasi, prima che tutti i piani venissero smascherati dagli investigatori. La banda che intascava i soldi delle assicurazioni simulando o causando volontariamente incidenti stradali si reggeva su un capo di riferimento e su altri componenti che, pur non avendo molta autonomia, diventavano indispensabili per gli ingranaggi della truffa. Tutti attendevano di conoscere da Angelo Balestra, considerato dalla Procura come la “figura centrale di tutto l’organigramma malavitoso”, le mosse che dovevano essere attuate. Era lui, d’altra parte, titolare di una carrozzeria in via Osanna, quartiere Cappuccini, ad acquistare le auto (sempre presso un autosalone di San Vito dei Normanni), e poi ad intestarle ad altre persone che direttamente o con l’aiuto di terzi finivano coinvolti nel giro di qualche settimana in incidenti stradali.

IL CAPO – E’ stato proprio il nome di Balestra a far sentire puzza di marcio alle forze di polizia a seguito di un incidente avvenuto il 12 marzo 2008 e che vide coinvolte quattro vetture, con due di queste risultate rubate a Taranto un paio di mesi prima e una che era stata acquistata da Balestra, e poi intestata ad una donna. Balestra, infatti, risultava già coinvolto in passato in inchieste relative a reati contro il patrimonio.

Secondo l’accusa, Balestra era l’organizzatore della maxi-truffa, in quanto acquistava (o si interessava all’acquisto) dei veicoli che venivano poi intestati agli altri indagati, che partecipavano ai sinistri falsi e che ottenevano per sé e per gli altri gli indennizzi assicurativi. Lui era il capo, gli altri sei arrestati risultano tutti compartecipi. Ognuno, anche il fratello di Balestra, agiva secondo le direttive impartite dal capo, e si prestavano ad intervenire nei sinistri nei ruoli rispettivamente di proprietari di veicoli, di conducenti, di trasportati, offrendo l’uso di propri veicoli, riscuotendo il denaro e poi dividendolo con gli altri componenti della banda.

LE TECNICHE – Una volta trovata l’auto, si pensava ad agire, inventando o causando volutamente l’incidente. Per farlo, comunque, bisognava conoscere l’effettiva disponibilità del prestanome, al quale per gli appuntamenti prestabiliti veniva raccomandato di portare con sé carta d’identità, codice fiscale e tessera sanitaria. Poi si agiva, e quando c’era da muoversi, non si poteva perdere tempo (“Gianluca mi serve, come dobbiamo fare?”, chiedeva Angelo Balestra al telefono con Pancrazio Vergari. “Sta lavorando? Mi serve alle due e mezza però lo devo sapere perché devo avvisare il mio avvocato. Vengo io, lo prendo e ce ne andiamo, basta che mi sento telefonicamente io adesso”).

I tempi andavano ovviamente rispettati senza mai sforare, altrimenti il rischio era che potesse andare tutto all’aria.  (“Domani mattina alle 9 passo a prendervi”, diceva Angelo Balestra ad uno degli indagati. “E va bè, alle 9 no, giusto va il bambino all’asilo, dopo un poco”, chiedeva l’altro. “No, alle 9 ci vediamo al bar”, chiudeva Balestra).

Tutti si offrivano per trovare prestanome disposti a rischiare anche “grane” giudiziarie, come quelle che effettivamente ora affronteranno, pur di intascarsi una fetta del premio assicurativo. Chiunque poteva diventare buono alla causa (“Ma adesso devo venire con la mamma?”, in un dialogo tra due. “Come con la mamma? Con la macchina devi venire, non con la mamma”. “Ah! La mamma non la devo fare vedere?”. “Non ti serve la mamma, vieni con la macchina soltanto, porta la fotocopia del documento della mamma pure, poi”).

GLI AVVOCATI – Ci sono anche tre avvocati che risultano indagati. In molti casi, erano a conoscenza della maxi-truffa, in altri si offrivano addirittura di accompagnare il capo in banca per intascare gli assegni (“Io ho parlato con la banca e mi ha detto, mi ha detto sì, è solo un discorso di disponibilità di denaro. Noi vediamoci nel pomeriggio, noi andiamo poi…è impossibile che una banca non tiene…qualche migliaio di euro, significa che siamo proprio fritti, in pratica”).

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