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Truffa sui fondi per le calamità, la Cassazione decide sul dissequestro del residence

BRINDISI - Approda in Cassazione la vicenda della presunta truffa consumata da una imprenditrice del settore con l’appoggio del marito funzionario pro tempore dell’Ufficio agricoltura della provincia di Brindisi, nel frattempo deceduto, in cui sono coinvolte altre quattordici persone (tra le quali anche un’altra dipendente dello stesso ufficio), percependo senza avere diritto, e con falsificazioni varie, denaro destinato dalla Regione Puglia, canalizzandolo attraverso la liquidazione di pratiche fittizie agli agricoltori danneggiati da calamità naturali. L’operazione fu denominata “Pioggia d’oro”: oltre dieci milioni di euro sarebbe stata la cifra finita indebitamente nelle tasche delle persone indagate.

BRINDISI - Approda in Cassazione la vicenda della presunta truffa consumata da una imprenditrice del settore con l’appoggio del marito funzionario pro tempore dell’Ufficio agricoltura della provincia di Brindisi, nel frattempo deceduto, in cui sono coinvolte altre quattordici persone (tra le quali anche un’altra dipendente dello stesso ufficio), percependo senza avere diritto, e con falsificazioni varie, denaro destinato dalla Regione Puglia, canalizzandolo attraverso la liquidazione di pratiche  fittizie agli agricoltori danneggiati da calamità naturali. L’operazione fu denominata “Pioggia d’oro”: oltre 7 milioni di euro sarebbe stata la cifra finita indebitamente nelle tasche delle persone indagate, quasi tutte percettori simbolici.

Il giudice Simona Panzera, contestualmente ai provvedimenti restrittivi (undici in carcere e quattro ai domiciliari) emise provvedimento di sequestro preventivo della masseria Marangiulo, in agro di Cisternino, uno dei bed&breakfast più noti della Puglia. Valore stimato tre milioni di euro. In Cassazione si discuterà del sequestro disposto dal gip. Tecnicamente si parla di “riesame reale”. La proprietaria della masseria, Angela Cucci, 56 anni, nativa di Fasano, residente a Cisternino in contrada Marangiulo, attraverso i suoi legali, gli avvocati Aldo e Mario Guagliani, chiede il dissequestro del B&B. La suprema corte si dovrà pronunciare su questa domanda martedì prossimo.

La presunta truffa secondo gli investigatori, nel caso dei coniugi Guarini-Cucci,  ruoterebbe soprattutto attorno all’operazione per realizzare ed arredare il bed&breakfast. Nel provvedimento di arresti e di sequestro emesso il 16 novembre scorso su richiesta dei pubblici ministeri Adele Ferraro e Antonio Negro tuttavia si fa riferimento all’80% dei fondi lucrati illegalmente, circa 7 milioni,  sugli 11 destinati alle calamità del Brindisino di quel periodo finiti, secondo l’accusa, nelle tasche di Guarini e della Cucci. Quindi si parla di circa 5 milioni di euro, valore cui corrisponde quello dei beni sottoposti a sequestro  il 16 novembre 2009, denaro con il quale la signora avrebbe in parte realizzato il residence in contrada Marangiulo (la somma contestata è di poco superiore al milione di euro). La Cucci figura peraltro tra coloro che percepirono anche formalmente denaro per le calamità: 140mila di risarcimento e 700mila di credito agevolato.

Il 16 novembre la Gdf operò anche gli arresti. In carcere finì la Cucci in compagnia di dieci altre persone (Giuseppe Guzzo, di Torre Santa Susanna; Giuseppa Antonia Convertini di Cisternino, dipendente della Provincia, Ufficio agricoltura; Nicola Amati di Montalbano di Fasano; Graziella Montanaro di Ceglie Messapica, residente a Montalbano; Angela Amati, residente a Montalbano; Anna Maria Carucci, cegliese, residente a Ostuni;  Martino Carucci, cegliese, residente a Ostuni; Domenica Prete, ostunese; Pietro Carucci, cegliese, residente a Ostuni, e Pompilio Lolli di San Donaci). Mentre ai domiciliari furono assegnati Cosima De Matteis, nativa di Torre Santa Susanna, residente a Fasano, Vincenzo Melarosa, di Fasano;  Vito Domenico Carucci, nato a Martina Franca, residente a Ceglie Messapica,  e Rosa Tommasina Montanaro di Ceglie Messapica.

I reati che vengono loro contestati (corruzione, malversazione, falso in atto pubblico, truffa pluriaggravata e percezione indebita di fondi pubblici) iniziano nel 2003 e vengono analizzati sino al 2007, quando – è sempre il sospetto dell’accusa – la macchina divora-soldi si ferma perché sono state fatte acquisizioni di documenti dalla polizia tributaria negli uffici della Provincia e quindi l’inchiesta giudiziaria è diventata nota.

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