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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Fasano

Uccise l'avversario con uno spiedo, il pg chiede conferma condanna a 20 anni

FASANO - Vent’anni, a tanto ammonta la pena richiesta dal procuratore generale della Corte d’assise d’appello di Lecce, Claudio Oliva, a carico del fasanese Arcangelo Navarrino, 42 anni, conferma della condanna di primo grado per avere ammazzato il 41enne Giuseppe Fragasso detto “Il Tranese”. L’omicidio avvenne il 22 giugno mattina di due anni fa, davanti al bar Club Baffo III gestito da Navarrino, conseguenza di una lite scatenatasi all’interno da una assurda banalità: il video-poker dava per scarica la scheda di Fragasso, e da qui prese il via lo scontro prima verbale e poi fisico tra giocatore e gestore del situato in via Nazionale dei Trulli. Entrambi si armarono di spiedi usati la sera per cuocere la carne alla brace. L’epilogo nella piazzetta antistante: dopo un lungo scambio di colpi, du Navarrino ad affondare più volte affondò l’arma improvvisata nel cuore dell’antagonista, ma secondo la difesa dei legali Francesco Saponaro e Vito Epifani, l’imputato non voleva uccidere.

FASANO - Vent’anni, a tanto ammonta la pena richiesta dal procuratore generale della Corte d’assise d’appello di Lecce, Claudio Oliva, a carico del fasanese Arcangelo Navarrino, 42 anni, conferma della condanna di primo grado per avere ammazzato il 41enne Giuseppe Fragasso detto “Il Tranese”.  L’omicidio avvenne il 22 giugno mattina di due anni fa, davanti al bar Club Baffo III gestito da Navarrino, conseguenza di una lite scatenatasi all’interno da una assurda banalità: il video-poker  dava per scarica la scheda di Fragasso, e da qui prese il via lo scontro prima verbale e poi fisico tra giocatore e gestore del situato in via Nazionale dei Trulli. Entrambi si armarono di spiedi usati la sera per cuocere la carne alla brace. L’epilogo nella piazzetta antistante: dopo un lungo scambio di colpi, du Navarrino ad affondare più volte affondò l’arma improvvisata nel cuore dell’antagonista, ma secondo la difesa dei legali Francesco Saponaro e Vito Epifani, l’imputato non voleva uccidere.

Era ultimo giorno della festa patronale della Madonna del Pozzo. Verso le 10 del mattino Fragasso a bordo di una Mercedes classe A, arriva e si ferma davanti al circolo ricreativo nel quale c’è il solo gestore. Da lì a poco inizia la discussione. Nell’interno del locale c’è un barbecue utilizzato nelle serate della festa per arrostire la carne, sul quale sono appoggiati degli spiedi in ferro. I due in un momento di rabbia si armano, escono dal locale e si affrontano in una specie di duello rusticano. La rabbia ha ormai accecato i due uomini che probabilmente non si rendono conto di quello che stanno per fare e che, comunque di lì a poco la vita di entrambi sarà distrutta.

Navarrino fu il più aggressivo. Costrinse l’avversario verso il muretto e all’ennesimo affondo piantò lo spiedo nel lato sinistro del torace di Fragasso. La morte sopraggiunse poco dopo. L’omicida aspettò l’arrivo dei carabinieri che lo sottoposero a fermo, dopodiché fu trasferito nel carcere a Brindisi in stato di arresto. “Non volevo ammazzarlo – ha sempre sostenuto l’imputato -, è stato contro ogni mia intenzione”.

Il giudice del tribunale di Brindisi, che in primo grado fu chiamato a celebrare il rito abbreviato richiesto dalla difesa di Navarrino, condannò l’assassino a vent’anni di reclusione. Il pm Cristina Fasano ne aveva chiesti trenta. Oggi il procuratore generale ha chiesto la conferma della condanna di quella prima sentenza per effetto della quale Navarrino non ha mai più lasciato il carcere. L’ultima parola spetta alla corte d’assise d’appello che esprimerà il verdetto il 27 giugno prossimo.

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