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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Un pò di carcere fa tornare la memoria a Bullone. Che accusa il cognato

BRINDISI – Vito Di Emidio, il “Bullone” del quartiere Sant’Elia, ritrova la memoria e ritorna ad accusare suo cognato Giuseppe Tedesco, il braccio destro e fidatissimo Pasquale Orlando e Daniele Giglio. Ritrova la memoria dopo che due giorni fa è stato arrestato per la revoca del beneficio della detenzione domiciliare di cui stava godendo come collaboratore di giustizia. Resta sempre un collaboratore, si trova rinchiuso in un carcere riservato ai pentiti e i suoi familiari sono protetti. Ma la legge si è riservata una chance nel caso improvvisamente il collaboratore perda la memoria. Come era accaduto a “Bullone”.

BRINDISI – Vito Di Emidio, il “Bullone” del quartiere Sant’Elia, ritrova la memoria e ritorna ad accusare suo cognato Giuseppe Tedesco, il braccio destro e fidatissimo Pasquale Orlando e Daniele Giglio. Ritrova la memoria dopo che due giorni fa è stato arrestato per la revoca del beneficio della detenzione domiciliare di cui stava godendo come collaboratore di giustizia. Resta sempre un collaboratore, si trova rinchiuso in un carcere riservato ai pentiti e i suoi familiari sono protetti. Ma la legge si è riservata una chance nel caso improvvisamente il collaboratore perda la memoria. Come era accaduto a “Bullone”.

La “cura” ha fatto effetto. Di Emidio ha ritrovato improvvisamente la memoria. Tanto da rilasciare dichiarazioni spontanee, a fine udienza, tra lo sconcerto dei suoi familiari: la sorella, moglie di Tedesco, e lo stesso Tedesco sono stati allontanati dall’aula. Il padre e i familiari, infuriati hanno atteso dinanzi al tribunale che transitasse il fuoristrada, scortato da due auto delle forze dell’ordine, sul quale si trovava Di Emidio. “Buffone”,  “infame” gli hanno gridato contro, condendo le parole con il gesto delle corna. Sono le 14 quando tutto finisce. Per l’udienza di domani Vito Di Emidio ha deciso di rinunciare ad essere presente.

Magari per far calmare le acque dopo l’exploit di oggi con il ritorno improvviso della memoria per quanto riguarda gli omicidi di Giacomo Rosselli, Leonzio Casale e Giuliano Maglie. E’ accaduto che a fine udienza Vito Di Emidio ha chiesto di rilasciare dichiarazioni spontanee. Nell’aula Metrangolo è calato il gelo. Alcune settimane fa, nella stessa aula, interrogato per confermare le tante accuse fatte mettere a verbale nel 2002, qualche mese dopo la sua cattura, dimenticò stranamente i coautori di questi tre omicidi. “Sono stato io – disse allora – ma non ricordo chi c’era con me”. Un improvviso e imprevisto vuoto di memoria, tutto sommato ininfluente per l’accusa in quanto supportata dalle sue stesse precedenti dichiarazioni e dalle intercettazioni telefoniche. Ma oggi la memoria gli è tornata. Forse, dice qualche maligno, perché gli erano stati revocati i domiciliari ed era tornato in carcere.

Fatto sta che “Bullone” è tornato a ricostruire quei tre omicidi, aggiungendo qualche dettaglio e inserendo i nomi dei complici. Tedesco, Orlando e Giglio per gli omicidi di Casale e Rosselli, e il solo Tedesco per l’assassinio di Maglie. Per il duplice omicidio di Casale e Rosselli si è “ricordato” che li avevano ammazzati nel garage della villetta di tale Cosimino, al rione Sant’Elia. “Mio cognato  colpì Rosselli con due o tre colpi di piccone alle gambe e lo schiacciò saltandogli sul petto mentre gridava: “La Sacra corona siamo noi”). Dalla gabbia sbotta Tedesco: “Presidente questo si ricorda le cose solo quando vuole. E’ tutto falso, io non ho commesso omicidi, non ho mai fatto reati con lui”. E rivolto al cognato: “Latrina, dille a Motta (il procuratore antimafia; ndr) ‘ste cose, noi non abbiamo fatto niente”. E dal pubblico la sorella di Di Emidio e moglie di Tedesco: “Vigliacco, stai accusando mio marito per non andare in carcere tu”. Il presidente Gabriele Perna ha fatto allontanare entrambi, e “Bullone” ha ripreso le sue dichiarazioni spontanee.

Di Maglie ha detto che fu il cognato ad ammazzarlo su sua richiesta sparandogli un colpo di pistola alla testa e sotterrandolo sotto la cuccia del cane nel giardino della casa di Bar, in Montenegro. Resti che furono trovati tempo fa ma che solo alcune settimane fa i magistrati titolari dell’inchiesta hanno saputo dalle autorità montenegrine che appartengono a Maglie. Nell’udienza di domani sarà affrontata la questione della rogatoria riguardo alla vicenda Maglie. Proseguiamo con le spontanee dichiarazioni. A proposito del cognato dice che gli aveva fatto sapere che lo avrebbe dovuto accusare e quindi lo sollecitava a collaborare con la giustizia. “Ma mio cognato non ne volle sapere e io decisi di proseguire per la mia strada. Chiedo scusa presidente per il comportamento che avuto quando sono stato interrogato. Ero confuso per i problemi che stavo avendo con le forze dell’ordine che mi controllavano. Non io in prima persona, ma mia moglie e i miei figli. Ho sempre detto la verità e l’ho ripetuta oggi. Chiedo scusa. Non ho altro da aggiungere”.

Subito dopo è stato Orlando a chiedere di rilasciare dichiarazioni spontanee. “Presidente sono più contento oggi dopo che ho sentito dire queste cose a Di Emidio rispetto all’altra volta. Sembrava l’altra volta che ci volesse aiutare. E a me non stava bene perché non ho fatto niente. Io per “Bullone” mi sono preso vent’anni. Ma non ho fatto niente. Le accuse si basano solo sulle dichiarazioni del pentito e su intercettazioni che sono un imbroglio. Di Emidio non mi sta aiutando. Mi trovo qua per lui senza che ho fatto niente. Lui è un assassino, non si ammazzano le persone così”. L’udienza era iniziata con l’audizione, in video conferenza, di Benedetto Adriano Stano, pure lui un tempo capo della Sacra corona, poi pentito. Un capo assai strano. Comandava ma non sapeva ciò che i suoi facevano. Viveva in Montenegro e conosceva solo di vista Di Emidio perché pure lui era latitante. Tedesco l’ha conosciuto da ragazzino nel rione Sant’Elia e poi non si è mai più incontrato con lui. Orlando? Non ricorda di averlo conosciuto. E così per tanti altri. E all’avv. Daniela D’Amuri risponde scandendo le parole: “Avvocato, in relazione a questi omicidi non so niente”.

L’unica cosa che sapeva è che aveva ordinato di ammazzare Francesco De Fazio. Ma si inceppò la pistola e l’uomo rimase in vita. L’interrogatorio di Stano è durato poco e non ha portato niente di nuovo, se non che questi collaboratori di giustizia spesso hanno la memoria corta. Ascoltata a sua volta, la sorella di “Bullone”, moglie di Tedesco, ha detto a proposito di Maglie che lei lo vide il 25 giugno del ‘99  partire a bordo di un taxi e da allora nessuno lo vide più. Lei sa questo perché viveva a Bar con il marito, e quando arrivò Giuliano lei non lo voleva in casa. A proposito delle intercettazioni nel carcere di Sulmona, dove era detenuto il marito, ha detto che loro sapevano che c’era un’ambientale. Lo avevano appreso da Domenico Di Emidio, che a sua volta lo aveva appreso da un carabiniere della Dda. “Un carabiniere che aveva sempre il sigaro in bocca”.  Questo sta a significare, secondo la donna, che quelle intercettazioni sono state manipolate perché altrimenti sarebbe stato proprio da sciocchi parlare sapendo di essere ascoltati.

Il padre di “Bullone” ha parlato invece, tra le altre cose, di quando “Bullone” voleva che Tedesco si pentisse. “Insisteva – ha detto – perché i giudici non lo credevano-. Mi disse che gli voleva fare un regalo di 200/300mila euro per convincerlo a collaborare. Mio figlio diceva che  il processo era già tutto fatto e gli conveniva pentirsi”. Si riprende questa mattina con la vicenda della rogatoria e subito dopo con l’interrogatorio degli imputati. Poi sarà aggiornato al 24 giugno con l’interrogatorio di alcuni testi, tra i quali Antonio Bruno, fratello dei boss Ciro e Andrea, personaggio molto controverso.

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