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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Una coltellata per uccidere il padre: chiesta perizia psichiatrica

Il difensore di Antonio Tafuro presenta istanza per l’abbreviato condizionato all’accertamento medico e all’ascolto dello stesso imputato

BRINDISI – Chiesta la perizia psichiatrica per Antonio Tafuro, 27 anni, di Brindisi, in carcere dal 4 novembre scorso, con l’accusa di aver ucciso il padre con una coltellata al petto, nell’abitazione di famiglia, per futili motivi, dopo che il genitore aveva rimproverato il fratello che stava giocando con il telefonino.

La perizia psichiatrica

Mauro MasielloL’istanza è stata depositata qualche giorno fa dal difensore dell’imputato, Mauro Masiello, penalista del foro di Brindisi. Per Tafuro la Procura ha chiesto il processo immediato, contestando anche l’aggravante legata al movente dell’omicidio volontario avvenuto in un’abitazione di un condominio in via Favia, quartiere Cappuccini della città. L’avvocato ha chiesto l’ammissione al giudizio abbreviato, strada processuale che consente di ottenere la riduzione di un terzo della pena, in caso di condanna, ma a due condizioni: innanzitutto un accertamento medico per stabilire la capacità del giovane di intendere e volere e quindi di stare in giudizio, in secondo luogo l’ascolto dello stesso. La richiesta  sarà valutata dal giudice per l’udienza preliminare, Vittorio Testi, di fronte al quale è stata fissata l’udienza che si terrà il prossimo mese di giugno.

L’accusa

Il pubblico ministero ha ottenuto il processo sulla base dell’evidenza della prova, individuando la madre dell’imputato e i due fratelli, parti offese. Il litigio – secondo la ricostruzione – sarebbe scaturito da un “banale rimprovero che la vittima, Franco Tafuro, aveva fatto  al figlio più piccolo, all’interno dell’abitazione di residenza”. L’imputato avrebbe “impugnato con la mano destra un coltello da cucina avente lama monotagliente” e a quel punto avrebbe raggiunto il genitore sferrando “un colpo, con energia tale da far penetrare l’intera lama nel torace” dell’uomo sì da “trapassare la parete ventricolare sinistra sino a ledere il setto interventricolare che provocava a Franco Tafuro un arresto cardio-respiratorio terminale da shock ipovolemico con massivo  emopneumotorace sinistro ed emopericardio che lo portava alla morte in pochi minuti”. Non ci fu nulla da fare. Una sola coltellata venne accertata al medico legale Antonio Carusi, al quale fu conferito incarico per lo svolgimento dell’autopsia.

L’aggravante dei futili motivi

Il ragazzo, nell’immediatezza dei fatti, riferì di non essere stato lui a prendere il coltello: “Era mio padre ad avere il coltello in mano”, confermo in sede di interrogatorio. “Quando entrai in cucina stava rimproverando mio fratello per il telefonino perché la luce gli dava fastidio a letto. Sono intervenuto, volevo che lo rimettesse a posto. Poi l’ho visto sanguinare: è morto davanti a me, ma non volevo ucciderlo”.

Nella ricostruzione del magistrato, il diverbio per l’uso dello smartphone quella sera, è stato rubricato come futile motivo e per questo è stata contestata l’aggravante. Il  capo famiglia stava andando a dormire e la luce del display si vedeva nel buio della camera da letto e gli impediva di riposare. Impostazione condivisa dal gip che firmò l’ordinanza di custodia convalidando il fermo.


 

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