rotate-mobile
Cronaca

Una lupara l'arma del delitto Saponaro. Retroscena da chiarire

CELLINO SAN MARCO - Un altro passo avanti nelle indagini, dopo l'arresto del responsabile dell'omicidio di Gianluca Saponaro, avvenuto nel pomeriggio del 19 giugno a Cellino San Marco. La Squadra Mobile di Brindisi ha dato notizia stamani del ritrovamento dell'arma del delitto, al termine di una lunga ricerca conclusasi sabato sera attorno alle 20. Si tratta di una doppietta a canne mozze con matricola abrasa, circostanza che aggiunge un paio di aggravanti al reato già contestato al 21enne Joseph Orofalo: quelle della modifica dell'arma e della cancellazione dei dati identificativi.

CELLINO SAN MARCO - Un altro passo avanti nelle indagini, dopo l'arresto del responsabile dell'omicidio di Gianluca Saponaro, avvenuto nel pomeriggio del 19 giugno a Cellino San Marco. La Squadra Mobile di Brindisi ha dato notizia stamani del ritrovamento dell'arma del delitto, al termine di una lunga ricerca conclusasi sabato sera attorno alle 20. Si tratta di una doppietta a canne mozze con matricola abrasa, circostanza che aggiunge un paio di aggravanti al reato già contestato al 21enne Joseph Orofalo: quelle della modifica dell'arma e della cancellazione dei dati identificativi.

Secondo quanto riferito dal capo della Squadra Mobile, Francesco Barnaba, la doppietta è stata recuperata sostanzialmente nel punto indicato da Orofalo nel corso del lungo interrogatorio di giovedì 24 giugno davanti al pm Adele Ferraro, al capitano Gianbruno Ruello del Nucleo investigativo dei carabinieri e allo stesso vicequestore Barnaba. Ma la ricerca è stata complessa perchè si trattava di una descrizione sommaria del luogo, che si trova lungo la strada per Squinzano, a circa cinque chilometri da Cellino San Marco.

Alla fine gli investigatori della sezione omicidi della Mobile hanno rinvenuto la micidiale lupara sotto un cespuglio di rovi ridossato ad un muro a secco, sul ciglio della strada. Si tratta di una doppietta da caccia calibro 12 con canne e calcio modificati, la cui detenzione da parte di Joseph Orofalo getta un'ombra sui restroscena dell'omicidio, al di là del racconto dell'autore e di quello del fratello Antonio, di 25 anni, al momento non gravato da alcuna ipotesi di reato. Infatti i fratelli Orofalo, che ufficialmente nella vita si occupano della piccola azienda agricola di famiglia e di un maneggio, hanno collegato lo scontro con Gianluca Saponaro ad una pressione estorsiva che prima Jospeh e poi Antonio avrebbero subito per circa due mesi (Joseph pagando in tutto circa 5mila euro).

Antonio Orofalo invece si sarebbe ribellato a Saponaro, il quale alcuni giorni prima della sua uccisione avrebbe attuato un'azione intimidatoria contro l'abitazione degli Orofalo, esplodendo alcune fucilate contro la facciata della casa. Alle 15 circa del 19 giugno Saponaro si sarebbe infine recato a prelevare Antonio Orofalo da casa, portandolo poi in campagna e sottoponendolo ad un pestaggio con altri tre individui in fase di identificazione. La vittima della spedizione punitiva ha raccontato di essere stato in seguito abbandonato alla periferia di Cellino, sulla strada per San Pietro Vernotico, e da qui avrebbe avvertito il fratello, che andò a prenderlo a bordo del Suv nero Ssangyong Kiron, ma armandosi della lupara.

La fase finale della vicenda si sarebbe consumata più o meno nello stesso punto, con le auto affiancate: il fuoristrada nero e l'Alfa Mito di Saponaro. Poco prima Saponaro era stato notato nel Punto Snai di San Pietro mentre litigava al cellulare con qualcuno. Sempre secondo Joseph Orofalo, fu Saponaro ad estrarre per primo un'arma, una pistola semiautomatica, ma a sparare fu la doppietta. A fronte di questo resoconto ci dovrebbe essere quello del testimone che era a bordo della vettura, Simone Contaldo. Contaldo - che era seduto accanto a Saponaro - si allontanò subito dopo l'omicidio, lasciando Cellino e otrnando a Tuturano dove però fu raggiunto dai carabinieri del Nucleo investigativo, che lo sottoposero a test Stub, perquisirono la sua abitazione e portarono via alcuni abiti trovati immersi in una bacinella.

Da notare che la semiautomatica indicata dagli Orofalo non è mai stata ritrovata. E questo non è un passaggio secondario nella ricostruzione dell'omicidio, assieme a quella del pizzo che - sempre secondo gli Orofalo - Saponaro pretendeva da loro. Pizzo su quale attività? Il 22 giugno, tuttavia, la Mobile presentò al pm Adele Ferraro una informativa con il nome del presunto assassino, quindi rintracciò e sequestrò il fuoristrada nero dei fratelli Orofalo. I quali il 24 giugno si consegnarono ai carabinieri del Nucleo investigativo. Antonio fu rilasciato subito dopo l'interrogatorio, Joseph fu trasferito al carcere.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Una lupara l'arma del delitto Saponaro. Retroscena da chiarire

BrindisiReport è in caricamento