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La rincorsa di Brindisi al Patto per la Puglia: fuori tema e in ritardo

Forse ha ragione il segretario Cisl, Piero De Giorgio, che ai margini dell’incontro odierno disertato da non pochi cronisti e parlamentari, e senza la Regione, ha sbottato che bisognerebbe preoccuparsi di più per ciò che sta accadendo al petrolchimico di Brindisi

BRINDISI – Forse ha ragione il segretario Cisl, Piero De Giorgio, che ai margini dell’incontro odierno disertato da non pochi cronisti e parlamentari, e senza la Regione, ha sbottato che bisognerebbe preoccuparsi di più per ciò che sta accadendo al petrolchimico di Brindisi. Ma ancora una volta la politica locale ci stupisce, snocciolando una serie di progetti di cui ignoravamo l’esistenza (ammesso che lo siano tecnicamente, dei progetti) mentre non ci stupisce affatto quando nel mazzo ci infila – come temevamo – le cose che stanno a cuore al principale alleato del sindaco Consales in questa magmatica maggioranza, dalle idee già bocciate nel corso degli iter autorizzativi, ai campi da golf.

La molla che ha scatenato la nascita nel giro di pochi giorni della proposta di un “patto per Brindisi” al governo e alla Regione Puglia pare sia stato l’allarme lanciato dal senatore Salvatore Tomaselli, che si è visto passare sotto gli occhi a Roma il “Patto per la Puglia” confezionato dalla Regione, a maggioranza di centrosinistra, certo, come il Comune e la Provincia di Brindisi, che dentro avrebbe inserito solo progetti per Bari, Lecce e Taranto. E allora ecco lo scatto di orgoglio: “Non possiamo restare fuori”.

Peccato che come al solito ci si rende conto della situazione molto in ritardo, e non si spiegano neppure i contesti. Ci proviamo noi. Intanto l’individuazione dei patti da ammettere alla ripartizione dei finanziamenti del Fondo di Sviluppo e Coesione l’ha fatta il governo nazionale, e non la Regione Puglia. La cosa è ufficiale dai primi giorni di novembre quando la presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato le linee guida del Masterplan per il Sud. E a Brindisi se ne accorgono un bel po’ di tempo dopo.

Ma avrebbero anche dovuto sapere, sia pure in ritardo, che non è previsto alcun patto per Brindisi, e che lo stesso Patto per la Puglia è una previsione di opere strategiche. Ne parlò addirittura il 2 ottobre scorso Michele Emiliano, arrabbiato per l’assegnazione della quota dei finanziamenti Fsc al Sud, che a suo avviso avrebbe avuto diritto almeno all’80 per cento di quei 36 miliardi di euro. Altro che campi da golf. “Su questo punto è lotta dura, lo dico col sorriso sulle labbra”, aveva detto Emiliano. “Nel senso che la Puglia pretenderà di vedere soddisfatte le sue esigenze, anche perché la Puglia ha speso sempre bene tutto”.

Il governatore anticipò anche le proposte del Patto per la Puglia: la metropolitana di superficie per la provincia di Lecce, una linea adriatica, il rafforzamento della Napoli-Bari. “Ci siamo intesi sulla necessità di intervenire sulla gestione delle acque del Sud, facendo dell'Acquedotto pugliese il riferimento di tutto il Meridione”. Se ci sia altro ce lo dovrebbe dire chi ha letto il contenuto del patto, ma sembra che neppure il consigliere regionale Gianluca Bozzetti, l’unico presente all’incontro di Palazzo Nervegna oggi, ne sappia molto, mentre tutti gli altri erano assenti.

Ma vale la pena vedere quali sono i patti previsti dal Masterplan del governo Renzi: Patto per l’Abruzzo, Patto per il Molise, Patto per la Campania, Patto per la Basilicata, Patto per la Puglia, Patto per la Calabria, Patto per la Sicilia, Patto per la Sardegna, Patto per Napoli, Patto per Bari, Patto per Taranto, Patto per Reggio Calabria, Patto per Messina, Patto per Catania, Patto per Palermo, Patto per Cagliari. Il loro contenuto va deciso dai tavoli governo-Regioni-Aree metropolitane.

Quindi a cosa serviva la riunione di oggi convocata dal sindaco di Brindisi, Mimmo Consales, e dal presidente del Consorzio Asi, Marcello Rollo, che dentro alla lista ha infilato la sua piastra logistica, il suo impianto di trattamento dei fanghi dei depuratori civili, il suo campo da golf al Cillarese, tanto per citarne alcuni. Non sono priorità per Brindisi, e sono già stati liquidati in sede ministeriale o in fase istruttoria. Sono priorità invece gli impianti del ciclo dei rifiuti di questo territorio, o il rilancio di Cittadella della Ricerca (portata sull’orlo del disfacimento da passate politiche e in fase di abbandono da parte delle società insediate), ma qui l’interlocutore è la Regione, e ci vuole un confronto specifico, senza confusioni e patti improbabili, per la definizione degli obiettivi e la ricerca dei finanziamenti.

Per far comprendere quanto sia stata – a nostro avviso, è chiaro – fuori binario la rappresentazione odierna dei bisogni di Brindisi e del suo territorio, basta citare alcuni dei progetti che il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ha previsto nel Patto per la Puglia, destinandovi 5,9 miliardi di euro: un miliardo circa per diversi interventi sullo snodo ferroviario di Bari, al servizio non solo di quell’area metropolitana ma di tutta la regione, 30 milioni per la velocizzazione della linea Napoli-Bari-Lecce (quindi benefici anche per Brindisi), soluzione delle criticità sulla Bari-Napoli e sulla dorsale adriatica (interessa anche noi), e 10 milioni per “Potenziamento scalo intermodale di Brindisi”, al servizio delle merci del porto e della zona industriale.

Ci sono poi, oltre il Masterplan per il Sud, i fondi Por, i contratti di programma (di cui le aziende dell’area industriale brindisina hanno beneficiato e beneficeranno), su cui si può trattare con la Regione anche fuori patto, per così dire. Quindi idee chiare, e obiettivi precisi per ricondurre l’attenzione sulle crisi latenti nella nostra zona industriale, sui progetti di bonifica, sul porto, sul sistema dei rifiuti, sui tempi e le procedure per i nuovi insediamenti.  Alla pista dell’aeroporto ci penserà Aeroporti di Puglia, chiedere al ministero della Difesa l’area dell’ex Base Usaf per farci un regno dell’effimero  è un’idea che non convincerà nessuno; vorremmo sapere che fine ha fatto il progetto per il Castello Alfonsino affidato a Mecenate 90.

Tutto ciò per non sentirci dire, in un contesto di opere bloccate o in grave ritardo, servizi in crisi e possibili, gravi tensioni occupazionali: “Noi abbiamo presentato i progetti e chiesto i fondi. Se ci hanno tagliato fuori, non è colpa nostra”.

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