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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Alternativa alla carenza di lavoro: mettersi in proprio. Aumentate le partite Iva

I numeri parlano chiaro. In Puglia, continuano ad aumentare le aperture di partite Iva. Segno dei tempi che cambiano, perché, per poter trovare un’occupazione, non sembrano esserci alternative a quella di mettersi in proprio. La conferma arriva da un’indagine condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia

BARI – I numeri parlano chiaro. In Puglia, continuano ad aumentare le aperture di partite Iva. Segno dei tempi che cambiano, perché, per poter trovare un’occupazione, non sembrano esserci alternative a quella di mettersi in proprio. La conferma arriva da un’indagine condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati del Dipartimento delle Finanze. Nello studio rientrano i liberi professionisti (come avvocati, medici, architetti), le ditte individuali, le società di persone, le società di capitali e le altre forme giuridiche.

Nel corso del 2014, sono state aperte 36.926 partite Iva. L’anno prima ne erano state aperte 34.846. Si registra, dunque, un incremento di 2.080 unità, pari al 6 per cento. In particolare, nella provincia di Bari, sono state accese 11.306 posizioni fiscali contro le 10.568 dell’anno precedente. L’incremento, in questo caso, è di 738 unità, pari al 7 per cento. Bari rappresenta il 30,6 per cento del totale delle nuove partite Iva.

Segue la provincia di Lecce, che corrisponde al 21,8 per cento. Si passa da 7.378 a 8.044 nuove posizioni fiscali, con una crescita di 666 unità, pari al 9 per cento. Poi Foggia che rappresenta il 16,4 per cento della «torta» pugliese. Da 5.726 partite Iva aperte nel 2013 si sale a 6.040 nel 2014, cioè 314 posizioni fiscali in più, pari al 5,5 per cento. Taranto (12,8 per cento) cresce di 268 unità: da 4.447 a 4.715 nuove partite iva, pari al 6 per cento. Brindisi (9,2 per cento) sale da 3.290 a 3.400: 110 posizioni fiscali in più, pari ad un tasso del 3,3 per cento. In calo, invece, l’andamento nella provincia di Barletta-Andria-Trani: meno 0,5 per cento (da 3.437 si scende a 3.421).

Le partite Iva in Puglia nel 2014-2“I dati elaborati dal nostro Centro studi regionale – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – ci consentono di comprendere come l’apertura di nuove partite Iva rappresenti oggi una specie di valvola di sfogo in carenza di valide alternative lavorative. Sono molti i lavoratori e le lavoratrici che, a fronte dell’impossibilità di collocarsi o ricollocarsi come dipendenti, non hanno altra scelta se non quella di aprire un’attività in proprio. Non è un caso che, parallelamente, calino le diverse forme di lavoro a termine, le collaborazioni a progetto e quelle occasionali”.

“Va inoltre considerato che, tanto a livello nazionale che regionale, l’autoimprenditorialità gode di svariati incentivi, ed è sicuramente un fatto positivo. Tuttavia – conclude Sgherza – è necessario comprendere che, per evitare che le nuove realtà si trasformino in esperienze effimere, destinate a durare per brevissimo tempo, il supporto non può arrestarsi alla mera fase di start-up, ma deve continuare negli anni, con strumenti idonei a garantire lo sviluppo, la crescita e l’autosufficienza delle nuove imprese”.

Di più: gli andamenti positivi osservati nei mesi di novembre e dicembre possono essere stati influenzati dalla novità contenuta nella Legge di stabilità 2015, che ha introdotto un nuovo “regime forfettario”, in sostituzione del preesistente regime fiscale di vantaggio. Va detto che è in discussione la proposta di proroga del vecchio regime per tutto il 2015. Entrambi i regimi esonerano i contribuenti dal pagamento di Iva e Irap. Però, il regime di vantaggio, in vigore fino al 2014, limita l’imposta dovuta al 5 per cento degli utili dichiarati e può essere mantenuto per cinque anni, con l’eccezione dei soggetti giovani che, fino al compimento del 35mo anno di età, possono mantenerlo anche oltre i cinque anni.

Il nuovo regime forfettario può essere invece mantenuto senza limiti di tempo e fissa l’aliquota di imposta al 15 per cento del reddito determinato forfetariamente sulla base di una percentuale dei ricavi/compensi (che varia in base all’attività esercitata). I requisiti per poter aderire o rimanere nei due regimi sono differenti, ad esempio il tetto massimo di ricavi/compensi è 30mila euro per il regime di vantaggio, mentre per il regime forfetario varia tra 15mila e 40mila euro in base all’attività esercitata.

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