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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

"Bollenti Spiriti, la quota Fse delle borse di studio non è tassabile"

Il dibattito intorno alla tassabilità o meno della quota parte (pari al 50%), a carico del Fse della borsa di studio destinata agli studenti post lauream e concessa dalla Regione Puglia nell’ambito del progetto “Ritorno al Futuro”, non accenna a placarsi. L’incertezza sul da farsi da parte dei giovani borsisti aumenta di giorno in giorno, in attesa di un parere dell’Agenzia delle Entrate che tarda ad arrivare, nonché in prossimità della scadenza ultima del 16 luglio per presentare la dichiarazione modello Unico 2010. Tuttavia l’assunto, secondo cui la suddetta quota parte non debba essere assolutamente tassabile, è avvalorato proprio dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ed in quanto tale è difficilmente superabile.

Il dibattito intorno alla tassabilità o meno della quota parte (pari al 50%), a carico del Fse della borsa di studio destinata agli studenti post lauream e concessa dalla Regione Puglia nell’ambito del progetto “Ritorno al Futuro”, non accenna a placarsi. L’incertezza sul da farsi da parte dei giovani borsisti aumenta di giorno in giorno, in attesa di un parere dell’Agenzia delle Entrate che tarda ad arrivare, nonché in prossimità della scadenza ultima del 16 luglio per presentare la dichiarazione modello Unico 2010. Tuttavia l’assunto, secondo cui la suddetta quota parte non debba essere assolutamente tassabile, è avvalorato proprio dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ed in quanto tale è difficilmente superabile.

Prima di tutto appare necessario partire dalla norma che disciplina la materia dei fondi strutturali comunitari. L’articolo 80 del Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio Europeo dell’11 luglio 2006 dispone quanto segue: “ Gli Stati Membri si accertano che gli organismi responsabili dei pagamenti assicurino che i beneficiari ricevano l’importo totale del contributo pubblico entro il più breve termine e nella sua integrità. Non si applica nessuna detrazione o trattenuta, né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi per i beneficiari”.

Dalla lettura di siffatta norma si desume chiaramente come i contributi europei non debbano essere tassati, tuttavia occorre prendere in esame anche la giurisprudenza che si è formata sulla questione, che ha statuito importanti principi di diritto. Ed infatti, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee – Sezione Quarta – con la sentenza n. 427/05 del 25 ottobre 2007 ha statuito un importante principio che deve essere ritenuto assolutamente rilevante ed applicabile al caso di specie, tanto più che tale pronuncia è stata indicata proprio nel documento fiscale inviato dalla Regione Puglia agli studenti interessati. La portata interpretativa di tale sentenza, quindi, non può essere in nessun caso trascurata, per stessa ammissione della Regione.

In sostanza, la Corte di Giustizia Ue ha stabilito come uno Stato della Comunità possa tassare i contributi europei soltanto se gli stessi abbiano un rapporto diretto ed intrinseco con i redditi dei contribuenti, in quanto elementi attivi del conseguimento dei redditi stessi. I giudici europei, con la succitata sentenza, hanno giustificato la tassabilità nazionale dei contributi europei erogati alle aziende, che, in quanto sopravvenienze attive, determinano maggiori ricavi e come tali devono essere cumulativamente tassati nel reddito d’impresa insieme ai ricavi di esercizio.

In sostanza, la giurisprudenza comunitaria ritiene che uno Stato Membro possa tassare il contributo, purchè questo rappresenti elemento attivo per la realizzazione di un determinato reddito con esso collegato (per esempio, sopravvenienza attiva e ricavo d’esercizio, cumulativamente tassati nel reddito di impresa). Pertanto, l’imposizione succitata non deve corrispondere ad un prelievo specificamente connesso al contributo finanziario di cui ha beneficiato tale società, ma si applica indistintamente a tutti i redditi che hanno un rapporto diretto ed intrinseco con il suddetto contributo e che grazie a questo sono stati realizzati (o potevano essere realizzati).

I suddetti principi, peraltro, sono stati ribaditi dalla Corte di Cassazione – Sez. Trib. -  con la sentenza n. 2082 del 30 gennaio 2008, secondo la quale è compatibile con la normativa comunitaria una disciplina tributaria nazionale che include i contributi versati dai fondi strutturali comunitari nella determinazione del reddito imponibile delle imprese e delle società, in quanto i suddetti contributi concorrono alla formazione del reddito di impresa e sono con esso collegati.

Di conseguenza, quando il contributo europeo non ha alcun collegamento diretto e specifico con la produzione di un determinato reddito (quale il reddito di impresa, di lavoro autonomo o di lavoro dipendente), tenuto conto dei principi giurisprudenziali di cui sopra, lo stesso non solo non è tassabile, ma non è assoggettabile neppure alla particolare ritenuta del 4%, disposta dall’art. 28, secondo comma, del D.P.R. n. 600/1973, come precisato dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 108/E del 04 agosto 2004.

Alla luce della giurisprudenza suesposta, si deve assolutamente ritenere che la quota comunitaria della borsa di studio in questione non possa essere tassata, in quanto tale contributo è privo dello specifico collegamento alla produzione e realizzazione di un reddito di lavoro dipendente, posto che è stato erogato con il precipuo ed unico scopo di consentire ai giovani neolaureati di frequentare un master post lauream.

Occorre, pertanto, operare una netta distinzione tra la suddetta quota, la quale non è diretta alla specifica produzione di un reddito di lavoro dipendente, ed i contributi europei destinati alle imprese e società per la realizzazione di un maggior reddito, come tali tassabili come sopravvenienza attiva nel reddito di impresa. Ad oggi, l’Agenzia delle Entrate è stata investita della questione e dovrebbe pronunciarsi con un parere nel più breve tempo possibile, tenuto conto che il prossimo 16 luglio scadranno i termini per presentare la dichiarazione Unico.

Sarebbe, pertanto, auspicabile da parte dell’Ufficio una piena e totale condivisione della suesposta interpretazione giurisprudenziale, che in tanta confusione appare l’unico punto fermo. Qualora l’Ufficio sia di contrario avviso, decidendo di procedere all’eventuale recupero fiscale di tali imposte, in virtù del principio dell’affidamento e della buona fede (art. 10 dello Statuto del Contribuente), non potrà irrogare sanzioni, né richiedere interessi moratori ai contribuenti.

*avvocati fiscalisti in Lecce

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