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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Il mercato dell'energia deciderà del polo brindisino. Ma nessuno pensa al futuro

Abbiamo ascoltato l'altra sera l'interessante intervento di Walter Canapini, dell'Agenzia europea sull'ambiente, durante l'incontro organizzato dal senatore Dario Stefàno per le primarie del centro sinistra. Abbiamo trovato in quell'intervento e non in quello di Stefàno conferma, anche dal punto di vista tecnico e scientifico oltreché politico, a ciò che si sostiene da tempo

Abbiamo ascoltato l'altra sera l'interessante intervento di Walter Canapini, dell'Agenzia europea sull'ambiente, durante l'incontro organizzato dal senatore Dario Stefàno per le primarie del centro sinistra. Abbiamo trovato in quell'intervento e non in quello di Stefàno conferma, anche dal punto di vista tecnico e scientifico oltreché politico, a ciò che si sostiene da tempo. Il futuro dell'energia non prevede grandi centrali alimentate con combustibili fossili, ma solo ricerca, innovazione e rinnovabili, efficienza, risparmio.

La disponibilità italiana di produzione energetica convenzionale già oggi, e al netto di quanto previsto dalle vecchie politiche energetiche, è di molto superiore al fabbisogno del paese. Le stesse aziende stanno rivedendo le loro strategie e i loro investimenti. Ma di questo vogliamo convincerci anche a Brindisi e in Puglia? Vogliamo lasciare alle nostre spalle vecchie discussioni e vecchie contrapposizioni condizionate ancora da velleitarismi, da subalternità e da doppiezze che sotto ogni scadenza elettorale tendono a riproporsi ma sempre senza conseguenze, alimentando un dibattito stantio e inconcludente?

La centrale Enel di CeranoChe senso ha, per esempio, come ha fatto Stefàno, riproporre la convenzione del 1996 sottoscritta a Brindisi con l'Enel quando ancora era proprietaria delle due centrali? Il contesto è certamente diverso. Le condizioni produttive, energetiche, economiche, finanziarie, ambientali sono notevolmente mutate rispetto a 18 anni fa e rendono più urgenti e realistici alcuni obiettivi di chiusura (la centrale A2A) e di ridimensionamento del polo energetico brindisino senza ricorrere per la sua sopravvivenza a improbabili e inutili riconversioni a metano.

E non si possono accettare argomentazioni per giustificare subdolamente lo spostamento della Tap su territorio brindisino come si ostina ancora a proporre qualche consigliere regionale del Pd.  I rappresentanti istituzionali ci evitino la doppiezza di chi nei convegni e sulla stampa assume atteggiamenti fondamentalisti e poi in incontri riservati si concede nella consueta subalternità e accondiscendenza nei confronti del potere. Il consenso va di pari passo alla trasparenza (Nella foto, la centrale Enel di Cerano).

Ricapitoliamo. Le fonti rinnovabili hanno ormai superato il 50% della produzione energetica nazionale. Il territorio di Brindisi e del Salento danno abbondantemente il loro contributo. L'energia prodotta dalle fonti verdi (idroelettrico, eolico, fotovoltaico) è pari a quella delle centrali termoelettriche alimentate a carbone e gas naturale. Le rinnovabili in Italia contribuiscono al 49,1% della produzione netta totale di elettricità e al 43,7% della domanda. A questo si deve aggiungere lo sforzo in atto in direzione del risparmio e dell'efficienza energetica imposti in un periodo di crisi produttiva e di recessione così pesante e lunga che ha diminuito il consumo di energia.

La centrale Enipower di BrindisiQuesti risultati e questi incrementi di produzione energetica verde hanno un costo che si scarica sulle bollette. Pagano gli italiani come cittadini e come imprese. Gli incentivi al solo fotovoltaico pesano per 6 miliardi all'anno sui consumatori e questo inciderà ancora per molti anni. Bisogna tener conto che aumentando la produzione energetica da fonti rinnovabili si riduce automaticamente il ricorso all'energia prodotta dalle centrali termoelettriche convenzionali. Ragione per cui le aziende sono "costrette" a chiudere le loro centrali più vecchie e meno efficienti.

In questo periodo il ministero dello sviluppo ha già autorizzato la definitiva messa fuori esercizio di sette impianti dell'Enel e di due di Edipower (gruppo A2A) ed è in corso la procedura per altri impianti Enel e A2A. Questo significa, nei siti interessati, riduzione di personale, cassa integrazione, mobilità che i sindacati, mi risulta, stanno già contrattando. Non è dato sapere ancora se nelle prossime dismissioni e chiusure di impianti ci sia anche quello brindisino di Costa Morena, nei fatti ormai fermo da tempo in quanto tecnicamente, economicamente e fisiologicamente esaurito e fuori mercato (Nella foto: la centrale a turbogas di Enipower-Brindisi).

Ho voluto riportare ancora una volta questi dati e queste valutazioni per sottolineare che a Brindisi quello che non si è riusciti ad ottenere nei tempi giusti e da molti di noi sostenitori e sottoscrittori di quella convenzione del 1996, si potrà ottenere paradossalmente per ragioni di mercato. Saranno purtroppo queste ragioni che elimineranno i residui di speranze di continuità produttive ormai impossibili e tra l'altro non convenienti, alimentate da chi non riesce a farsi ancora una ragione dell'esaurimento di una fase industriale ed energetica.

La centrale Edipower vista dalla Isole PedagneMa sarà il mercato dell'energia e saranno le fonti rinnovabili e non le istituzioni locali e regionali a ridare alla città non solo un ridimensionamento del polo energetico ma anche un'area allo sviluppo industriale sostenibile oltre che allo stesso suo porto? Speriamo di no. Brindisi deve pretendere di più. Tutte le sue migliori energie sono chiamate a dar vita ad un patto per un nuovo sviluppo per far rinascere un territorio che ha dato tanto avendo accettato/subìto, negli anni passati, la localizzazione di grandi impianti al servizio del paese. Liberarsi definitivamente della centrale di Costa Morena allora è urgente anche per evitare che, lasciandola in abbandono, qualcuno pensi di tenerla ferma e inutilizzata e senza un piano di smantellamento reale e totale di tutti e quattro gruppi (Foto: la centrale a carbone Edipower di Costa Morena, attualmente ferma).

Se poi si aggiunge a queste considerazioni la scelta che il presidente degli Stati Uniti ha fatto per tagliare per decreto il 30% della CO2 prodotta dalle 1.600 centrali americane, gran parte delle quali alimentate a carbone e alcune di esse destinate alla chiusura a seguito proprio di questa scelta radicale di Obama, si capisce meglio quale è la tendenza della produzione energetica del futuro e di quale natura sarà l'alimentazione per il fabbisogno energetico. Per non parlare dei 20 miliardi di investimenti che la Germania della Merkel ha finanziato per la nuova politica energetica che non prevede né nuove centrali ma solo ricerca, innovazioni e chiusura di centrali nucleari e a carbone.

E' certamente una tendenza irreversibile che, nell’immediato e transitoriamente, impone sull'esistente scelte e tecnologie innovative e ambientali ma che di qua a 10/15 anni cambierà l'assetto e la tipologia della produzione energetica, determinando una situazione totalmente diversa da quella attuale anche in Italia. Tutti i grandi gruppi stanno già pensando al futuro e si stanno attrezzando con la ricerca e la sperimentazione, mentre continuano a utilizzare produzioni convenzionali e fonti rinnovabili. 

Impianto fotovoltaico a BelloluogoSe questo è il futuro, che succederà nel nostro territorio quando tra non oltre 10-20 anni gli altri impianti (Enel ed Eni) non serviranno più o perché fuori mercato o perché avranno esaurito il loro fisiologico periodo di vita? Chi sta pensando a questo?  Non si tratta di fare battaglie per una loro immediata chiusura o riconversione, ma, insistendo per una loro ambientalizzazione spinta, controllata e compatibile con la salute dei cittadini, bisogna già prevedere che, in un non lontano futuro, con la chiusura di un ciclo, il territorio brindisino è destinato a non essere più, nel bene e nel male, il polo energetico che è stato ed e' tuttora (Foto: un campo fotovoltaico nel Brindisino).

Quindi, prima che, anche per questi impianti, le scelte le faccia il mercato della nuova produzione energetica, esse devono essere fatte anche dal territorio e dalle istituzioni, per evitare che un mercato, senza regole e limiti, lasci solo macerie e una eventuale e ulteriore desertificazione industriale. In poche parole quando si comincia a pensare al futuro di questo territorio, per renderlo attrattivo per nuove produzioni e servizi, per la valorizzazione delle proprie infrastrutture a partire dal porto, dopo il ciclo dei grandi insediamenti industriali degli anni 60-70? Come si utilizzano in questi prossimi anni le competenze maturate in ambito energetico e industriale per un ripensamento produttivo, imprenditoriale e occupazionale?

Il dovere di pensare al dramma del presente per dare le soluzioni possibili, non può allontanare nel tempo il diritto di pensare al futuro e di costruirlo con tutte le risorse disponibili. La questione energetica brindisina, per quello che sta avvenendo nel settore, a livello nazionale e mondiale, è un'occasione per iniziare a ripensare al futuro di un territorio che non solo vuole essere ma lo sarà anche per ragioni oggettive e di mercato, meno assoggettato alle vecchie produzioni. (Le foto sono di Marcello Orlandini)

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