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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Avvocati equiparabili alle piccole e medie imprese? In Europa sì, in Italia no

In ambito europeo già da diverso tempo è acclarata la equiparazione (equiparazione, non identificazione) dei liberi professionisti alle Pmi (equiparazione non sotto il profilo giuridico ma in virtù del contributo del libero professionista allo sviluppo economico e alla creazione di occupazione)

In un contesto di seria crisi economica e finanziaria della avvocatura italiana, come peraltro emerge anche dal recente rapporto Censis, il permanere di barriere culturali e burocratiche amministrative al pieno sviluppo della imprenditorialità nei servizi oggetto della attività delle libere professioni e, quindi, della avvocatura, desta molte perplessità oltre che pregiudicarne l'effettiva competitività sul mercato nazionale e non. In ambito europeo già da diverso tempo è acclarata la equiparazione (equiparazione, non identificazione) dei liberi professionisti alle Pmi (equiparazione non sotto il profilo giuridico ma in virtù del contributo del libero professionista allo sviluppo economico e alla creazione di occupazione).

La suindicata equiparazione trova fondamento nella nozione comunitaria di impresa elaborata anche dalla giurisprudenza della Corte Europea in virtù della quale si ritiene impresa qualsiasi entità che eserciti una attività economica a prescindere dello status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento, costituendo attività economica qualsiasi attività che consista nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato.

E' noto che tale nozione di "impresa" è stata delineata dalle regole comunitarie con riferimento alla concorrenza sul mercato ed essa esclude che possa operarsi una distinzione tra "impresa" e "libera professione" proprio al fine di falsare il mercato in un importante ambito come quello dei servizi intellettuali e professionali che oggi richiedono sempre più organizzazione, investimenti e nuove e qualificate competenze manageriali.

In data 9 aprile 2014 la Commissione Europea ha varato ufficialmente il piano di azione per le libere professioni dando in tal modo piena cittadinanza al potenziale imprenditoriale dei liberi professionisti. Il lavoro autonomo, infatti, contribuisce alla strategia Ue 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. In tale ottica anche l'avvocato  ha pieno titolo ad accedere sia ai fondi strutturali gestiti a livello nazionale e/o regionale  (finanziamenti indiretti) che a quelli gestiti direttamente da Bruxelles (finanziamenti diretti).

Sulla base di questa necessaria e giusta evoluzione delle libere professioni e quindi anche della professione forense, appare fuori luogo e singolare oltre che, si ripete e sottolinea, pregiudizievole all'effettiva competitività sul mercato nazionale e non, il permanere di steccati e di una inspiegabile diffidenza anche da parte dei vertici della avvocatura ad una visione comunitariamente orientata della professione forense. Non vi è dubbio che oggi si è ad un bivio: si tratta di un inarrestabile percorso che non vede l'avvocatura italiana degradata e/o privata delle prerogative costituzionali che, anzi, il legislatore nazionale continua e continuerà sempre a conservarle. Pertanto: a chi e perchè fa ancora "paura" la equiparazione tra liberi professionisti e Pmi?

Purtroppo, in controtendenza con la evoluzione dei tempi e del sentire della avvocatura falcidiata dalla crisi, permane "inossidabile" una posizione istituzionale di retroguardia che non agevola un percorso proiettato in un futuro denso di chances a cui sicuramente aspira gran parte della avvocatura, anche associata. Su questi temi Cassa Forense, con la istituzione della Commissione Lab - Europa, anche sul piano culturale, ha fatto da "apripista". Fa piacere constatare che l'impegno e/o l'approccio europeista di Cassa Forense abbia colmato un vuoto e tracciato un solco che, oggi, è seguito anche da altri!

Ciò conferma il difetto di rappresentanza percepito dagli avvocati nei confronti delle istituzioni forensi: infatti, in base al rapporto Censis, solo il 3% degli avvocati pensa che gli interessi di categoria siano ben rappresentati; il 34% per nulla ed il 51% poco. In ogni caso, sempre secondo il Censis, tra le diverse istituzioni forensi emerge che è Cassa Forense ad essere considerata il vero corpo intermedio e tale non potrebbe essere se non fosse libero da conflitti di interessi.

Non vi è dubbio che, nella situazione attuale, il futuro della avvocatura, in continua evoluzione anche sul piano culturale, è inscindibilmente legato al contesto europeo e alle chances che il medesimo offre. Peraltro, i recenti eventi - emendamento delle relatrici senatrici Magda Angela Zanoni e Federica Chiavaroli all'art. 40 della Legge di Stabilità 2016 ("all'art. 40, dopo il comma 17 inserire il seguente comma 17 bis: - i piani operativi Por e Pon dei Fondi Fse e Fers, rientranti nella programmazione dei Fondi Strutturali Europei 2014/2020, si intendono estesi anche ai liberi professionisti, in quanto equiparati alle Pmi come esercenti attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, dalla Raccomandazione della Commissione Europea 6 maggio 2003/361/CE - Allegato 1, Titolo1 - e dal Regolamento UE n. 1303/2013, art. 2, par. 28, ed espressamente individuati, dalle Linee d'azione per le libere professioni, del Piano d'azione imprenditorialità 2020, come destinatari a tutti gli effetti dei fondi europei stanziati sino al 2020 sia diretti che erogati tramite Stati e Regioni") - confortano appieno l'intuizione e l'impegno di Cassa Forense e premiano un coraggioso percorso intrapreso che, seppure ancora difficile, non può arrestarsi.

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