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Concessioni Cerano, Enel perde causa

BRINDISI – L’Enel è una cassaforte esclusiva dell’Autorità Portuale: dalla presenza del colosso energetico a Brindisi il Comune non ricava un cent né dalle attività portuali, né dalle aree demaniali occupare a Cerano dalla centrale termoelettrica “Federico II”. Passi per il porto, ma il colpaccio di Cerano ha buttato fuori l’amministrazione comunale dalla possibilità di fare cassa da cospicue concessioni demaniali, stabilite al tetto massimo da una sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato depositata ieri, che vedeva Enel – però – contrapposta all’Authority.

BRINDISI – L’Enel è una cassaforte esclusiva dell’Autorità Portuale: dalla presenza del colosso energetico a Brindisi il Comune non ricava un cent né dalle attività portuali, né dalle aree demaniali occupare a Cerano dalla centrale termoelettrica “Federico II”. Passi per il porto, ma il colpaccio di Cerano ha buttato fuori l’amministrazione comunale dalla possibilità di fare cassa da cospicue concessioni demaniali, stabilite al tetto massimo da una sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato depositata ieri, che vedeva Enel – però – contrapposta all’Authority.

Tutto ciò grazie alla famosa estensione con decreto ministeriale dell’area di pertinenza del porto di Brindisi sino a Cerano, con l’appoggio del Comune (prima amministrazione Mennitti). Doveva essere un’operazione per consegnare alle attività retroportuali aree estese, e per fare di Cerano un porto industriale. Una delle idee faraoniche di Giuseppe Giurgola. In realtà un tornaconto per l’Autorità portuale c’è, e sono gli oneri concessori che Enel dovrà ormai pagare all’Authority, data la sconfitta davanti al Consiglio di Stato, senza che la stessa Autorità portuale abbia investito un centesimo nei suoi nuovi domini.

L’Authority invece ha investito proprio su Enel, andando a riconteggiare i metri quadrati di terra ferma e specchi d’acqua demaniali occupati direttamente o indirettamente dalla centrale di Cerano. Infatti Enel, in virtù di un atto di sottomissione, il n. 1/1988, veniva autorizzata dalla Capitaneria di porto di Brindisi “all’immediata occupazione di un’area demaniale marittima pari a mq. 30.500 in località Cerano e pari al mq. 39.600 dello specchio acqueo. La Capitaneria fissava il canone demaniale provvisorio posto a carico di Enel nella misura di lire 58.500.000 per i primi tre anni”, ricostruisce la sentenza.

Poi ecco che “con ordinanza n. 23 del 10 aprile 1991, la Capitaneria di Porto di Brindisi inibiva il transito, la navigazione e la sosta di persone e di imbarcazioni nella zona di mare di raggio pari a 250 m., corrispondente alla testata d’opera di presa d’acqua in mare autorizzata in favore di Enel”. Per la subentrata Autorità portuale brindisina, quasi 20 anni dopo, l’area in concessione dunque non era più di 71mila metri quadrati, ma di 330mila metri quadrati,

A tale impostazione si è opposta l’Enel. Quelle aree aggiuntive erano vincolate ad esigenze di polizia marittima e di security, non certo alle attività produttive della termoelettrica di Cerano. Ma per l’Autorità portuale le cose stavano diversamente: si trattava di un asservimento funzionale a tutti gli effetti, quindi Enel doveva pagare gli oneri di una concessione di 330 mila metri quadrati e non più di 71mila metri quadrati.

L’Enel si è vista respingere il ricorso dal Tar di Lecce, e se lo è visto giudicare infondato dal Consiglio di Stato, che ha accolto in toto le tesi dell’Avvocatura dello Stato. E non importa se Enel dalla “zona di rispetto” non ricava alcun utile dal punto di vista della produzione di Cerano. Ora il canone sarà rideterminato e senza colpo ferire, ma in virtù del famoso decreto ministeriale di ampliamento del porto, l’Autorità Portuale potrà andare a incassare sino a Cerano.

Il paradosso è che con i soldi indirettamente o direttamente ricavati dal carbone, l’Authority sostanzialmente ci paga gli stipendi della propria struttura, senza aver risolto un solo problema dovuto all’impatto della movimentazione del minerale con il porto e la città. Qui sotto, il link con la sentenza integrale del Consiglio di Stato.

sentenza consiglio di stato

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