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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Enipower: licenziamento illegittimo, ma non possono tornare a lavoro

Due lavoratori ottengono l’annullamento del licenziamento ma non il reintegro nel posto di lavoro, a causa delle legge Fornero e di una modifica apportata al contratto collettivo

BRINDISI – Il licenziamento è stato illegittimo, ma, stando alla legge Fornero, non possono tornare a lavoro: dovranno accontentarsi di un risarcimento economico. Protagonisti di questa paradossale vicenda sono due ex dipendenti della centrale Enipower di Brindisi. Questi, difesi dall’avvocato Giacomo Greco e sostenuti dal sindacato Cisal Chimici, sono stati licenziati per giusta causa nell’aprile 2017, per uso improprio di un badge aziendale e dell’auto di servizio. Il giudice del tribunale di Brindisi-sezione Lavoro, Gabriella Puzzovio, con ordinanza emessa lo scorso 22 febbraio ha annullato il licenziamento ma ha accolto solo in parte l’istanza avanzata dai ricorrenti.

La vicenda

I due operai, dipendenti di lungo corso della centrale energetica sita nel petrolchimico di Brindisi, non hanno mai negato le contestazioni mosse nei loro confronti dall’azienda. E’ pacifico, quindi, che uno dei due, in tre occasioni, abbia consentito all’altro di entrare nello stabilimento fuori dall’orario di lavoro, utilizzando il proprio badge e la macchina aziendale. Il punto però è un altro. Enipower ha ravvisato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 55 paragrafo II del vigente contratto collettivo nazionale del lavoro (settore energia e petrolio), che fa scattare il licenziamento disciplinare ogni qualvolta il lavoratore commetta “atti che, anche per negligenza, possono comportare pregiudizio alla salute e sicurezza delle persone nonché alla produzione e agli impianti”.

I due lavoratori, invece, pur ammettendo di aver commesso una infrazione, hanno sostenuto di non aver mai messo in pericolo la sicurezza dei loro colleghi e che quindi non vi erano gli estremi (“una mancanza di gravità tale da che ogni altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro, nonché idonea a far venir meno l’elemento fiduciario costituente il presupposto della collaborazione tra le parti del rapporto di lavoro”) per l’interruzione del rapporto di lavoro. 

La decisione del giudice

Il licenziamento, dunque, è stato una misura adeguata o sproporzionata rispetto alla condotta dei due lavoratori? Il giudice ha optato per la seconda ipotesi. “Il tribunale – si legge nell’ordinanza – ritiene che la sanzione irrogata dalla società resistente risulti sproporzionata rispetto all’addebito mosso al lavoratore, in violazione del principio di ragionevolezza e di gradualità della sanzione stessa”. “Il licenziamento pertanto – scrive ancora Puzzovio – non può che essere annullato in quanto illegittimo”. 

Già, ma a fronte della richiesta di reintegro e di condanna al pagamento delle retribuzioni maturate e maturande dalla data del licenziamento, oltre al risarcimento dei danni, avanzata dai ricorrenti, il giudice accoglie solo la seconda istanza, condannando Enipower al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva rispettivamente di 22 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Il paradosso della legge Fornero

E’ la legge n.92 del 28/6/2012 (la cosiddetta legge Fornero) a precludere, ai due lavoratori, la possibilità di recuperare il posto di lavoro. La tutela reintegratoria prevista dalla norma, infatti, scatta solo nel caso in cui i contratti collettivi o i codici disciplinari stabiliscano una sanzione conservativa (ammonizione, multa o sospensione) alternativa al licenziamento, rispetto al fatto contestato. In base al contratto collettivo previgente, i lavoratori sarebbero stati reintegrati nel posto di lavoro, in quanto tale ipotesi era contemplata nella parte relativa alla ammonizione scritta e sospensione. 

Invece, con il nuovo Ccnl, stipulato il 25 gennaio 2017, la stessa condotta è stata inserita tra le ipotesi punibili, non più con la multa o la sospensione, ma con il licenziamento. E' evidente quindi che una grossa azienda non avrà difficoltà ad intimare licenziamenti illegittimi per fatti che non consentono la reintegrazione nel posto di lavoro, pagando una indennità che, anche nella misura massima (24 mesi dell'ultima retribuzione), costituisce per una grande impresa una misura irrisoria.

La posizione del sindacato Cisal

“Preme sottolineare – si legge in una nota a firma del segretario provinciale della Cisal Chimici, Massimo Pagliara - che nel nuovo Ccnl Massimo PagliaraEnergia e Petrolio firmato nel 2017 (non sottoscritto dalla scrivente organizzazione sindacale) è intervenuta una modifica nella parte disciplinare che rende nei fatti potenzialmente licenziabili tutti i lavoratori anche per una semplice disattenzione o negligenza”. 

“In attesa  di capire quali iniziative intenderà adottare la società – prosegue Pagliara - la Cisal Chimici auspica che almeno oggi i dipendenti  ed in particolare  la Rsu (Rappresentanza Sindacale Unitaria) presente  all’interno della società Enipower, così celeri a rispondere ad un nostro comunicato stampa di qualche giorno fa (il riferimento è a una richiesta di chiarimenti della Cisal sui lavori di demolizione di un impianto della centrale Enipower, ndr),  possano  essere altrettanto celeri  nel  solidarizzare ed essere  vicini a questi loro colleghi, che a distanza di quasi otto mesi, passati in totale silenzio nella isolata disperazione con le proprie famiglie,  hanno finalmente  ricevuto se pur in parte  un legittimo riconoscimento”.

“Resta inteso – conclude la Cisal - che nonostante questa importante sentenza, l’obiettivo primario per i lavoratori licenziati in maniera illegittima, rimane sempre e comunque il mantenimento del posto di lavoro”.

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