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Il Tar dice: Haralambides a casa

BRINDISI – Il Tar di Lecce, prima sezione, manda a casa Iraklis Haralambidis perché “si deve ritenere che la cittadinanza italiana sia un requisito indispensabile per accedere alla carica di Presidente dell’Autorità portuale”. Annullati di conseguenza tutti gli atti impugnati dal ricorrente Calogero Casilli, l’ingegnere brindisino che era stato designato nelle terne della Provincia e della Camera di Commercio e che vince su tutti i fronti, mentre il sindaco Domenico Mennitti aveva puntato tutto sul suggerimento che era arrivato da Genova, dal senatore Enrico Musso del Pdl che del professore greco è collega sia di docenza in diritto ed economia marittima, che di appartenenza ad una associazione internazionale di specialisti del settore.

BRINDISI – Il Tar di Lecce, prima sezione, manda a casa Iraklis Haralambidis perché “si deve ritenere che la cittadinanza italiana sia un requisito indispensabile per accedere alla carica di Presidente dell’Autorità portuale”. Annullati di conseguenza tutti gli atti impugnati dal ricorrente Calogero Casilli, l’ingegnere brindisino che era stato designato nelle terne della Provincia e della Camera di Commercio e che vince su tutti i fronti, mentre il sindaco Domenico Mennitti aveva puntato tutto sul suggerimento che era arrivato da Genova, dal senatore Enrico Musso del Pdl che del professore greco è collega sia di docenza in diritto ed economia marittima, che di appartenenza ad una associazione internazionale di specialisti del settore.

Della proposta Musso si erano fatti a loro volta sostenitori e latori il senatore Michele Saccomanno di Torre Santa Susanna e l’onorevole Luigi Vitali di Francavilla Fontana, i due leader locali del partito di Berlusconi. Il ministro dei Trasporti protempore, Altero Matteoli, l’aveva sposata e fatta propria sostenendo che la questione della cittadinanza non italiana era stata valutata e risolta favorevolmente nel corso di un consulto con i servizi legali del dicastero. E va detto che alla fine anche Nichi Vendola e Guglielmo Minervini avevano condiviso ed il governatore controfirmato, perché Haralambidis era parte dell’accordo che avrebbe riconfermato Francesco Mariani a Bari, scelta di valore fortemente voluta da Vendola ed Emiliano, e Sergio Prete a Taranto. Brindisi quindi sempre nel ruolo di vaso di coccio tra quelli di ferro.

E i risultati di questi mesi non hanno fatto altro che comporre quasi l’epilogo del traffico passeggeri e commerciale abbondantemente ridimensionato anche dalle precedenti gestioni, con emorragie di linee e navi (vedi altri servizi di oggi), contenziosi per ora perdenti con gli agenti marittimi, liste di consulenze non rese pubbliche, discutibili operazioni come quella dell’affidamento della gestione di un terminal crociere prima ancora della sua costruzione. Al contrario di Taranto, destinatario di importanti investimenti per la logistica, e Bari in netta crescita di traffici.

Ma non è tutto: pur nella consapevolezza che la nomina di Haralambidis era sub judice, il Comitato portuale ha voluto riconfermare su proposta del presidente ellenico anche il segretario generale dell’ente, Nicola Del Nobile, carica prettamente fiduciaria. Solo un voto contrario, quel giorno, quello di Michelangelo Greco in rappresentanza dei lavoratori delle imprese portuali. Ora è immaginabile il ricorso al Consiglio di Stato, ma se dovesse essere respinto qualcuno dovrà assumersi anche la responsabilità di una nomina inopportuna della seconda carica dell’Authority.

La sentenza la alleghiamo in calce, anticipando solo poche righe delle motivazioni della Prima sezione del Tar di Lecce  (Antonio Cavallari, presidente, estensore Patrizia Moro, consigliere e referendario Claudia Lattanzi). “Si può, pertanto, concludere nel senso che l’Autorità portuale, per la assoluta prevalenza dei compiti pubblicistici affidatile dalla legge e per le modalità con le quali li persegue, è un ente pubblico non economico. L’art. 51, primo e secondo comma, della Costituzione recita: ‘Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica”.

“Il potere attribuito alla legge di parificare ai cittadini ‘gli italiani non appartenenti alla Repubblica’ esplicita – dice il Tar di Lecce - che il Costituente ha inteso non legittimare i cittadini ad accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive,ma consentire solo agli stessi tale accesso. Posto che tutti gli uffici pubblici non sono su un piano di parità fra di loro e con le cariche elettive e che il dettato costituzionale si riferisce agli uffici pubblici che comportano l’esercizio di poteri di più elevato contenuto, l’art. 37 del d.lgs. n.29 ha previsto l’accesso ai pubblici uffici dei cittadini membri dell’Unione Europea ed ha rimesso ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, l’individuazione dei posti e delle funzioni per le quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana”.

“La sottrazione delle Autorità portuali alla disciplina del d.lgs. n.29 del 1993 non esclude, quindi – conclude il Tar - la necessità del possesso della cittadinanza italiana per il Presidente dell’Autorità portuale, se tale funzione comporta la scelta di fini di rilievo collettivo e delle modalità per perseguire gli stessi, necessità che trova la sua giustificazione nell’art. 51 della Costituzione”. Cosa accadrà ora? Commissariamento certo, in attesa del compimento del contenzioso amministrativo.

sentenza Tar Lecce su Autorità portuale Br

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