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Intervento/ Capitali della cultura: le opportunità che le città non devono perdere

L'Italia, con la Bulgaria, esprimerà la Capitale Europea della Cultura per il 2019. Alla competizione hanno partecipato 21 città. Di queste, 6 - Ravenna, Siena, Perugia con i Luoghi di Francesco d'Assisi e dell'Umbria, Lecce con Brindisi, Matera e Cagliari - sono state selezionate per la fase finale

Riceviamo e pubblichiamo la seguente analisi di Ledo Prato, in veste di direttore generale dell'associazione Cidac, Città d’Arte e Cultura, sul tema delle città candidate a capitali della cultura, e sulle decisoni del governo per fare corpo ai progetti presentati. Ledo Prato, per l'associate Mecenate 90, si sta anche occupando del supporto al Comune di Brindisi per un progetto di recupero del castello alfonsino e per l'iter autorizzativato, nonchè di quello per la candidatura a finanziamenti pubblici.

L’Italia, con la Bulgaria, esprimerà la Capitale Europea della Cultura per il 2019. Alla competizione hanno partecipato 21 città. Di queste, 6 - Ravenna, Siena, Perugia con i Luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria, Lecce con Brindisi, Matera e Cagliari - sono state selezionate per la fase finale. A giudicarle è stata una Commissione di esperti (7 europei e 6 italiani) presieduta dall’inglese Steve Green il quale ha espresso un giudizio positivo sui dossier di candidatura.

Le città candidate (Aosta, Bergamo, Mantova, Venezia e il Nord Est, Pisa, Grosseto, Urbino, L’Aquila, Caserta, la Città diffusa e il Vallo di Diano, Taranto, Reggio Calabria, Erice, Palermo, Siracusa, più le sei finaliste), hanno predisposto progetti di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio culturale, di rigenerazione urbana, di ammodernamento del sistema di accoglienza, oltre che un palinsesto di eventi per il 2019 di buona fattura e di profilo europeo. In un certo senso hanno acceso i pensieri creativi dei propri cittadini.

Ogni dossier di candidatura indica gli investimenti necessari, le fonti possibili di finanziamento (pubblico e privato), i tempi di realizzazione fra il 2015 e il 2018, ed è stato costruito con la partecipazione della comunità, delle istituzioni regionali, dei soggetti di rappresentanza, realizzando il massimo della condivisione su obiettivi di carattere strategico, oltre che un’esemplare esperienza di democrazia partecipativa. La qualità dei progetti allestiti, e la procedura usata per la validazione e la condivisione del programma, hanno suggerito di non disperdere il lavoro svolto.

Lo strumento individuato per valorizzare il patrimonio progettuale, per iniziativa dell’Associazione delle Città d’Arte e Cultura (www.cidac.eu) a cui aderisce la quasi totalità delle città candidate, ha preso il nome di Italia 2019. Un programma finalizzato a dare concreta attuazione ai migliori progetti di riqualificazione del patrimonio culturale e di rigenerazione urbana, previsti nei dossier. Perché, se una sarà la città Capitale, è altrettanto vero che tutte le candidate possono contribuire a fare dell’Italia la Capitale Europea della Cultura per il 2019.

Un parco-progetti così rilevante ha indotto il Parlamento a impegnare il Governo a realizzare Italia 2019, utilizzando le risorse europee previste con il ciclo di programmazione 2014/2020. Ora il Programma Italia 2019 è entrato in un emendamento presentato alla Camera, d’intesa con il ministro Franceschini, nell’ambito del noto Decreto Art Bonus, ed è stato approvato con una larghissima maggioranza. Quest’ampio consenso ha avuto anche l’effetto di suggerire al Governo Renzi l’istituzione della competizione per la Capitale italiana della Cultura, inserita nello stesso emendamento.

Qui il richiamo alla strategia europea purtroppo è solo evocata poiché la competizione dovrebbe essere operativa già con il 2015, rendendo quindi molto difficile utilizzare i regolamenti della competizione europea (la scelta della città avviene, infatti, con quattro anni di anticipo). Si stanzia una somma di 1 milione di euro per la città prescelta, con un duplice rischio: l’esiguità della somma non consentirà di predisporre progetti ambiziosi; lo stanziamento di una somma ex-ante non potrà tener conto della progettazione delle città in competizione. Una strategia costruita su pensieri solidi e obiettivi ambiziosi è stata sostituita dalla ricerca pura e semplice del consenso immediato.

Nel nostro Paese si naviga a vista e si rischia di disperdere opportunità. A partire dall’impiego delle risorse europee 2014/2020 che dovrebbero essere utilizzate al più presto. Italia 2019 è una straordinaria opportunità anche a questo scopo. Gli stessi fondi europei potrebbero essere uno strumento utile per sostenere programmi e progetti delle città italiane che vorranno candidarsi a Capitale della Cultura. In realtà siamo di fronte ad un paradosso figlio di questo tempo: la dimensione locale, laddove cioè le migliori energie si mobilitano per «ruminare» futuro, la scala dove il patrimonio culturale può davvero giocare un ruolo decisivo per la crescita di una comunità, in una parola il «territorio», realizza il massimo della creatività ma dispone del minimo di potere decisionale.

Intanto un primo straordinario risultato è stato raggiunto: il Programma Italia 2019 si realizzerà, anche se dovremo attendere il decreto attuativo e vigilare perché non se ne smarrisca il senso e la portata.

Ledo Prato

Segretario generale CIDAC

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