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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

"Moratoria: quanta stucchevole demagogia sul porto di Brindisi"

Nell’aula comunale “Italo Giulio Caiati” è andata in scena l’ennesima farsa della politica brindisina. All’inizio della seduta convocata per richiedere o meno la moratoria all’accorpamento del porto di Brindisi con quello di Bari, infatti, mancava il numero legale

Nell’aula comunale “Italo Giulio Caiati” è andata in scena l’ennesima farsa della politica brindisina. All’inizio della seduta convocata per richiedere o meno la moratoria all’accorpamento del porto di Brindisi con quello di Bari, infatti, mancava il numero legale, data l’assenza di qualche elemento della maggioranza e di tutta l’opposizione, la quale ha deciso di aspettare fuori dall’aula un eventuale passo falso della maggioranza. Alla fine il numero legale si è raggiunto e l’opposizione, visto il tentativo fallito, è entrata in aula in ritardo, accolta dagli applausi ironici dei Democratici per Brindisi e dei Coerenti per Brindisi.

Forse sarebbe stato meglio che il numero legale non si fosse raggiunto, data la povertà di spunti d’interesse della discussione. Dopo uno scambio di battute tra Loiacono e Rossi, con il primo ad accusare l’opposizione, rea di aver assunto un atteggiamento irresponsabile che stava per pregiudicare una seduta così importante (sic!), ed il secondo che ha replicato chiarendo come la maggioranza non si debba aspettare alcun appoggio numerico dall’opposizione e chiedendo anzi le dimissioni della Sindaca, si è giunti agli interventi sul merito della convocazione.

La Sindaca ha giustificato la richiesta di moratoria e lo scetticismo verso l’accorpamento con Bari, affermando che il porto di Brindisi ed il porto di Bari, se venissero accorpati, perderebbero lo status di porti core in quanto, cumulativamente, non raggiungerebbero l’1% di traffico totale Ue richiesto dal Regolamento Ue numero 1315 del 2013.

La Sindaca (o chi per lei) dimentica intanto che non è l’Autorità di Sistema ad essere indicata come “core” ma lo è il porto di Bari, il quale non è stato indicato come tale perché ottemperava al criterio stabilito dal Regolamento UE sul traffico di merci, ma perché rispetta l’altro criterio richiesto dal Regolamento Ue, ovvero quello di rappresentare un nodo urbano primario, e Bari lo è insieme a Palermo, Napoli ed Ancona. Pertanto, se Brindisi dovesse andare con Bari, l’Autorità di Sistema dell’Adriatico Meridionale resterebbe in piedi fino al 2023, data in cui sarà revisionato il suddetto Regolamento Ue.

Oltre agli stucchevoli interventi di alcuni membri della maggioranza, che hanno giustificato la richiesta di moratoria con la necessità di avere uno scatto di orgoglio e rivendicando la “brindisinità” (cose che, purtroppo, non riempiono la pancia), perplessità ha destato anche la posizione di gran parte dell’opposizione.

Il M5S, infatti, per voce del consigliere regionale Bozzetti, ha espresso favore verso la richiesta di moratoria, la quale, a suo dire, permetterebbe al porto di Brindisi di realizzare le opere in progetto e di ipotizzare una sua indicazione come porto core al termine della moratoria della durata di tre anni. Entrambe le dichiarazioni contengono un’inesattezza, in quanto i porti che dovessero ottenere la moratoria non potrebbero accedere, in quel lasso di tempo, ai finanziamenti rivenienti dai Pon e dai Fesr, ed il Commissario dell’Autorità Portuale, Mario Valente, ha spiegato che le tre opere in progetto hanno bisogno di essere finanziate per 125 milioni, somma di cui l’autority brindisina non dispone. Ciò rappresenta il motivo per il quale il Commissario sarebbe contrario alla richiesta di moratoria.

La seconda inesattezza riguarda la possibilità di diventare porto core a stretto giro. Il porto di Brindisi movimenta circa lo 0,4% del traffico totale Ue ed è impensabile che possa arrivare, in tre anni, alla soglia dell’1%. A completare il quadro di un’opposizione alquanto disattenta, ci sono le posizioni di Brindisi Bene Comune, di Forza Italia e dell’Udc.

I primi motivano la richiesta di moratoria facendo leva su questioni fumose, quali: il maggior traffico e fatturato del porto di Brindisi rispetto a quello di Bari (ricordiamo come un mantra che il nostro porto non rispetta i criteri necessari per essere indicato come “core” e che il porto di Bari è stato indicato come tale non in forza dei numeri, ma in forza del suo status di nodo primario urbano); un ipotetico tesoretto di 80 milioni riveniente dalle rinfuse solide, che permetterebbe al nostro porto di autofinanziarsi per tre anni (ricordiamo che Valente ha parlato di necessità di reperire finanziamenti per cantierizzare i tre progetti da 125 milioni cumulativi); infine, la possibilità che la crisi del porto di Taranto possa portarlo a perdere a breve lo status di porto core ed essere accorpato anch’esso, ricostituendo così l’originaria idea di un’Autorità di Sistema unica.

Ciò che sfugge è che l’accorpamento di Brindisi con Bari non farebbe venire meno, fra tre anni, questo ipotetico scenario. Nel frattempo, però, sarebbe forse meglio sedere sin da subito al tavolo con Bari e contrattare, intanto, le posizioni all’interno della governance, con la possibilità di strappare per Brindisi il ruolo di Presidente o di Segretario generale dell’AdS, cosa che non potrebbe accadere se aspettassimo tre anni prima di annetterci. L’unico spunto interessante fornito da Rossi riguarda la sua sibillina allusione ai 200 milioni in ballo per la piastra logistica di Taranto, la quale potrebbe richiamare gli appetiti di qualche brindisino che starebbe spingendo per l’accorpamento con il porto di Taranto per tale motivazione.

Passando a D’Attis, la sua richiesta di moratoria si fonda sull’altrettanta fumosa possibilità di modificare la Legge del Governo, in modo tale da far conservare l’autonomia all’Autorità Portuale di Brindisi o, in subordine, di vedere nascere l’AdS unica pugliese. Tale richiesta appare dettata più dalla linea nazionale del suo partito, contraria alle riforme del Governo Renzi, che da motivazioni rivenienti dalla situazione locale.

Infine, c’è da rilevare la posizione dell’Udc all’interno della coalizione di Marino. Pd, Lista Marino, Rinasce Brindisi e Ncd, infatti, dopo aver cambiato idea negli ultimi giorni, hanno votato contro la richiesta di moratoria. Pisanelli, invece, in quota Udc, ha votato diversamente, mettendo il carico da 90 alle dichiarazioni spiazzanti del massimo esponente provinciale del partito scudato, Euprepio Curto, il quale, di punto in bianco, ha bacchettato l’opposizione, a suo dire troppo disattenta e poco incisiva. Rappresenteranno questi due indizi l’anticamera di qualcosa che bolle in pentola? Chi può dirlo.

Mentre i politici nostrani continuano da anni a portare avanti una strumentale battaglia al grido di “Brindisi ai brindisini”, ancora una volta dobbiamo sperare che da fuori non seguano le deleterie richieste frutto della miope (o volutamente tale) politica brindisina. Abbiamo bisogno di tutto, fuorché di paralizzare ulteriormente un porto di per sé già in stato comatoso.

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