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Economia

Crolla il traffico merci nel porto: in due anni perso il 23,1 per cento

Oltre al carbone, che era nel conto, calo preoccupante nel traffico su Tir e trailer. Il confronto con Bari e col dato complessivo della Adsp

BRINDISI – Il porto di Brindisi nel 2018 ha perso il 17,3 per cento del traffico merci. Dato negativo che si aggiunge alla precedente perdita del 2017 del 5,8 per cento. In due anni Brindisi registra un passivo nella movimentazione di rinfuse solide e liquide e di merci in colli e container di ben 2.238.210 tonnellate. La spia di allarme più preoccupante nel saldo del 2018 è però quel passivo di 1.264.781 tonnellate (2.384.192 tonnellate in totale, -34,7%) delle merci trasportate dai Tir e dai trailer, che invece nel 2017  si erano attestate a 3.648.973 tonnellate (crescita di 303.742 tonnellate, +) 9,1%, mentre erano stati i prodotti chimici, il carbone, i minerali, i cementi e le ceneri a segnare bilanci in rosso.

Tir in attesa di imbarco su un traghetto Grimaldi a Brindisi-001-2

Si aggravano i segnali di allarme per le merci

Il calo nelle merci in colli trova riscontro in quello dei Tir e dei trailer: ne sono passati 121.651 dalle rampe di Punta delle Terrare, con una perdita di 5.242  unità (-4,1%) rispetto al 2017. Un chiaro segnale di allarme, anche alla luce del bilancio del traffico merci del porto di Bari e del dato complessivo dei cinque porti dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale (Bari, Brindisi, Barletta, Monopoli, Manfredonia). Bari ha segnato nel traffico merci del 2018 un risultato a sua volta negativo, ma con perdita molto più contenuta rispetto a Brindisi: 5.489.085 tonnellate, 175.051 in meno (-3,1%) rispetto all’anno precedente. Scomparsi i container.

Ma nelle merci su Tir e trailer il porto di Bari invece segna una crescita: 4.032.899 tonnellate nel 2018,  108.628 ( 2,8%) in più rispetto all’anno precedente, e 158.013 Tir e trailer, 8.417 (5,6%) in più del 2017. Cifre doppie rispetto a Brindisi, forse dovute alle attività avviate dal gruppo Grimaldi anche a Bari. Brindisi trascina in basso anche il risultato complessivo della movimentazione delle merci ottenuto da tutti e cinque i porti della Adsp del Mare Adriatico Meridionale: 15.050.959 tonnellate, con una perdita di 1.872.564 (-11,1% ) tonnellate. Qualcuno dovrebbe preoccuparsi, perché in un’ottica di sviluppo economico e di lavoro questo trend non può che mettere in discussione le attività di impresa e le attese di occupazione legate ai traffici marittimi.

Una grande nave ro-ro entra dal Canale Pigonati

Politica, istituzioni e forze economiche distratte

Ma a Brindisi non è questo il tema del giorno né della maggioranza né dell’opposizione in consiglio comunale, né delle relazioni tra istituzioni cittadine e Autorità di sistema portuale. Da osservatori, potremmo anche dire che Brindisi, intesa come pubblica opinione e istanze sociali, è ancora lontana dal porre il porto, le sue vicende e le sue problematiche al centro delle politiche di sviluppo, o quanto meno del dibattito economico. Il parametro di misura di ciò è il materiale prodotto dalla politica, dalle istituzioni e dalle organizzazioni delle imprese e dei sindacati che alimenta la comunicazione, ma soprattutto la pertinenza, la sostanza stessa ed il numero delle azioni dedicate al porto, rispetto alle stesse “azioni difensive” (e poco innovative) attuate sul fronte industriale.

Le opere strategiche bloccate da anni

Nessuna delle opere strategiche è stata messa in cantiere ma ha subito gravi ritardi: i cinque nuovi accosti per navi passeggeri e ro-ro di Sant’Apollinare, il nuovo molo per combustibili (carbone e gas) e prodotti chimici nel porto industriale, ad esempio. Si aggiunga pure il fatto che Brindisi non abbia da anni un terminal passeggeri, caso eclatante: la storica struttura della del Seno di Levante è da decenni al servizio della burocrazia e dei servizi, ma non dei viaggiatori; il progetto del nuovo terminal Le Vele a Punta delle Terrare è di fatto fallito per vicende societarie dell’Ati, ma anche per grossi problemi di natura tecnica insorti nel sito prescelto (quanto denaro pubblico è stato investito con tale risultati se lo dovrebbe chiedere uno che al rapporto costi-benefici ci tiene, vale a dire il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti).

Il progetto dei nuovi accosti di S.Apollinare, bloccato e senza finanziamenti

La lista delle operazioni infruttuose si potrebbe estende anche alla famosa concessione di un tratto di banchina del porto industriale, a Costa Morena Est, ad un pool di società che avrebbero dovuto gestire un terminal crocieristico realizzato con una struttura tensostatica; e al momento nel conto ci va anche il sequestro delle opere di security da parte della magistratura penale. In uno scenario in cui i passeggeri dell’area non Schengen, vale a dire quelli delle navi che collegano Brindisi a Valona, si imbarcano e sbarcano da anni alla mercé degli agenti atmosferici.

Il numero 16 è il terminal crociere, il 17 il dimenticato molo combustibili o pennello EnelTutto il dibattito però si è ridotto, per quanto è stato possibile registrare agli organi di informazione, anche negli ultimi tempi, all’accoglienza dei crocieristi e alla “colmata sì o no” tra Costa Morena Est e il molo del petrolchimico. La città ha guardato anche distrattamente all’occupazione di una vasta area della banchina commerciale di Costa Morena Est da parte dei tubi per la condotta Tap, concessione da cui la stessa Adsp ricava quattro soldi, mentre per chissà quanto tempo ancora su quelle aree non si potranno proporre e costruire altri tipi di business.

Il dato passeggeri conforta, ma non risolve i problemi

L’altra fonte di entrate (e posti di lavoro) del porto di Brindisi, la movimentazione del carbone per la centrale termoelettrica Enel di Cerano, è ben lontana dai dati degli anni passati (solo in pochi ormai favoleggiano dei 7-8 milioni toccati quando l’impianto era all’apice dell’impiego produttivo di energia). Il segno continua ad essere sempre meno: 2.514.098 tonnellate nel 2018, meno 340.764 (-11,9% ). Enel è sempre stata il più importante pagatore e il principale vettore di entrate per l’authority, per le imprese impiegate nella movimentazione, e per gli stessi servizi portuali. Quando tra cinque o sei anni tutto potrebbe cambiare, su cosa si potranno spostare aziende e forza lavoro?

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Certamente non potrà essere il traffico passeggeri a parare il colpo. Ma ecco i dati del 2018 di questa altra attività storica del porto di Brindisi: 532.872  di viaggiatori in transito dei traghetti, 40.759 in più (8,3%) rispetto al 2017. Quelli delle navi da crociera sono stati 104.085, con un  calo del  4.923 (-4,5%). L’Adsp non ha pubblicato i dati disaggregati per cui non siamo in grado di distinguere i dati in base alle destinazioni (Albania o Grecia).  Per la cronaca, aggiungiamo anche i risultati del porto di Bari: 1.180.169 i passeggeri dei traghetti, più del doppio di Brindisi, con una perdita di 42.771 unità (-3,5%), mentre i passeggeri delle navi da crociera sono stati 572.906, con una crescita di  175.318 unità (44,1%).

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