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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cultura

Gli ultimi istanti della corazzata Roma

BRINDISI - “Montiamo la branda. Oggi i turni sono saltati, è quasi mezzanotte quando la luce blu si accende e suona il silenzio, ma di dormire pare che non abbia voglia nessuno. Ognuno dice la sua, gran parte di noi è convinta che domani all’alba ci lasceranno andare a casa".

BRINDISI - “Montiamo la branda. Oggi i turni sono saltati, è quasi mezzanotte quando la luce blu si accende e suona il silenzio, ma di dormire pare che non abbia voglia nessuno. Ognuno dice la sua, gran parte di noi è convinta che domani all’alba ci lasceranno andare a casa e a bordo resterà soltanto il personale volontario e di carriera. Naturalmente faccio parte di coloro che almeno sperano in una ‘lunga licenza per armistizio’….solo domattina sapremo con precisione cosa ci aspetta….Alle due la tromba suona la sveglia e dall’altoparlante la voce gracchiante ordina “ Equipaggio ai posti di manovra!”.

Racconta così, in un diario, il momento che precedette l’attacco aereo tedesco alla corazzata Roma il 9 settembre del 1943 uno dei marinai sopravvissuti alla tragedia e la cui testimonianza è stata poi raccolta dal nipote Andrea Amici in un libro intitolato “Una tragedia italiana-1943. L’affondamento della corazzata Roma”. La temuta corazzata Roma rappresentava quanto di meglio esistesse tra le navi da guerra del periodo bellico. Progettata dal generale Pugliese e costruita dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico, la corazzata solcò le acque italiane, per soli quindici mesi di servizio, con le sue 44.050 tonnellate. Larga mt 32,9 e lunga mt 240,7 (f.t.) rappresentò l’orgoglio della Regia Marina alla quale fu consegnata il 14 giugno del 1942.

Dopo l’armistizio italiano alla corazzata Roma e ad altre navi da guerra fu ordinato di raggiungere l’isola della Maddalena così come deciso con gli alleati, ma fu affondata un pomeriggio di settembre al largo dell’isola dell’Asinara da aerei tedeschi che in tre ondate lanciarono bombe plananti del tipo Ruhrstahl Sd 1400. Le bombe radioguidate, meglio note con il nome di Fritz X, attaccarono la formazione italiana costituita dalla corazzata “Roma”, dall’incrociatore “Eugenio di Savoia” e dall’“Italia” (ex Littorio). Fu solo dopo il primo attacco aereo tedesco avvenuto alle 14, che le artiglierie contraeree delle unità italiane, rimaste inerti per eseguire le disposizioni di neutralità emanate dal comando supremo, ricevettero l’ordine di aprire il fuoco.

Ma l’altezza elevata cui volavano gli aerei tedeschi costrinse le artiglierie contraeree a rispondere con un fuoco di sbarramento penalizzante però in termini di precisione del tiro. Alle 15.30 furono attaccate anche l’ “Eugenio di Savoia” e l’ “Italia”. Poi toccò alla corazzata Roma che fu centrata alle 15.42 con una bomba che attraversò lo scafo aprendo una falla. Alle 15.50 fu colpita verso prua, sul lato sinistro, con conseguenze devastanti. Alle 16.11 la maestosa nave si capovolse spezzandosi in due tronconi e affondando. Tra le tante vite perse quel giorno, quella dell’ammiraglio Carlo Bergamini. I marinai che si trovavano a poppa morirono e quei cinquanta militari che provarono a gettarsi in mare furono travolti.

I marinai superstiti che riuscirono ad allontanarsi dalla corazzata furono salvati dai cacciatorpedinieri di scorta. Il “gioiello” della Marina Militare, ricercato per decenni, è stato ritrovato nel golfo dell’Asinara lo scorso anno. La tragedia della corazzata Roma è stata ricordata ieri, alle 10, in un convegno storico svoltosi presso il Castello Svevo di Brindisi nell’ambito del programma delle commemorazioni in ricordo dei caduti in mare che termineranno il 9 settembre, alle ore 11.00, presso il Monumento nazionale al “Marinaio d’Italia”.

Il convegno storico che ha visto la partecipazione delle più importanti autorità civili, militari e religiose di Brindisi e Taranto è iniziato con il saluto dell’ammiraglio di squadra Ermenegildo Ugazzi del Dipartimento militare marittimo dello Jonio e del Canale d’Otranto ed ha avuto come relatori il professor Vito Gallotta dell’Univesità degli studi di Bari e il capitano di vascello Patrizio Rapalino dell’Ufficio Storico della Marina Militare. Il professor Gallotta, che da quindici anni si occupa di storia militare, ha iniziato il suo intervento parlando dei valori sociali all’interno delle istituzioni militari e dei comportamenti delle persone.

“Dai comportamenti possiamo risalire ai valori cui sono ispirati. Dai comportamenti si ricava il senso dei valori sociali dentro le istituzioni militari. L’istituzione militare è resa operativa dalle persone” afferma Gallotta. Il professore continua il suo intervento citando alcuni libri scritti sulla tragedia della Roma: il libro di Andrea Amici “volume di memoria interessante per gli uomini, il comando, i valori. Alla fine della vita della corazzata si trovano uniti uomini e comando” e l’importante saggio scritto da Elena Aga Rossi intitolato “Una nazione allo sbando”. L’intervento di Gallotta continua con la ricostruzione del 7 settembre, che rappresentò secondo il professore “l’attesa della battaglia”, dell’8 settembre, che invece rappresentò l’amarezza dei marinai della corazzata Roma per i quali la notizia dell’armistizio significò la resa senza combattimento e infine del nove settembre che segnò il destino della nave.

Con il ricordo del proclama di Pietro Badoglio, (capo del governo italiano dell’epoca che annunciò l’entrata in vigore dell’armistizio) che terminava con la frase riferita alle forze italiane “…reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”, con il ricordo dei superstiti internati in Spagna, con il principio etico della fedeltà alla bandiera, i concetti di onore e patria visti da Lucien Febvre e l’atteggiamento degli inglesi di fronte all’affondamento della Roma attraverso il testo di Robert Mallett “The italian navy” si è concluso l’importante intervento del professor Gallotta.

Considerazioni politico-strategiche sul comportamento della flotta l’8 settembre 1943 sono state apportate dal capitano di vascello Patrizio Rapalino che ha esordito parlando del rischio corso dall’Italia nei giorni della tragedia di vanificare tutto il percorso unitario dopo il 1861, della chiarezza avuta dai vertici della Marina “che non abbandonarono mai le navi al loro destino e che trasmisero ordini chiari a tutte le navi, compreso quelle che si trovavano in estremo Oriente” e dell’atteggiamento dei comandanti che si trovavano in mare e che eseguirono così gli ordini del Re. Il comandante ha ricordato poi quei superstiti che a Maiorca decisero di autoaffondare le navi venendo poi processati, lo sbarco in Sicilia degli anglo-americani, la firma dell’armistizio a Lisbona da parte del generale Giuseppe Castellano e la mancanza di una copertura aerea il giorno dell’attacco.

E riferendosi a questo il comandante Rapalino conclude il suo intervento affermando “Una Marina per quanto potente non va da nessuna parte se non ha una copertura aerea”. Il convegno si è concluso con la lettura di una parte del discorso dell’ammiraglio Carlo Bergamini da parte dell’ammiraglio Renato Fadda e la consegna di un targa-ricordo a un reduce della corazzata Roma.

I saluti della Provincia sono giunti dal dottor Guido De Magistris che ha affermato che “la pace è una pianta che per crescere deve essere alimentata dal sacrificio dei nostri militari” e che ha espresso la vicinanza della Provincia alla Marina Militare e alle vittime della corazzata Roma, e dall’ammiraglio Ugazzi che ha concluso parlando del senso del dovere e della patria.

 

 

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