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Cultura

Il cristianesimo visto da Galimberti

La religione dal cielo vuoto”, libro di Umberto Galimberti è stato presentato sabato sera alle 20.30 presso la sala università di Palazzo Nervegna.

BRINDISI - “Il cristianesimo ha perso la dimensione del sacro. Il suo cielo si è fatto vuoto. Alzando gli occhi dalla terra, altro non è dato scorgere se non il nulla che, come una notte nera e senza stelle, spegne anche lo sguardo. È ancora in grado l’Occidente, e il cristianesimo che è la sua anima, di varcare le porte del nulla?”.

Questa è la domanda che pone il filosofo e psicanalista Umberto Galimberti nel suo ultimo libro “Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto” (Feltrinelli, 463 pp- euro 18,00). Il libro è stato presentato sabato sera alle 20.30 presso la sala università di Palazzo Nervegna. A dialogare con l’autore Luca Molasco dell’Università del Salento. Nel suo libro il filosofo parla del venir meno della fede legato al venir meno dei valori che regolano i rapporti tra uomini.

Galimberti già nel Duemila, con il suo precedente lavoro “Orme del sacro”, aveva affrontato la questione di cosa fosse rimasto di religioso ai giorni nostri. Con questo libro il filosofo oggi parla del Cristianesimo che ha perso il senso del sacro. Il sacro, per l’autore, consiste nella contaminazione del bene e del male, della verità e della falsità e il Cristianesimo, avendo liberato Dio dalla responsabilità del male attribuendolo al suo nemico, ha svuotato il cielo dalla dimensione del sacro. Da qui il titolo del libro.

L’autore ieri ha toccato molti temi del suo voluminoso libro come quello del sogno, nel quale non funziona il principio di non contraddizione e nel quale si può essere talvolta uomo o donna, della follia che ogni uomo ha dentro di sé “la follia ci abita” -afferma Galimberti- “è il sottofondo che teniamo a bada con la ragione “un sistema di regole basato sul principio di non contraddizione. Grazie all’insieme di regole noi possiamo comunicare”. Per Galimberti la ragione non è la verità perché la verità abita il sacro. “Bambini, folli e poeti si muovono nella dimensione sacrale, dimensione che abbiamo dentro di noi. La nostra follia trova la sua manifestazione quando ci ubriachiamo o negli eventi amorosi”. E Galimberti a tal proposito cita Freud secondo il quale l’innamoramento è un delirio che ha il vantaggio di durare poco. “È il collasso della ragione”continua l’autore.

Secondo il filosofo, gli antichi, per difendersi dal sacro, quindi dalla contaminazione dei significati, hanno attribuito agli dei la follia e per tenerli lontani offrivano sacrifici. Galimberti quindi cita Eraclito secondo cui “Dio è giorno e notte, sazietà e fame, pace e guerra, inverno e estate e si mescole con tutte quelle cose”.

Galimberti si sofferma a parlare poi dell’angoscia come “dimensione della confusione dei codici” e del rapporto che poeti ed artisti hanno con la follia, “senza la quale non potrebbero creare niente. Non si è artisti se non si sacrifica la propria razionalità”. Poi il filosofo parla delle religioni “nate per contenere la follia” e delle “feste regolate dal mondo religioso perché appartengono alla dimensione del sacro. La religione è una porta chiusa che tenta di contenere il sacro”. Galimberti conclude dicendo “a me pare che negli ultimi tempi la religione cristiana abbia eliminato la trascendenza. Abbiamo perso tutto. In questo senso il Cristianesimo ha il cielo vuoto”.

 

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