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Sabato, 20 Aprile 2024
Cultura

La Napoli diabolica di Franco Di Mare

BRINDISI - Secondo una delle versioni mitologiche sulla fondazione della città di Napoli, una sirena chiamata Partenope (termine che in greco significa vergine) non riuscendo a portare alla deriva le navi condotte dall'astuto Ulisse e non riuscendo a sedurre l'eroe, si gettò in mare per la disperazione, da un dirupo.

BRINDISI - Secondo una delle versioni mitologiche sulla fondazione della città di Napoli, una sirena chiamata Partenope (termine che in greco significa vergine) non riuscendo a portare alla deriva le navi condotte dall'astuto Ulisse e non riuscendo a sedurre l'eroe, si gettò in mare per la disperazione,  da un dirupo.

Le onde trasportarono il suo corpo lontano, sino a farlo arrivare nel golfo di quella città che, in suo onore, avrebbe preso il nome di Parthenope e si dissolse prendendo poi le forme dell'attuale panorama, rivolgendo il capo verso oriente e i "piedi" verso Posillipo. Dal mito della sirena deriva quindi il nome partenopei, con cui vengono chiamati i napoletani.

Ma le "sirene del Male" a Napoli cantano ancora e al posto dei marinai attirano oggi i ragazzi delle sue zone più "difficili". Proprio della lotta continua tra il bene e il male, del male che si può insinuare anche tra le persone per bene ha parlato ieri davanti ad un gremito salone dell'Autorità portuale, il giornalista televisivo napoletano Franco Di Mare.

L'occasione di questo incontro organizzato dall'Itis Giorgi di Brindisi, che aveva ospitato l'autore già in mattinata in un evento riservato agli studenti, è stata la presentazione dell'ultimo romanzo del giornalista di Rai 1, intitolato "Il paradiso dei diavoli" (edito da Rizzoli, 2012-396 pagine). Il titolo fa riferimento ad una frase citata da Goethe che definì Napoli "un paradiso". A introdurre e a dialogare con il giornalista è stata la preside dell'istituto, maria Luisa Sardelli.

Di Mare ha esordito affermando che si sente un po' brindisino, per via di quel passato che lega la nostra città a Napoli, per quel mare che unisce e non separa i popoli, per quella vicinanza culturale e per le stesse dominazioni. Il giornalista ha poi elogiato il lavoro straordinario che svolgono gli insegnanti del nostro Paese, che ogni giorno, con la loro professionalità, sopperiscono alle carenze del sistema scolastico.

Di Mare ha continuato parlando del sottile confine tra il bene e il male e di come essi siano a stretto contatto in particolare a Napoli, per via di una periferia che, solitamente, nelle altre città si trova all'esterno del centro storico, ma che invece nella città partenopea è all'interno.

"Napoli ha i Quartieri Spagnoli vicino a Via Toledo. Nello stesso quartiere trovate il docente universitario e il camorrista. Il confine tra bene e male quindi non lo percepisci più. Un mio amico è finito dentro per omicidio. Poteva toccare a me. Io sono Napoli, ma il mio atteggiamento è quello di un uomo innamorato di una donna che lo ha tradito. La amo perchè è la mia donna, ma la strangolerei perchè mi ha tradito. Napoli è la luce del golfo, ma dietro ci sono i suoi vicoli. Volete che tutta questa morfologia non abbia contaminato i napoletani?".

Il protagonista del suo libro è infatti Carmine Cacciapuoti, brillante e giovane aspirante ricercatore di filologia romanza all'Università Federico II di Napoli, cresciuto in uno di questi quartieri-limite. Carmine da ragazzino giocava con il figlio di un malavitoso, ma il destino per loro è stato diverso. Mentre il primo frequentava l'università, il secondo finiva in carcere. La storia dei due giovani si intreccerà nuovamente quando Carmine, dopo una delusione universitaria deciderà di accettare un lavoro offertogli dal suo amico e si "arruolerà" tra le fila della camorra. Diventerà un killer acculturato.

La sua fidanzata, Lena, professoressa di filosofia in una liceo, bella e colta, è ignara del nuovo "lavoro" di Carmine, continua a pensare che faccia il rappresentante di computer. Dopo aver incontrato la donna di un boss, Luisa, cantante mancata che con la scuola e lo studio non ha mai avuto buoni rapporti, Carmine tradirà Lena e con lei tradirà i suoi valori, le sue idee, la sua vita, entrando in vortice di omicidi e sangue.

Per Di Mare queste ragazze come Luisa, "ragazze che conoscono solo 'L'Isola dei famosi' e non sanno che esiste anche l'isola di Robinson Crusoe", ragazze da "Grande fratello" e da "Uomini e donne" possono essere salvate solo dagli insegnanti, dalla scuola, dalla cultura. Bisogna combattere il mito che il camorrista è uno fico, buono. Bisognerebbe impedire agli pseudo-cantanti che inneggiano alla delinquenza e danno addosso ai pentiti di rimanere liberi, andrebbero arrestati. I ragazzini ascoltano queste canzoni, guardano quello che la tv offre. Questa è subcultura."

"La cultura è l'unica vera risposta ai problemi di Napoli, anche se ultimamente la classe intellettuale napoletana è assente. Della chiusura dell'Istituto di Studi Filosofici di Napoli se ne è forse saputo nulla?".  Di Mare conclude dicendo: "La violenza è tenuta a bada solo quando nasce un essere umano civile. I nostri insegnanti ogni giorno forniscono strumenti straordinari ai ragazzi per distinguere il bene dal male e per diventare persone migliori".

L'incontro con Di Mare è stato inframmezzato dall'esecuzione di canzoni napoletane classiche della soprano Maria Rosa Laterza che, applauditissima, al termine della serata ha concesso un bis, accompagnata dalla chitarra di Dino Vinci.

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