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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cultura

Legambiente: "Salviamo gli scavi"

BRINDISI - I rinvenimenti archeologici affiorati durante i lavori di rifacimento di lungomare Regina Margherita sono un patrimonio che la città non può permettersi di perdere, e le soluzioni tecniche per preservali, sono sperimentate e sicure.

BRINDISI - I rinvenimenti archeologici affiorati durante i lavori di rifacimento di lungomare Regina Margherita sono un patrimonio che la città non può permettersi di perdere, e le soluzioni tecniche per preservali, realizzando un piccolo parco archeologico nell'area dell'antico porto romano sono sperimentate e sicure (come nel caso delle navi romane di Pisa). Per il circolo "Tonino Di Giulio di Legambiente", Comune e Soprintendenza non hanno alibi per non conservare adeguatamente tale patrimonio. Ecco la proposta dell'associazione ambientalista.

Più volte Legambiente è stata costretta ad occuparsi della progettazione e dell’esecuzione dei lavori sul lungomare Regina Margherita, evidenziando l’assenza di essenziali requisiti tecnici che hanno inciso sui tempi e sulla qualità delle opere. La mancata acquisizione preventiva dei dati e dei documenti relativi alle caratteristiche archeologiche del sottosuolo, effettuate con l’ausilio del georadar e l’allegra gestione delle “varianti”, congiuntamente all’assenza di un collaudatore in corso d’opera, rendono necessario un ulteriore intervento dell’Associazione, rispetto a quelli già effettuati per i quali sussistevano obblighi previsti dal D.Lgs 163/2006 relativo al Codice dei Lavori Pubblici.

In questa nota preme richiamare l’attenzione sul destino dell’area di scavo antistante la Capitaneria di Porto, presumibile sede della “Porta Reale”; questo nostro intervento viene fatto dopo la conclusione degli eventi culturali e turistici di giugno, a cui Legambiente ha partecipato con iniziative congiunte alla Camera di Commercio ed all’Assonautica e per le quali si è avuto un grande riscontro, anche per la piacevolezza del nuovo “paesaggio urbano”.

La peggiore delle soluzioni possibili nell’area di scavo richiamata, dal punto di vista culturale ed economico, sarebbe quella di rimuovere i reperti spostandoli altrove, semmai ponendo al di sopra del sito da richiudere, dei calchi effettuati anche a seguito di rilievi laser tridimensionali. Tale soluzione testimonierebbe una vera e propria insensibilità, vista la realizzazione di “falsi artistici” che, oltre ad essere sgraditi, costituirebbero un ulteriore aggravio dei costi.

Che senso ha realizzare un falso “parco archeologico”, spendendo tanti soldi, quando è possibile recuperare l’esistente? Se qualcuno pensa che la vicinanza al mare e la presenza di acque di falda e marina possano costituire un ostacolo insuperabile al mantenimento in situ dei reperti, ebbene, ciò è un assurdo tecnico sul quale nessun altro commento è necessario se non l’invito a visitare il parco archeologico delle navi romane del porto di Pisa (ben 9 m. al di sotto del piano di campagna e dell’Arno), quelle di Fiumicino, ecc.

Ebbene, se ci si spaventa di un po’ di acqua che si livella con quello del mare, si preclude ogni possibilità di interloquire contribuendo alla ricerca della migliore soluzione per la valorizzazione dell’area. Invece, vogliamo continuare a pensare che è possibile rendere ancora più attrattivo il nostro lungomare, valorizzando le valenze storiche ritrovate e sviluppando un progetto di recupero che, con pochi costi, evidenzi ulteriormente la storia di Brindisi, elevata a “città” dai romani nel 243 a. C., ma che presenta riscontri di età messapica relativi al VIII –VI secolo a.C.

Se per un attimo pensiamo che al tempo dei romani il livello del mare era più basso, rispetto all’attuale, di circa 3 m. è anche ipotizzabile che al di sotto delle mura lignee e dei massi arenacei ritrovati, vi sia un prolungamento degli stessi reperti, fino ai possibili riscontri messapici e/o romani. L’uso di “pompe a fango”, di costo irrisorio, permetterebbe, per non voler parlare di “paratie impermeabili” (come a Pisa), di mantenere anidro lo scavo e di mettere a giorno quanto presente al di sotto; ancor più, per problemi connessi alla sicurezza della stabilità dei fronti di scavo, l’ultima parte di questo, potrebbe essere interessato dalla posa in opera di “Tessuto Non Tessuto” ed un “filtro inverso”, con granulati calcarei, nei quali alloggiare le “pompe a fango” che si attivano in maniera automatica e gli eventuali supporti per il mantenimento delle coperture vetrate.

L’area potrebbe essere corredata da un’opportuna recinzione e da una serie di pannelli illustrativi con ricostruzione di percorsi virtuali mirati alla connessione con le informazioni, assolutamente certe, che collocano in quest’area insediamenti angioini su preesistenti opere romane e la famosa Porta Reale, costituita da un muro di contenimento in conci arenacei, tipici dell’area di Brindisi ed utilizzati fin dai tempi dei Messapi per i fortilizi protettivi.

Insomma, un minimo di “stile” per valorizzare, ulteriormente, il nostro lungomare, renderlo più attraente ed evitando falsi storico-artistici (calchi) rispetto ai quali la stessa semplice musealizzazione sarebbe, paradossalmente, preferibile. (Legambiente Brindisi Circolo “T. Di Giulio”).

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