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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cultura

"Mine vaganti", perbenismo e coraggio di essere se stessi

Una Lecce dorata e suggestiva fa da sfondo al nuovo film di Ferzan Ozpetek, “Mine Vaganti”, presentato in anteprima giovedì 11 marzo proprio ai leccesi ed accolto dagli applausi dei tanti spettatori che al Multisala Massimo hanno assistito alla prima. “Mine Vaganti” fotografa una parte della nostra società raccontando di una famiglia come tante, perbenista e pronta a tutto pur di nascondere la polvere sotto il tappeto.

Una Lecce dorata e suggestiva fa da sfondo al nuovo film di Ferzan Ozpetek, “Mine Vaganti”, presentato in anteprima giovedì 11 marzo proprio ai leccesi ed accolto dagli applausi dei tanti spettatori che al Multisala Massimo hanno assistito alla prima. “Mine Vaganti” fotografa una parte della nostra società raccontando di una famiglia come tante, perbenista e pronta a tutto pur di nascondere la polvere sotto il tappeto.

Il punto di partenza è la omosessualità mai dichiarata dei due figli della famiglia Cantone, proprietaria di un antico e redditizio pastificio. Antonio (Alessandro Preziosi), il più grande, porta avanti l’azienda di famiglia mentre Tommaso (Riccardo Scamarcio) vive a Roma dove studia (Lettere, ma dice di frequentare Economia e commercio) e convive con Marco coltivando il sogno di fare lo scrittore. Quando il padre decide di dividere le quote societarie tra i figli,  il ritorno a casa di Tommaso sarà la prima mina ad esplodere: il ragazzo vuole liberarsi del peso della sua omosessualità nascosta e si confida con il fratello architettando di informare tutti in modo eclatante, durante una cena che il padre ha organizzato con la famiglia del suo nuovo socio. Antonio però gli ruba la scena ed è lui a fare outing tra lo stupore generale.

Il padre (un bravissimo Ennio Fantastichino) dapprima pensa ad uno scherzo, poi lo caccia di casa in modo brusco, infine si fa prendere da un infarto e finisce in ospedale. Gli rimane Marco ed è in lui che ripone le speranze di averne messo al mondo almeno uno a sua immagine e somiglianza, un “ vero maschio” in grado di tenere le redini dell’azienda. Tommaso, pur di non far soffrire (o addirittura morire) il padre, cercherà a fatica di ricoprire questo ruolo, di amare il suo nuovo lavoro di produttore di pasta, anche di amare le donne, avvicinandosi alla bella, giovane e complicata figlia del socio, Alba (Nicole Grimaudo), che nel frattempo si è rimboccata le maniche per la sua nuova attività nel pastificio.

Ironico e molto divertente, il film mette in luce come ancora nel 2010 sia forte più che mai la paura del giudizio degli altri, del pregiudizio e del pettegolezzo. “Basta che non si sappia in giro” tutto può essere accettato, si vive in un equilibrio fragile e di facciata che però può vacillare in ogni momento per causa delle “mine vaganti”, uomini e donne che ad un certo punto decidono di non cedere ai compromessi ed hanno il coraggio di compiere gesti inaspettati per realizzare i loro sogni, scuotendo la loro vita insieme a quella di chi li circonda.

In questo quadro, mentre gli omosessuali appaiono molto più ilari e positivi degli etero, le donne sono vittime del loro ruolo. La madre sopporta il tradimento del marito, la figlia è una casalinga esclusa a priori dalla gestione dell’azienda di famiglia, la zia (Elena Sofia Ricci), simpaticissimo ed eccentrico personaggio, vive sbevacchiando nel ricordo della sua “fuitina” fatta a Londra da giovane. Sarà però proprio una donna, la mina vagante in grado di rimescolare le carte. E’ la nonna dei due ragazzi (Ilaria Occhini) che, vera protagonista, apre e chiude la storia. E’ lei che da giovane ha accettato un compromesso che l’ha resa infelice, quello di sposare il fratello sbagliato vivendo per sempre innamorata dell’altro. Quando i rapporti nella famiglia avranno raggiunto il massimo della tensione si toglierà la vita con i dolci, sfidando il suo diabete e lasciando una lettera (“non farti mai dire dagli altri chi devi amare …”) che spingerà tutti infine alla riconciliazione.

Al di là del racconto di come sia difficile vivere liberamente le proprie preferenze sessuali (poco conta, benché se ne dirà, che la storia sia ambientata in una città del Sud), il vero filo conduttore del film è il coraggio di essere felici superando la paura del cambiamento e le difficoltà che esso inevitabilmente comporta. Da vedere.

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