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Quilici, il reporter del Sesto Continente

BRINDISI - È il più noto documentarista degli ultimi sessant’anni. È l’uomo che maggiormente ha amato e fotografato i mari di tutto il mondo.

BRINDISI - È il più noto documentarista degli ultimi sessant’anni. È l’uomo che maggiormente ha amato e fotografato i mari di tutto il mondo, svelandone, attraverso l’obiettivo fotografico, gli straordinari colori delle profondità, i segreti e i tesori di ogni genere che da sempre giacciono immobili e “dormienti” sui fondali marini. È Folco Quilici, “l’esploratore subacqueo”.

Uno dei pionieri di quella disciplina scientifica nata con lui e che successivamente avrebbe preso il nome di archeologia subacquea ha presentato venerdì presso la libreria Feltrinelli di Brindisi, le sue affascinanti avventure tra relitti di navi, sommergibili ed aerei di ogni epoca. Il libro, edito da Mondadori, è intitolato “Relitti e tesori. Avventure e misteri nei mari del mondo”. A dialogare con l’autore il presidente di Italia Nostra-Brindisi, Domenico Saponaro.

Tra le affascinanti spedizioni subacquee nazionali ricordate ieri e che divennero film diretti dallo stesso Quilici, c’è “Sesto Continente” del 1954 (primo film a colori della storia della cinematografia subacquea girato durante una spedizione nel Mar Rosso) che il documentarista, in apertura di presentazione, ha definito: “premonitore dell’invasione dell’uomo nel fondo del mare”. Ma il rapporto di Quilici con il cinema non è stato sempre felice. L’autore, infatti, ha ricordato quando decise di togliere il suo nome da un film intitolato “Le schiave esistono ancora” (del 1964) per le divergenze sorte con il produttore.

Dopo la sua esperienza cinematografica, Quilici ha raccontato gli esperimenti fatti (in una vasca da bagno) per creare il primo esemplare di flash a lampadina da usare per le immersioni. Il filtro usato normalmente, infatti, rendeva le foto più blu. “Portando una lampadina, la foto s’illuminava e tornavano fuori i colori. C’era chi diceva che non si poteva usare la lampadina sott’acqua perché si poteva prendere la scossa. Allora la misi nella vasca da bagno e non successe. Parliamo del 1952. Questi esperimenti erano i primi. Quelle foto andarono a ruba”- ricorda Quilici.

Domenico Saponaro ha poi messo in luce l’aspetto emozionale del libro e il racconto di una “bolla atemporale” con cui il volume si apre. “Queste navi affondate, dove scendono, vengono avvolte dalla pace che c’è a 30-40-50 metri sott’acqua.”-spiega l’autor e-“Il racconto si riferisce a una delle navi più antiche del Mediterraneo trovata in Turchia. Questa nave andò a sbattere per una tempesta sugli scogli e poi si poggiò sul fondo a circa 60 metri, che non è molto, ma questa è lì e l’ho chiamata “bolla atemporale” perché si fa un salto di quasi quattromila anni. I pezzi sono rimasti lì. Scientificamente la “bolla” provava che c’era già un commercio fiorente, con navi che portavano dei pani di piombo”.

Tra le persone conosciute grazie alla sua professione, Quilici ha ricordato lo storico Fernand Braudel, del quale Saponaro ha ricordato una bella frase “L’uomo è un microscopico granello se confrontato con l’universo marino”. L’autore ha raccontato anche le amicizie nate con gli archeologi che lo chiamavano a scoperte appena avvenute, come quando sulla costa di Israele un amico archeologo gli disse che forse avevano trovato i resti di un’antichissima nave fenicia. “Quando è stato pulito, il legno era bellissimo, sembrava appena tagliato. Quello che sta in fondo al mare è protetto. Il mare deve ancora darci molto. Questo momento che stiamo vivendo è un momento in cui sembra di aver già scoperto tutto, ma quello che c’è sott’acqua è tutto da scoprire”.

Il libro del documentarista è oggi corredato da un ricco apparato iconografico ma i pionieri della fotografia subacquea come Quilici incontrarono delle difficoltà durante il loro lavoro, come ad esempio la scorta limitata di pellicola. Il libro si chiude con un capitolo che, come sottolineato dal presidente di Italia Nostra, riguarda l’aspetto della tutela della natura. Nel capitolo “la paperella gialla” Quilici racconta, infatti, un episodio vero, quello accaduto ventuno anni fa, quando una nave cinese riempita di giochi per Natale affondò a causa di una tempesta, riversando in mare decine di paperelle gialle di plastica che i venti sparsero nei mari del mondo e che ancora girano, come ha ricordato l’autore.

Quilici ha, infine, salutato i suoi lettori con una considerazione sul libro: “ Questo libro non finivo mai di scriverlo perché le ricerche in mare non finiscono. Mi è piaciuto molto sottolineare la vera avventura che ci dice che nei mari del mondo ci sono tutte queste meraviglie”. Comprensibilmente l’autore ha concluso il suo incontro con i lettori sottolineando l’assurdità che in Italia non vi sia ancora, in un unico museo, tutta questa straordinaria ricchezza.

 

 

 

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