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Sabato, 20 Aprile 2024
Cultura

Strada chiede i danni: 500mila euro

BRINDISI - È stato il secondo “mostro” da sbattere in prima pagina”: il suo nome finì in tv e sui siti web prima ancora che la Polizia accertasse il suo eventuale coinvolgimento nella strage della scuola Morvillo Falcone. Ha rischiato il linciaggio davanti agli uffici della Questura. La sua vita, dallo scorso 21 maggio, è diventata un inferno. La sua compagna, per motivi di sicurezza, gli ha tolto la possibilità di vedere la figlioletta di 3 anni. Ora Claudio Strada, l’incensurato 49enne brindisino che nelle prime fasi delle indagini fu condotto in questura per accertamenti, chiede il conto al ministero di Grazia e Giustizia e reclama 500mila euro.

BRINDISI - È stato il secondo “mostro” da sbattere in prima pagina”: il suo nome finì in tv e sui siti web prima ancora che la Polizia accertasse il suo eventuale coinvolgimento nella strage della scuola Morvillo Falcone. Ha rischiato il linciaggio davanti agli uffici della Questura. La sua vita, dallo scorso 21 maggio, è diventata un inferno. La sua compagna, per motivi di sicurezza, gli ha tolto la possibilità di vedere la figlioletta di 3 anni. Ora Claudio Strada, l’incensurato 49enne brindisino che nelle prime fasi delle indagini fu condotto in questura per accertamenti, chiede il conto al ministero di Grazia e Giustizia e reclama 500mila euro.

Nella mattinata di oggi il suo legale di fiducia, l'avvocato Francesco De Jaco, ha depositato presso il Tribunale civile di Roma l'atto di citazione.

Claudio Strada, titolare della ditta “Sistan” che si occupa di “Servizi di informatica e riparazioni per la casa”, alle prime luci dell'alba del 21 maggio si vide piombare gli investigatori nella sua abitazione al civico 32 di via Paolo Uccello. Gli agenti lo invitarono a seguirlo in Questura. L'elettricista era solo in casa con la figlioletta di tre anni, dovette portare la piccola con lui in caserma, perché in quel momento non c'era nessuno a cui affidarla. Tornò a casa nel tardo pomeriggio e in serata i poliziotti coinvolti nell'indagine perquisirono la sua abitazione sequestrando materiale elettronico.

L'uomo non è mai stato indagato ma solo sospettato. Eppure le telecamere arrivarono davanti alla sua abitazione poco tempo dopo polizia e carabinieri. E qualche giornalista pubblicò il nome dell’uomo su Twitter, dandolo in pasto all’opinione pubblica prima ancora che fosse formulata un’accusa nei suoi confronti.

«Malgrado le indagini fossero coperte dal massimo riserbo e ovviamente il nome del deducente dovesse rimanere ignoto, alle 15,26 del 21 maggio, quindi ben quattro ore prima che l’accertamento avesse un qualche esito che rendesse collegabile la figura del querelante alla vicenda, l’emittente La7 in uno dei suoi servizi, per bocca del conduttore Enrico Mentana, rendeva pubblico il nome del querelante in modo esplicito e diretto tanto che, al momento del trasferimento presso i locali della questura di Brindisi dello stesso, stampa e media erano nei pressi dell’abitazione riprendendo tutto ciò che avveniva. La notizia veniva ripresa da numerose altre testate giornalistiche e televisive e chi esplicitando nome e cognome, chi indicando solo le iniziali “C.S.” e chi descrivendo minuziosamente le caratteristiche del querelante, della sua famiglia e della sua attività, di fatto davano notorietà negativa al querelante alimentando contro di lui, odio, rancore, e sentimenti di vendetta… classico, e oramai quasi incivilmente consueto… “ Sbatti il Mostro in Prima Pagina ”».

Strada fu rilasciato poche ore dopo e da allora non ha mai più messo piede in una caserma o in questura.

La diffusione delle sue generalità, però, mise a rischio la sua incolumità. Non solo: secondo quanto sostiene l’avvocato De Jaco, Strada avrebbe riavuto indietro il materiale sequestrato nella sua abitazione solo nei primi giorni di luglio e fino ad allora non gli sarebbe stato possibile riprendere normalmente a lavorare. Inoltre l'accaduto avrebbe inciso sul suo stato di salute psico-fisica: è tuttora ''costretto a ricorrere a cure mediche specialistiche e al sostegno di uno psicologo'', si legge nell'atto, “e nell’immaginario collettivo si è determinata una sorta di diffidenza e ostilità che lo costringe a casa e gli rende impossibile il prosieguo sereno di ogni attività produttiva”.

Come se non bastasse ''la convivente, madre della piccola che fu costretta a seguirlo in questura, per timore di azioni impreviste e imprevedibili ha chiesto e ottenuto dal Tribunale dei minori di Lecce di potersi trasferire in altra città, portando con se la bimba''. Un vero e proprio inferno che sembra non avere più fine.

Secondo l'avvocato De Jaco non vi sarebbero dubbi sulla “diretta responsabilità del Ministero di Grazia e Giustizia e delle sue diramazioni periferiche circa quanto è avvenuto”. Se c'è stata fuga di notizie qualcosa non ha funzionato come doveva.

E nei prossimi giorni partiranno le querele e le citazioni per danni anche nei confronti di giornalisti e delle testate che hanno dato in pasto il nome di Strada all’opinione pubblica.

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