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La bellezza dei musei ecclesiastici nel Brindisino: incontro fra i direttori

In occasione della Giornata Nazionale Amici dei Musei, confronto fra Katiuscia Di Rocco, Michele Conte e don Gianluca Carriero

BRINDISI - Anche l’associazione Amici dei Musei di Brindisi ha aderito alla Giornata Nazionale Amici dei Musei, tenutasi in tutta Italia domenica 6 ottobre. La XVI edizione della manifestazione culturale che si svolge ogni anno, dal 2004, con il patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, ha avuto per tema: “I musei ecclesiastici: bellezza e spiritualità”.

E su questo tema l’associazione Amici dei Musei di Brindisi ha organizzato, in collaborazione con la Biblioteca Pubblica Arcivescovile “Annibale De Leo” e il museo archeologico “Francesco Ribezzo”, una interessante tavola rotonda nella quale si è parlato dei musei diocesani del nostro territorio. Alla conversazione, che si è svolta nell’auditorium dello stesso museo “Ribezzo”, hanno partecipato la dottoressa Katiuscia Di Rocco, direttrice della Biblioteca Pubblica Arcivescovile “Annibale De Leo” e responsabile del museo diocesano “G. Tarantini” di Brindisi, l’avvocato Michele Conte, responsabile del Museo diocesano di Ostuni, e don Gianluca Carriero, responsabile del Museo di Arte Sacra “Cavaliere-Argentiero” di Mesagne. 

“In una società che tende ad abbandonare la spiritualità e a concepire spesso la cultura come semplice intrattenimento, un museo ecclesiastico può favorire la riflessione, il contatto con la dimensione immateriale”, afferma nel suo intervento introduttivo Franca Mariani, presidente dell’Associazione Amici dei Musei, di Brindisi.

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Il museo diocesano e la biblioteca De Leo di Brindisi

Aprire i musei e tenerli aperti non basta, per la dottoressa Katiuscia Di Rocco.  “Se non si crea un interesse della comunità all’ente, l’ente smette di esistere e non ha ragione di esserci”. Nel suo intervento la dottoressa ha spiegato qual è il fine primo dell’ente ecclesiastico quando apre un museo: “Aprire un museo o tenere aperta una biblioteca è una grande opera di generosità, perché è come rendere partecipi la comunità e le persone dei beni che ci sono all’interno. E qual è la finalità? È quella di far affezionare le persone al bello e nel momento in cui poi un museo viene chiuso, la gente deve sentirne la mancanza e deve avere un istinto di protezione verso quello che c’è all’interno”. 

Secondo la direttrice, per gestire un museo occorrono persone professionalmente formate, che sappiano fare didattica in un museo e sappiano coinvolgere i bambini. La dottoressa si è soffermata quindi sulle finalità della diocesi: tenere aperto il Museo diocesano “Giovanni Tarantini”, la Chiesa di San Paolo e la Chiesa delle Scuole Pie. “Piano piano si sta cercando di fare”, afferma, “ma ci vuole manutenzione”. La Chiesa di Santa Teresa, che ospita il museo diocesano, è stata infatti candidata per il bando Beni Ecclesiastici per i gravi problemi di infiltrazioni al suo interno.  Attualmente è aperta il sabato e le domeniche. 

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“Un Museo, in realtà, non è un luogo che raccoglie e conserva”, prosegue la direttrice. “È un luogo che forma, orienta, sviluppa, fa memoria, serve non solo al territorio, ma serve a un intero territorio, che è estremamente più vasto”. La Di Rocco sottolinea poi l’importanza di una cultura non elitaria: “Dobbiamo arrivare nelle periferie, dobbiamo arrivare a quei ragazzi che in un museo non sono mai entrati, che non sono mai entrati in un teatro, che non sanno nemmeno dove è collocata la biblioteca. E questo lo si può fare con le associazioni”.  “Il mio invito”, conclude, “è di fare una cultura diversa, con un approccio diverso e con un linguaggio diverso”.

Il museo di Ostuni  

Il museo diocesano di Ostuni è stato presentato dal suo responsabile, l’avvocato Michele Conte. Inaugurato nell’agosto del 2017, il museo occupa il piano terra del Palazzo dell’Episcopio di Ostuni ed è stato concepito per ospitare le opere d’arti provenienti dal Tesoro del Capitolo della Concattedrale, dalla Collezione Archeologica Capitolare, dalle locali chiese e dai monasteri benedettino e carmelitano. Nel museo diocesano di Ostuni, dedicato a Monsignor Orazio Semeraro, è possibile vedere un importante Fondo archeologico capitolare, una interessante pinacoteca, paramenti e argenti sacri, il Crocifisso anatomico in cera, del Settecento, la statua “viva” della Madonna del Rosario (definita “viva” perché è una statua con gli arti mobili, per il momento della vestizione), libri ed ex-voto. Nel museo vi è anche un percorso ad altezza di bambino, ossia in ogni stanza, o vicino ad ogni opera, vi sono delle schematizzazioni semplificate e dei giochi per far capire al bambino di cosa si stia parlando. 

Dopo aver parlato della stanza dedicata a Monsignor Semeraro, nella quale sono conservati manoscritti, oggetti personali e foto, il responsabile del museo diocesano si è soffermato sulla convenzione per la gestione del museo, che dal 2018 è gestito dall’Istituzione Museo di Civiltà Preclassica della Murgia Meridionale di Ostuni. Negli ultimi mesi nel museo si sono svolte numerose attività che hanno attratto tantissimi visitatori. Secondo l’avvocato Conte però c’è ancora molto da fare: implementare la presenza di gruppi utilizzando i canali già consolidati del museo archeologico, aumentare la conoscenza del sito attraverso strumenti tradizionali (con visite, eventi, mostre temporanee) e innovativi (con l’aumento della presenza sui social) e, infine, fare rete con le istituzioni simili. 

Il museo di Mesagne

La tavola rotonda è proseguita con l’intervento del responsabile del museo diocesano di Arte Sacra “Cavaliere-Argentiero” (Arca) di Mesagne, don Gianluca Carriero, che ha ricordato come il museo sia nato dal progetto di don Angelo Argentiero, scomparso nel 2014, e di Madre Anna Attanasio, abbadessa delle benedettine di Ostuni. Don Gianluca ha ricordato come in Chiesa Madre, a Mesagne, dopo una lunga fase di restauri alla fine degli anni Novanta, si ritenne opportuno, per far riappropriare la popolazione delle memorie, fare una mostra di documenti storici, di documenti degli ultimi restauri, di suppellettili sacre, paramenti del Seicento e del Settecento. La mostra raccolse il favore e l’apprezzamento di oltre duemila persone in meno di due mesi e fece pensare a don Angelo Argentiero a qualcosa di più stabile che consentisse alla città di accogliere il bene che altri avevano lasciato. Don Angelo Argentiero condivise le sue considerazioni e aspirazioni con Madre Anna Attanasio, che chiese al suo consiglio monastico di acquisire un palazzo secentesco, Palazzo Cavaliere, sito in piazza Orsini, che in quegli anni era in vendita. 

La visita guidata nel museo diocesano Tarantini-2

Il palazzo, ancora oggi di proprietà delle benedettine, è da due anni e mezzo sede del museo di arte sacra “Cavaliere-Argentiero”. “In questi due anni e mezzo di apertura e di disponibilità agli utenti, i più entusiasti e i più attratti sono stati i ragazzi, i giovani”, afferma don Gianluca che, di seguito, parla della tipologia di visitatori del museo di arte sacra. “In questo museo c’è un incrocio di tradizioni e culture: la cultura ostunese, la cultura mesagnese, la cultura di una parrocchia, di una chiesa, di un Capitolo e la cultura di un monastero con la sua spiritualità e sensibilità”. I musei ecclesiastici sono, per don Gianluca, racconto della memoria di un popolo, della propria fede, del proprio vissuto e delle proprie sofferenze, ma anche un invito, un richiamo alla santità. 

Al termine della tavola rotonda il pubblico presente in auditorium, con la guida della dottoressa Di Rocco, ha potuto visitare il museo diocesano “Giovanni Tarantini” ed ammirarne i preziosi tesori custoditi. 

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