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“Fiabe e leggende di Terra d’Otranto”: presentato il libro di Cosimo Rodia

Il volume racchiude 45 “cunti” raccolti dalla tradizione orale e trascritti con una dose di contaminazione da parte dell’autore

BRINDISI - Lo scrittore e studioso del Novecento letterario e di letteratura giovanile, Cosimo Rodia, ha presentato lunedì sera a Brindisi il suo volume “Fiabe e leggende di Terra d’Otranto” (edizioni Progedit, Bari). Il volume, che racchiude quarantacinque “cunti” raccolti dalla tradizione orale e trascritti con una dose di contaminazione da parte dell’autore, è stato presentato nel Bastione San Giacomo di Brindisi nell’ambito di uno degli appuntamenti della manifestazione “Natale nel bastione animato”, In-Chiostri a Natale. 

L’incontro di lunedì sera è stato organizzato dalla sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia, da In-Chiostri-Brindisi, dall’associazione Vola Alto-Brindisi, con l’adesione dell’associazione Le Colonne Collezione Archeologica Faldetta. A dialogare con l’autore, il presidente della sezione brindisina della Società di Storia Patria per la Puglia, Giacomo Carito. Secondo il professor Carito mancava una raccolta organica delle favole e delle fiabe di Terra d’Otranto. “Ci sono raccolte, ma parziali”, sottolinea Carito, che evidenzia le profonde differenziazioni interne della Puglia già dal punto di vista linguistico. Il professore si è quindi soffermato sulle varie tappe di formazione della regione Puglia. 

La copertina del libro di Rodia-2

Cosimo Rodia, redattore della rivista quadrimestrale “Pagine giovani”, specializzata in letteratura giovanile, ha esordito parlando della tradizione della raccolta dell’oralità, ricordando alcuni testi importanti come la raccolta di fiabe pugliesi di Giovanni Battista Bronzini e Giuseppe Cassieri, la raccolta di racconti pugliesi, in tre volumi, di Saverio La Sorsa, e andando a ritroso nel tempo, le canzoni del contado di Maglie della seconda metà dell’Ottocento. Rodia ha inoltre ricordato le raccolte di fiabe pugliesi e di Capitanata di Daniele Giancane, soffermandosi di seguito sulle trascrizioni della narrazione orale dello scrittore Giovanni Francesco Straparola e di Giambattista Basile.
Oltre a “Fiabe e leggende di Terra d’Otranto”, Cosimo Rodia è autore anche di altre pubblicazioni nelle quali recupera i racconti dell’oralità: “Le fiabe dell’Alto Salento”, scritto nel 2008 e “Il mondo che non c’è” del 1998. Più recentemente, nel 2016, Rodia ha pubblicato, per la casa editrice Progedit di Bari, “Non ci posso credere! Racconti e misteri dell’Altrove”, racconti che hanno come fil rouge il misterioso. 

L'intervento di Domenico Urgesi-3

La serata culturale, che è stata allietata dalla lettura di versi della nostra tradizione dialettale, interpretati dal ricercatore Giancarlo Cafiero, è proseguita con alcuni interessanti interventi, come quello del professore Antonio Mario Caputo, autore della raccolta “Viaggio nella Memoria Popolare Brindisina. Elogio della brindisinità” (Hobos Edizioni, 2016). Caputo ha sottolineato che “li cunti” hanno alle spalle una tradizione non da poco, rappresentano il modo di vivere che deve essere tramandato.

“La parola tradizione”, afferma il professore, “non è altro che rimandare ai posteri un genere di vita e un modo di pensare di cui poi le nuove generazioni si dovrebbero, usiamo il condizionale, far carico”. Tra le favole e i racconti della raccolta di Caputo e di Rodia vi sono delle attinenze e delle differenze, perché come evidenzia Caputo parlando della tradizione orale: “la tradizione orale quando viene raccontata cambia di casa in casa, di strada in strada, di piazza in piazza”. “Non si tratta di differenze sostanziali”, evidenzia Caputo, “ma sono delle differenze che riguardano il territorio, il modo di vivere, il modo di parlare, il modo di esprimere”. Caputo conclude evidenziando che: “ci sono delle attinenze, ed è bello vedere questo, perché l’unità culturale salentina evidentemente può godere delle diversificazioni di linguaggio, dei modi di vivere il territorio, però la base fondamentale resta una: noi siamo salentini”. 

L'intervento di Emanuele Amoruso-2

Per il sociologo Emanuele Amoruso, sicuramente la tradizione orale è particolarmente aggredita dalla contemporaneità, “che non significa solo linguaggio, che non significa solo modi di vivere nella quotidianità, ma significa anche modi di pensare, modi di organizzare i paradigmi, i modi in cui ci approcciamo alla realtà”. Amoruso fa quindi riferimento all’antropologo Clifford Geertz, che negli anni Settanta affrontò il tema di quanto apprendiamo nella primissima fase della nostra esistenza. Per Amoruso è evidente che questa tradizione che noi continuiamo a chiamare orale, ma che è fatta anche di gesti semplici, è fatta anche di tanti piccoli rituali della quotidianità. 

Giancarlo Cafiero-5-2

Per l’autore di “Fiabe e leggende di Terra d’Otranto” è importante recuperare questi racconti tratti dall’oralità perché siamo “all’ultima chiamata”. “Siamo all’ultima chiamata perché questa tradizione orale la possiamo recuperare ancora da quelle persone che hanno vissuto la loro infanzia, che hanno acquisito una dimensione culturale attraverso l’oralità, che non fanno parte della società industriale, sono quelli pre-industriali, anagraficamente sono quelli intorno agli ottanta anni”, afferma l’autore, che prosegue rilevando come il recupero di questi racconti ha funzione perché “noi possiamo battere questa dimensione spersonalizzante della società liquida proprio attraverso i nostri orti, i nostri piccoli recinti, andandoli a recuperare, e a difendere questa dimensione particolare, che è fatta naturalmente di dimensione valoriale”.
Per il professor Ettore Catalano, che ha ricordato che la nostra tradizione narrativa è nata con Boccaccio, è importante tenere stretta questa memoria perché altrimenti rischiamo di perdere anche la forza del passato, che non è da riproporre, “perché il passato è una forza se siamo capaci anche di non riproporre, ma ignorarlo è sempre colpevole”. 

L'intervento di Ettore Catalano-2

Domenico Urgesi, presidente della Società Storica di Terra d’Otranto, ha parlato della rappresentazione natalizia Perna e Cola, che come ha ricordato Carito, rientra nella tradizione meridionale della Cantata dei Pastori del palermitano Perrucci. La rappresentazione natalizia, rileva Urgesi, si tiene ogni anno nelle parrocchie di Mesagne. Attualmente sono state raccolte circa 150 versioni della rappresentazione, che ogni anno viene aggiornata, e che per Urgesi sono documenti storici in quanto anno per anno ci danno la rappresentazione della società e di un certo tipo di cultura popolare. 

Il presidente della sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia, Giacomo Carito, in chiusura di serata ha dato appuntamento a venerdì 15 dicembre per il seminario di studi dal titolo “Tra Napoli e le province. La stretta via del riformismo. Il Mezzogiorno d’Italia nell’età di Carlo III”. Il seminario sarà articolato in una sessione antimeridiana che si terrà al Liceo “Ettore Palumbo” dalle ore 10.00 e in una sessione pomeridiana che si terrà  a Palazzo Nervegna dalle ore 17.00. 

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