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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Mennitti, per due volte l'uomo della svolta sino all'ultima incompiuta

Domenico Mennitti compare in due occasioni come uomo della svolta: nel 1975 quando la destra locale viene messa ko dal sequestro del gioielliere leccese Ginetto Mariano, la seconda nel 2004 quando diventa sindaco sulle rovine della tangentopoli brindisina

Domenico Mennitti compare sulla scena politica della città in due occasioni come uomo della svolta: nel 1975 quando la destra locale viene messa ko dalla oscura vicenda del sequestro del gioielliere leccese Ginetto Mariano, la seconda nel 2004 quando diventa sindaco sulle macerie della tangentopoli brindisina dell’anno precedente. Lui, che per anni si era portato sulle spalle la qualifica di delfino di Clemente Manco, riuscì in tutte e due le circostanze a impedire che la tempesta travolgesse tutto. Tempo fa si  sarebbe detto di Mimmo Mennitti che impersonava perfettamente la destra con il doppiopetto. Ma sarebbe stata una definizione troppo sbrigativa.

Uomo di destra lo era eccome, ma gli va riconosciuta una evoluzione politica e culturale che gli ha guadagnato l’attenzione e l’appoggio del ceto medio della città, ed una autonomia caratteriale e di giudizio che hanno reso possibile il patto tra lui e il “salesiano” ambientalista Michele Errico nel braccio di ferro con le società energetiche e soprattutto con il governo e British Gas sulla vicenda del rigassificatore di Capo Bianco. Una autonomia di giudizio che a volte gli faceva saltare a piè pari i convenevoli diplomatici nei rapporti con la stampa, i sindacati, e le varie categorie di questuanti che si aggirano attorno alla pubblica amministrazione. Non di rado, questa irruenza gli ha fatto pronunciare giudizi errati producendo inimicizie vere e incomprensioni.

Dall’uomo che alla fine degli anni Cinquanta cavalcava la tigre della protesta sui binari della stazione ferroviaria dei tifosi del Brindisi Calcio penalizzato dalla giustizia sportiva, all’uomo del tentativo di dare alla discesa in campo di Silvio Berlusconi un manifesto politico e culturale con la rivista Ideazione ( ma c’era un abisso con il progetto vero dell’uomo di Arcore, mentre vi erano più affinità con Gianni Letta), la strada è stata molto lunga, segnata anche dalla separazione da Brindisi negli anni del mandato parlamentare e della direzione del quotidiano napoletano Roma.

Mennitti si era formato politicamente negli anni in cui la destra dell’avvocato Clemente Manco, persona di grande rilievo nazionale del Movimento sociale italiano, era tanto forte a Brindisi da costringere a patti la Democrazia Cristiana, come avvenne nel caso della giunta del sindaco Manlio Poto. Accordo che influenzò l’amministrazione locale per qualche tempo. Chi era studente all’inizio degli anni Settanta ricorda Mennitti con Manco alla testa dei gruppi del Msi che affrontavano i ragazzi delle scuole occupate, ma fu un intermezzo poi stemperatosi nella direzione della Gazzetta di Brindisi, il periodico che si occupava di problemi e della politica cittadina.

Infatti toccò a lui ricostruire la credibilità del Movimento sociale italiano a Brindisi dopo la storia del sequestro Mariano. Un rapimento a scopo di riscatto organizzato da settori del Msi brindisino assieme ad elementi neofascisti dell’area di Ordine Nuovo di Pier Luigi Concutelli. Il denaro doveva finanziare l’organizzazione di estrema destra. Il caso fu risolto rapidamente dagli investigatori (Ginetto Mariano era stato trattenuto in una “prigione” a Rosa Marina), in carcere finì anche il segretario provinciale del Msi, Luigi Martinesi, poi condannato in via definitiva.

Una bufera che cambiò il volto della destra brindisina. Mennitti diventò il nuovo segretario della federazione locale, e quello fu un punto di svolta della sua storia politica. Poi l’ultima fase, dopo quella romana e parlamentare. A Brindisi nell’ottobre del 2003 la Guardia di Finanza e la procura arrestano il sindaco Giovanni Antonino ed altre persone tra politici e imprenditori. In quel momento Antonino, eletto dal centrodestra, era alla testa di un’amministrazione che aveva cambiato maggioranza di sostegno, passando nell’area di centrosinistra e portandosi dietro personaggi che in parte siedono ancora in consiglio comunale, dopo aver cambiato più volte tessera o lista.

Quasi tutti costoro tornarono al centrodestra nelle comunali del 2004 vinte da Mennitti, mandato a Brindisi per riconsegnare a Forza Italia e An la guida della città e a fare i conti con un materiale umano eterogeneo, scalpitante, desideroso di posti al sole, estremamente individualista. Da sindaco, Domenico Mennitti ha usato più volte bastone e carota per avere sempre la maggioranza necessaria a portare a compimento anche i progetti avviati nella precedente amministrazione, come quelli del waterfront, del nuovo arredo urbano e dei parchi cittadini, gettando le basi anche per lo studio del Piano urbanistico generale e riuscendo a far votare il piano preliminare di attuazione prima della fine prematura del secondo mandato, dovuta alle sue condizioni di salute e, a quel punto, anche all’impossibilità di tenere a freno il magma della sua maggioranza.

E c’è il pezzo di strada fatto assieme a Michele Errico, presidente dell’amministrazione provinciale, per dare a Brindisi un polo universitario e la Fondazione Nuovo Teatro Verdi. Centrodestra e centrosinistra insieme su progetti di cambiamento della città che poi sono stati messi in discussione da altri (il polo universitario, gli assetti del polo energetico e la svolta urbanistica, oggi nella palude). Che i due, caratterialmente molto diversi ed entrambi a volte imprevedibili, si vedessero spesso per confrontarsi e concordare posizioni, non è un mistero. L’opposizione vincente al progetto del rigassificatore nel porto di Brindisi è nata così. Non ci volevano voli pindarici e provvedimenti straordinari, secondo Domenico Mennitti, per governare i problemi ambientali e dello sviluppo industriale: “Basta applicare la legge”.

E lo ha fatto, anche ricorrendo alla giustizia amministrativa assieme alla Provincia ed alla Regione Puglia, o firmando ordinanze, e annunciando – lui che sapeva sin dal 2002 British Gas aveva un accordo con il governo Berlusconi – che se qualcuno avesse scavalcato le prerogative e le competenze del Comune di Brindisi, si sarebbe tolto la fascia tricolore e sarebbe andato in piazza a protestare. Lo avrebbe fatto davvero? Credo di sì.

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