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E nell'ultimo capitolo, i professionisti del consiglio comunale

Sta per arrivare in libreria e in edicola "Brindisi nel bene e nel male, punti di vista di un militante della sinistra", un diario degli ultimi quattro anni della vita politica, sociale ed economica della città, scritto dal presidente di Left Brindisi

BRINDISI - Sta per arrivare in libreria e in edicola "Brindisi nel bene e nel male, punti di vista di un militante della sinistra", un diario degli ultimi quattro anni della vita politica, sociale ed economica della città, scritto dal presidente di Left Brindisi, Carmine Dipietrangelo, per Hobos ed Edizioni Futura. L'autore ha deciso di divulgarne l'ultimo capitolo intitolato "Fine corsa? O un altro giro, altra corsa?', perchè è una valutazione istantanea sulla campagna elettorale in corso. Ve lo proponiamo integralmente.

La città è pronta (si fa per dire) a questa  ennesima campagna elettorale amministrativa anticipata? Il ceto politico brindisino e' in grande fermento e in mobilità permanente,mentre l'opinione pubblica si sente sempre più frastornata e sbigottita di fronte alla baraonda dei candidati e dei loro spregiudicati posizionamenti.

La vecchia rappresentanza della politica e' ormai implosa e sembra mossa solo da rancori e rivalse. Purtroppo anche la nuova rappresentanza pentastellata non è immune da questo processo di sfaldamento e di sfarinamento. Anche i grillini sono brindisini.

Il presidente di Left, Carmine DipietrangeloDella città e delle sue sofferenze ne parlano,con consapevolezza e competenza, in pochi. Distinzioni, visioni diverse, proposte innovative che possono fare la differenza sono diventate merce rara.

La considerazione più diffusa e ascoltata e' ..."non si capisce niente".

Sinistra, destra, centro, moderati appaiono parole vuote o in alcuni casi contenitori rappresentati dai cosiddetti portatori di voti anche  se impresentabili o indesiderati.

I responsabili dei recenti danni politici e amministrativi si sono autoassolti e addirittura si sentono ancora  protagonisti diretti e indiretti di questa campagna elettorale. Parlano del futuro della città con una disinvoltura o  più prosaicamente  con una "faccia di...."

Gli stessi candidati sindaci, se si esclude qualcuno, rischiano di apparire più espressione di marpioni politici del vecchio e recente passato che della necessaria rottura con esso e con essi. La novità non può essere solo la loro faccia.

Si è rimossa  la causa dell'interruzione anticipata di una consigliatura nata male e finita peggio. Consales non era solo quando amministrava la città. I suoi sostenitori, disseminati in tutte le liste e in quasi tutti gli schieramenti, sono gli stessi che oggi ritornano a chiedere i voti.

Un po' di storia e di ricostruzione della vita amministrativa della città forse servirebbe e aiuterebbe a non perseverare negli errori e nei guasti.

Se non ricordo male, in questi ultimi 22 anni, ne abbiamo avute cinque di elezioni anticipate.

In questo periodo i mandati completati ininterrottamente per cinque anni sono stati solo due, uno di Antonino dal 1997 al 2002 (grazie al cosiddetto ribaltone), l'altro di Mennitti dal 2004 al 2009.

In 12 anni si sono consumate ben cinque interruzioni anticipate.

Iniziò Michele Errico che, primo sindaco eletto direttamente dai cittadini, interruppe autonomamente (non si è mai capito il vero motivo) dopo solo 11 mesi l'amministrazione di centrosinistra.

Dopo di lui fu eletto a capo di una amministrazione di centrodestra l'avvocato Maggi, la cui esperienza fu interrotta dopo solo due anni; poi, dopo un anno e mezzo, per le note vicende giudiziarie, ci fu l'interruzione di quella del secondo mandato di Antonino.

Il secondo mandato di Mennitti durò poco meno di due anni ed infine, l'interruzione traumatica della giunta Consales per le altrettanto note vicende giudiziarie.

La città di Brindisi - da quando si vota direttamente il sindaco - non ha potuto usufruire di quella stabilità amministrativa per la quale fu fatta la nuova legge elettorale comunale che prevedeva anche che i sindaci potessero essere eletti per non oltre due mandati (10 anni).

La città è stata privata di questa opportunità, ed è come se non fosse cambiato niente rispetto a quando i sindaci venivano eletti e sostituti più volte dai consigli comunali.

In quasi tutte le città l'elezione diretta dei sindaci ha prodotto effetti positivi e di stabilità consentendo agli stessi  di programmare e realizzare interventi, di coniugare programmi e visioni con opere e scelte, oltreché di formare  e rinnovare nuove classi dirigenti. a Brindisi questo non è stato possibile.

I brindisini non hanno mai, con la dovuta serenità, potuto giudicare i propri sindaci per uno o due mandati interi.

Provo ad elencare alcuni motivi che mi sembrano siano la causa di questa instabilità o incapacità della città di autogovernarsi e di dotarsi di nuove classi dirigenti.

La città è stata abituata a farsi dirigere e comandare da altri e dall'alto.

Tranne alcuni episodi - come la lotta contro il rigassificatore - per molti anni ha preferito delegare il proprio presente e il proprio futuro.

Lo sviluppo industriale è stato imposto e disinvoltamente accettato. Attorno ad esso si sono sviluppati intermediazioni politiche, imprenditoriali, sindacali, istituzionali che ne hanno minato l'autonomia, l'affidabilità, l'incisività propositiva e progettuale.

Tutto questo ha creato classi dirigenti mediocri e pronte ad essere utilizzate e più che dirigere hanno sempre preferito farsi dirigere.

Il loro prezzo o il loro ruolo è stato solo quello di sentirsi coinvolte, di essere prese in considerazione e di usufruire di qualche favore residuale.

Tutto ciò ha legittimato e fatto crescere, in maniera esponenziale, la litigiosità, la diffidenza reciproca, la dietrologia, la furbizia.

In questo clima la politica brindisina è diventata sempre più una marmellata, tanto più litigiosa quanto più consociativa.

Da tempo le differenze tra visioni, programmi, progetti, idee, non appartengono alla politica brindisina; esistono solo soggetti indistinti - alcuni sempre gli stessi da decenni a questa parte - che, secondo le convenienze, passano da una lista ad un altra, da una coalizione di centrosinistra ad una di centrodestra. E non perché non c'è più differenza tra destra e sinistra, ma perché è più comodo e più conveniente, in quel dato momento, mettere se stessi ed i propri voti a disposizione del presumibile vincitore di turno.

Leggo così la facilità della transumanza di candidati e di consiglieri in servizio permanente effettivo che si presentano ad ogni elezione comunale. 

In questi 22 anni pochi sono quelli che si sono fatti da parte.

Ci sono poi i professionisti del consiglio comunale che in quanto proprietari di voti fanno, da sempre, il bello e il cattivo tempo dell'istituzione  cittadina.

Ad esclusione di Michele Errico, tutti i sindaci - Antonino e Mennitti inclusi - sono stati vittime di questi professionisti del voto e del consiglio comunale.

Il patto sociale e civile per Brindisi dovrebbe avere questa premessa: non sono candidabili non solo quelli che hanno avuto responsabilità dirette nella precedente amministrazione ma anche chi nella propria esperienza politica ha già fatto il consigliere comunale per due mandati. È chiedere troppo?

C'è una generazione che va messa alla prova sperando che sia migliore di quella precedente. I nuovi candidati sindaci dovrebbero pretenderlo e si dovrebbero impegnare a ricreare le condizioni di una serenità cittadina e di una nuova civiltà politica.

La politica riguarda la vita e la vita è il ciclo delle generazioni che si succedono.

Brindisi ha bisogno di generazioni che si passano la mano che devono riabituarsi a vivere intorno al "noi" e non ad un "io". E di ego,carichi di rancori e di aspettative mal poste, ce ne sono ancora troppi in giro e da tutte le parti.

La città è, innanzitutto, di chi ci vive, la abita, la usa. Non è dei consiglieri in servizio permanente effettivo. I "noi" dovrebbero comprendere che far rinascere Brindisi,bonificarla, e' opera difficile e impegnativa. Nei programmi e nelle dichiarazioni troveremo certamente queste buone intenzioni,ma la storia amministrativa brindisina ci ricorda che di buone intenzioni e' lastricata la via dell'inferno.

La città, ho detto più volte, dovrebbe essere il luogo per eccellenza del "noi", e quindi della partecipazione.

Nella città convivono le sofferenze umane, le emarginazioni sociali con i luoghi dell'intelligenza, del successo, del voler fare e del saper fare.

La città non deve essere solo il luogo più evidente delle diseguaglianze vecchie e nuove, ma deve anche essere il luogo delle potenzialità e delle opportunità.

La città di Brindisi deve diventare il luogo in cui è possibile ripensare modelli di sviluppo, stili di vita e, sulla base di questo, ritornare ad essere attrattiva, sapendo mettere a valore tutte le sue potenzialità produttive, paesaggistiche e infrastrutturali.

È la sfida di queste elezioni. È il patto che dovrebbero fare tutti i candidati.

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