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Carbonella, il Pd in un vicolo cieco

(Strettamente personale). In tanti, amici e miei lettori abituali, mi hanno chiesto perché non ho scritto più niente su come i partiti, soprattutto a sinistra (ma si può ancora a Brindisi pronunciare questa parola?), stanno affrontando il problema delle candidature in vista delle amministrative della prossima primavera. Chi mi conosce sa quanto sia indifferente ad ogni tipo di potere (grazie a chi me l’ha proposto, ma non sono candidato a niente), e come la difesa strenua della mia autonomia spesso mette in imbarazzo gli stessi miei amici più cari, oltre, in qualche circostanza, a creare disagio alla mia famiglia. Il problema è che Brindisi è una piccola città, dove ci si conosce tutti, e io da qualche tempo ho scelto il piacere della passeggiata serale a Corso Garibaldi, il caffè la mattina all’Ausonia e, a metà mattinata, al Bar del Teatro e mi mette a disagio qualche sguardo torvo, commenti malevoli e sottovoce, accuse di collusione e anche peggio quando non si può replicare (a proposito, le querele prima si fanno e poi si annunciano).

(Strettamente personale). In tanti, amici e miei lettori abituali, mi hanno chiesto  perché non ho scritto più niente su come i partiti, soprattutto a sinistra (ma si può ancora a Brindisi pronunciare questa parola?), stanno affrontando il problema delle candidature in vista delle amministrative della prossima primavera. Chi mi conosce sa quanto sia indifferente ad ogni tipo di potere (grazie a chi me l’ha proposto, ma non sono candidato a niente), e come la difesa strenua della mia autonomia  spesso mette in imbarazzo gli stessi miei amici più cari, oltre, in qualche circostanza, a creare disagio alla mia famiglia. Il problema è che Brindisi è una piccola città, dove ci si conosce tutti, e io da qualche tempo ho scelto il piacere della passeggiata serale a Corso Garibaldi, il caffè la mattina all’Ausonia e, a metà mattinata, al Bar del Teatro e mi mette a disagio qualche sguardo torvo,  commenti malevoli e sottovoce, accuse di collusione e anche peggio quando non si può replicare (a proposito, le querele prima si fanno e poi si annunciano).

Confesso quindi che, almeno per quanto riguarda la mia città, ho scelto l’ideologia del cazzeggio a tutto campo (di basket ovviamente). Anche perché di altro in questa città è difficile parlare seriamente: è da trent’anni che Brindisi è schiava dell’industria energetica, delle centrali, del carbone, dell’Enel, dell’Edipower, del porto desertificato. Basta, non se ne può più, se questo è il contesto, fallimentare come è sotto gli occhi di tutti, su cui la città è vissuta in questi decenni, è ora che si cambi registro. (Fine dello strettamente personale).

Questo sostenevo nell’ultimo mio intervento sulla certezza annunciata con titoli cubitali da qualche foglio locale che “i due Giovanni” (Brigante e Carbonella) si sarebbero confrontati nelle primarie per candidarsi a sindaco della coalizione di centrosinistra/laboratorio nelle prossime elezioni amministrative. Dico subito che sono amico di entrambi i Giovanni e che, anche per affinità ideologica, se avessi deciso di andare a votare avrei votato per Brigante, che in questi ultimi anni è stato capace di organizzare un ampio movimento di opinione e di essere il personaggio impegnato in politica e nelle istituzioni più visibile sul territorio. Sostenevo anche che si trattava di protagonismi datati, che la città, per come è ridotta, ha bisogno di energie giovani e che la politica, se vuole recuperare credibilità, non può essere rappresentata sempre dalle solite facce, soprattutto se erano le stesse che operavano in quel modello di città che la storia ha poi decretato fallimentari.

Non si può essere dirigenti politici a vita, così come anche i consiglieri comunali, provinciali o regionali dopo due o tre legislature devono lasciare lo spazio ai giovani. Non esistono uomini per tutte le stagioni, e la stagione che la nostra città sta vivendo è profondamente diversa da quelle del passato. I primi a convincersene devono essere i partiti, la classe politica, le forze sociali. A conferma di ciò, per quello che può servire, andate a verificare i risultati del nostro sondaggio. Apriti cielo, maremoti di mugugni e sguardi storti (Brigante non mi chiama più, Carbonella ha smesso di mandarmi sms) ma alla fine qualcosa forse sta accadendo. Prima sono state cancellate le primarie. Al Pd hanno capito che Brigante le avrebbe stravinte, ma che poi non sarebbero servite a niente perché la coalizione, quella del centrosinistra/laboratorio, aveva deciso che le primarie non sarebbero state fatte per indicare il candidato sindaco che doveva essere scelto su designazione condivisa. Così la patata bollente tornava nelle mani del Pd cittadino che definire una Torre di Babele, è fare torto alla celebre torre babilonese.

Per uscirne si sono organizzate bizzarre consultazioni “riservate” tra i dirigenti, chiamati uno per uno dai segretari cittadino e provinciale. Il risultato (quello ufficiale) è che il 60% del gruppo dirigente del Pd ha indicato come candidato da proporre alla coalizione Giovanni Carbonella. Una soluzione che non risolve niente perché gli altri partiti della coalizione hanno mandato a dire che vogliono una rosa di nomi e non una unica indicazione. In pratica, come già si sapeva, una sostanziale bocciatura. Carbonella, che fesso non è, lo aveva già capito giovedì sera, al momento della proclamazione dei risultati della consultazione, e si era riservato di accettare. Ed ora il Pd è più incasinato di prima. Avendo scelto di stare al Comune nella stessa maggioranza che regge la Provincia, delle due l’una: o sceglie la coalizione oppure Carbonella. Che bravi, hanno infilato Carbonella e il partito in un vicolo cieco. Era proprio necessario?

Surreale la reazione dell’amareggiato Carbonella. Se la prende persino con i giornali (noi) e con ambienti esterni al suo partito (e perché mai questi ambienti avrebbero dovuto scegliere lui come candidato?), mentre qualche suo supporter arrabbiato sta battendo la città proponendo la candidatura persino a qualche giovane imprenditore che, a quanto se ne sa, pensa che la politica sia un ultimo modello di automobile, per non dire altro. E’ sotto gli occhi di tutti che il Pd a Brindisi è in preda ad una follia rancorosa. Quella ereditata dal vecchio Pci, poi Pds e Ds, e quella provocata dall’innesto con Margherita e Popolari. Un amalgama, a Brindisi come in ogni parte d’Italia, mai riuscita che rischia di diventare una cancrena distruttrice. La vecchia Democrazia Cristiana, o il Psi erano sì lacerati dalle correnti, ma nei momenti cruciali erano capaci di fare sintesi e squadra e di vincere. Perché questo non è possibile nel Pd? E perché la sinistra a Brindisi non riesce a fare cartello pur di fronte ad un centrodestra che è alle pezze? Chi è che lavora per una riedizione della sconfitta del 2009?

In mezzo a tutto questo c’è un incolpevole Carmelo Grassi, che degli ambienti della politica è estraneo anche se per il suo lavoro li conosce bene. All’imprenditore teatrale l’estate scorsa, da un paio di amici che con la politica non c’entrano niente (ma che pensano e votano a sinistra), fu chiesto, nel caso gli fosse pervenuta una proposta, se fosse stato disponibile a candidarsi alla successione di Mennitti. Grassi ci pensò e dopo qualche settimana, disse che si poteva fare. Ma solo se glielo avessero chiesto. Non ci furono nè cene o cenette (?), né a lume di candela, né ristrette! Si pensò ad una discontinuità con la politica “politicata” senza voler interrompere il solco di “città della cultura” tracciato con successo da Mennitti in questi anni (a parte il metodo e i contenuti). Sul nome di Grassi, che in questi anni ha lavorato bene non solo a Bari ma anche a livello nazionale nel settore dello spettacolo, ci risulta si sia espresso positivamente un ampio schieramento di esponenti della politica (tutta, a partire da sinistra) e del mondo della cultura e dello spettacolo, oltre che della cosidetta società civile (quella che poi vota).

Questo lo stato dell’opera. Può la dirigenza del Pd che ancora non è riuscita a scaricare la patata bollente dei nomi, permettersi di perdere l’occasione di una operazione così importante sul fronte del rinnovamento e della discontinuità per assecondare i soliti istinti di vendetta e di rancore che avvelenano la vita interna di questo partito e i cui effetti si riversano poi maleficamente sulla città? Possibile che non ci sia nessuno capace di metterli d’accordo o di cacciarli tutti?

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